L'intelligenza artificiale salverà il giornalismo americano (o lo distruggerà provandoci)
Come stanno cambiando le notizie con l'uso dell'AI? Tutto quello che devi fare è chiedere
Abbiamo chiesto all'intelligenza artificiale del Washington Post se il giornalismo fosse in pericolo a causa dell'uso dell’AI nel processo di produzione delle notizie. Sotto, la sua risposta. Con un avviso: “Questo è un esperimento, l’AI può sbagliare”.
Ask The Post AI è uno strumento che fornisce risposte generate dall’intelligenza artificiale sulla base degli articoli pubblicati dal Washington Post. L’esperimento è partito a novembre 2024 e pesca le sue risposte dall’archivio del quotidiano dal 2016 in poi. Tutto quello che devi fare è chiedere. Ma, si legge, “verificalo consultando gli articoli forniti”. Perché, se non si maneggia con cautela, l’uso dell’AI nel news making può sovralimentare la creazione di contenuti falsi, non verificati e propagandistici.
Il rischio, però, non ferma la curiosità. L’AI, anziché essere un concetto nebuloso e temibile del futuro, ha già iniziato a trasformare il giornalismo. Un rapporto del 2023 di JournalismAI, un’iniziativa di ricerca della London School of Economics, ha rilevato che l’85 per cento delle organizzazioni giornalistiche ha integrato l'intelligenza artificiale nei processi quotidiani di news making.
Non solo il Washington Post, infatti, ma anche il New York Times, tra gli altri, ha adottato l’AI per supportare le attività di redazione. Supportare, non sostituire. Echo, lo strumento introdotto a febbraio 2025 dal NYT, utilizza l’intelligenza artificiale per riassumere articoli, suggerire titoli, generare testi per i social media e ottimizzare le notizie in chiave SEO. Echo non può scrivere articoli completi. Non può gestire fonti riservate o informazioni sensibili e non può creare immagini senza generare un’etichetta che avverta i lettori che quell’immagine che accompagna il testo è stata prodotta dall’AI.
In un articolo di ottobre 2024, il NYT aveva già specificato che non avrebbe usato l’intelligenza artificiale per scrivere articoli e che “i giornalisti sono in ultima analisi responsabili di tutto ciò che che pubblichiamo”. Semplicemente, i redattori utilizzano i modelli di apprendimento automatico per sveltire il lavoro – come analizzare grosse quantità di dati per le inchieste investigative – oppure per rendere il Times più accessibile a un numero maggiore di persone – come con i sistemi di tecnologia vocale automatizzata che rendono gli articoli ascoltabili, oltre che leggibili, o tramite i modelli di traduzione automatica che consentono la fruibilità della notizia in una lingua diversa dall’inglese. Tutto questo, assicura il quotidiano americano, non viene pubblicato senza un’accurata revisione da parte dei redattori.
Questo punto di vista, quello dell’alleanza tra giornalisti e intelligenza artificiale, è abbracciato anche da altri grandi quotidiani americani. Il Wall Street Journal, per esempio, pur partendo da una domanda provocatoria – non dovrebbero, le storie, essere guadagnate dai redattori, anziché generate? – ad ogni modo riflette sulle opportunità offerte dalla nuova tecnologia concludendo che “l'intelligenza artificiale e il giornalismo hanno bisogno l’una dell’altro”, e che, anzi, l’AI ha molto più bisogno dei professionisti dell'informazione di quanto questi abbiano bisogno di lei: “Senza le informazioni che le organizzazioni giornalistiche raccolgono, l’intelligenza artificiale è spazzatura che entra ed esce”.
Un punto di vista interessante è anche quello contenuto in un articolo del New Yorker. L’intelligenza artificiale salverà le notizie? È da vedere. Ma intanto può rallentare il deterioramento della nostra salute mentale. Essere circondati dalle notizie in ogni momento, si legge nel periodico, anche contro la nostra volontà, “ci rende arrabbiati, disperati, in preda al panico e irritabili. L'intelligenza artificiale riassume le notizie in modo che se ne possano leggere di meno”, rendendoci così meno ansiosi. D’altra parte, la diffusione della sintesi ad ogni costo “potrebbe rendere gli scrittori umani – con le loro personalità, esperienze, contesti e intuizioni – più preziosi”. Così le opportunità messe a disposizione dall’AI, anziché trasformare il processo di scrittura in qualcosa di pigro e intellettualmente degenerante, possono renderlo al contrario “più efficiente, divertente e intellettualmente stimolante. (…) Mi sembra”, conclude il New Yorker, “che l'intelligenza artificiale possa migliorare le notizie – se non le distruggerà nel frattempo”.
Perché “questo è un esperimento. L’AI può sbagliare”. E può farlo in modi che i giornali americani non ignorano. Non mancano segni di scetticismo. Che succede se un giornale lascia che l’intelligenza artificiale prenda il controllo? Plagio e fake news che gli umani dovranno perdere tempo a correggere. E se invece l’AI ci rubasse il lavoro? Anche a quei cronisti che dovrebbe aiutare? Per non parlare di tutte quelle preoccupazioni che non hanno a che fare solo con il mondo delle notizie: stereotipi di genere rinforzati e l’impatto sull'ambiente.
L’AI sta di fatto inaugurando una categoria completamente nuova di giornalismo e di modi per raccontare la realtà che la stampa americana vuole testare fin da subito. Considerato anche quanto il presidente Donald Trump si sta impegnando a fare degli Stati Uniti la capitale mondiale dell'intelligenza artificiale.