L'influenza culturale di Matrix
Il film delle sorelle Wachowski ha aperto la via dell’era dei social media e della digitalizzazione del terzo millennio
Il 31 marzo 1999 Maslin del The New York Times scelse questo titolo per recensire un film rilasciato lo stesso giorno nei cinema statunitensi: «La realtà è tutta virtuale e decisamente complicata». Il film in questione si chiama The Matrix e ha da pochi giorni festeggiato i suoi venticinque anni. Le due sorelle Wachowski, registe della pellicola, avevano immaginato e messo sul grande schermo un concetto di mondo distopico regolato non dalla volontà e dalle azioni umane bensì da una “matrice” alla base di tutto. «Cos’è la matrice? Controllo… La matrice è un mondo ideale generato dal computer e costruito per tenerci sotto controllo» spiega Morpheus, figura cruciale della storia, quando interpellato da Neo, protagonista interpretato da Keanu Reeves. Dopo un quarto di secolo e quattro capitoli della saga The Matrix (con il quinto che uscirà presto), la realtà fantascientifica di Neo, Morpheus e Trinity ha avuto più di qualche punto di contatto con il nostro mondo reale, soprattutto nel Paese in cui il film è stato realizzato.
Le registe Wachowski fanno uscire la loro opera in un momento di grandi incertezze. L’anno successivo avrebbe dato inizio al nuovo millennio, tra le teorie complottiste di chi credeva che il 2000 avrebbe sancito la fine di tutto, mentre Internet stava acquisendo sempre più spazio all’interno delle nostre vite. The Matrix ha assunto un ruolo credibile nella rappresentazione del futuro. Il concetto di “matrice” come quello di un sistema che non può essere scalfito ha infatti ricoperto molta importanza nella nascita dei nuovi strumenti tecnologici. Nel 2004 uno studente comprendeva l’importanza di queste tematiche solo apparentemente futuristiche e creava il primo social media che avrebbe cambiato davvero il panorama digitale. Quel ventenne che frequentava Harvard si chiamava Mark Zuckerberg e la sua creazione era Facebook. Da allora le persone passano il tempo libero sui loro dispositivi a interagire con individui distanti migliaia di chilometri, guardando ogni giorno ore di contenuti con l’obiettivo di essere sempre aggiornate su quello che succede nella propria rete. «Devi capire che la maggior parte di queste persone non è pronta a essere scollegata (dalla matrice)» spiega Morpheus a Neo e forse un po’ a tutti noi, «molte di loro sono così assuefatte e così disperatamente dipendenti dal sistema che lotteranno per proteggerlo».
È quasi impensabile immaginare oggigiorno una vita senza i social media. Nati con lo scopo di eliminare le distanze e mettere in contatto le persone, questi strumenti hanno di fatto replicato la matrice sociale ed economica statunitense: un algoritmo alla base dei social media decide quali contenuti avranno più o meno visibilità, spingendo gli utenti a crearne sempre di più se vogliono ambire a posizioni di rilievo. Allo stesso modo il sistema capitalistico americano spinge tutti i suoi cittadini a lavorare sempre di più alla ricerca di una crescita professionale senza fine. Molti individui hanno ormai fatto del “social brand” il loro lavoro e, come direbbe Morpheus, lotteranno con tutte le loro forze per continuare ad alimentare questa matrice. La ricerca della libertà da una realtà strutturata nel mondo reale non ha quindi fatto altro che creare una realtà ancora più strutturata nel mondo digitale e con un raggio di azione senza confini.
Il timore di essere parte di uno schema già scritto ha anche originato una serie di movimenti cospirazionisti molto discussi, nati proprio grazie alla risonanza offerta dai social media. QAnon, uno dei più noti movimenti vicini all’estrema destra statunitense, è nato soltanto pochi anni fa ma ha contribuito prepotentemente all’attacco dell’U.S. Capitol Hill di Washington D.C. del 6 gennaio 2021. Durante la pandemia i movimenti no-vax hanno visto in Donald J. Trump la risposta alle loro teorie complottiste: se l’ex Presidente degli Stati Uniti è il primo a porsi delle domande sull’efficacia del vaccino e sull’intera questione pandemica, allora è plausibile che ci sia una manovra internazionale nascosta che fa l’interesse di pochi a discapito dell’intera popolazione.
«Fino a quando esisterà la matrice, il genere umano non sarà mai libero» continua Morpheus nel primo capitolo della saga. Circa metà della popolazione statunitense utilizza TikTok e un terzo dei suoi giovani tra i diciotto e i ventinove anni ha affermato di informarsi quotidianamente su questa piattaforma. La matrice dei social media ha finito per abbracciare mondi che prima non toccava e per i quali non era stata programmata. Ogni giorno le copie di giornali vendute nel mondo diminuiscono mentre aumentano le pagine di informazione su Instagram e TikTok. A distanza di venticinque anni dall’uscita di The Matrix la cultura americana e quella mondiale si sono calate alla perfezione nel modello di realtà partorito dalle sorelle Wachowski e soltanto il tempo potrà dire quali saranno i prossimi sviluppi. Fino a quel momento è importante ricordare un ultimo monito di Morpheus: «La matrice è ovunque, è tutta intorno a noi».