L’immigrazione nel secondo mandato del Presidente eletto Donald Trump
A distanza di otto anni dal primo mandato, il contrasto all’immigrazione resta ancora uno dei punti fermi della campagna e dell’intera agenda politica di Trump

Il 20 gennaio 2025, come previsto dal ventesimo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione per il secondo mandato del presidente Donald Trump, che presterà poi giuramento assieme al vicepresidente J.D. Vance. L’agenda di Donald Trump sarà fitta di impegni istituzionali, in mezzo ai quali troverà il modo di cominciare da subito a occuparsi delle sue politiche preferite, ossia quelle relative all’immigrazione. Per quanto le sue idee in merito siano sempre state considerate molto severe, il numero di persone immigrate illegalmente negli Stati Uniti ha registrato dati record durante il governo del presidente Joe Biden, mostrando tutti i limiti del contrasto all’immigrazione irregolare. Biden, che nella serata di mercoledì 15 gennaio ha rivolto il suo ultimo saluto ai cittadini statunitensi in un videomessaggio, ha però concluso la sua esperienza da Presidente con dei numeri relativi alle persone immigrate irregolarmente dal Messico in linea con il 2019 e il 2020, gli ultimi due anni del primo mandato di Trump. Cosa farà di diverso il nuovo Presidente, una volta insediatosi alla Casa Bianca, per contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare?
Durante il primo mandato da Presidente, Donald Trump si era occupato soprattutto di provare a fermare le masse di persone immigrate irregolarmente con la costruzione di un muro al confine tra Stati Uniti e Messico. Trump deportò anche più di 1,5 milioni di persone immigrate irregolarmente negli Stati Uniti: un numero elevato che però rappresenta circa la metà degli immigrati irregolari deportati durante il primo governo di Barack Obama. Tra il 2008 e il 2012, infatti, il governo di Obama deportò 2,9 milioni di persone e 1,9 milioni nei successivi quattro anni. Uno dei motivi che spiegherebbero in parte la sorprendente differenza tra i risultati sull’immigrazione sotto Obama prima e sotto Trump poi riguarderebbe la natura degli individui immigrati: mentre le deportazioni di Obama colpivano prevalentemente singoli uomini che provenivano dal Messico, gli immigrati di oggi vengono spesso da molto lontano e viaggiano con le proprie famiglie, rendendo il processo di rimpatrio nei rispettivi luoghi di provenienza più difficile da gestire. Per completare il quadro sugli ultimi tre Presidenti degli Stati Uniti, è importante ricordare che il numero di persone immigrate irregolarmente e deportate sotto il governo di Biden è di circa 1,49 milioni, praticamente lo stesso numero deportati sotto il primo mandato di Trump.
Gli obiettivi del secondo mandato di Trump sul fronte dell’immigrazione riguarderanno proprio la deportazione: i collaboratori del Presidente si stanno già occupando dei progetti di espansione delle strutture di detenzione per poter realizzare le promesse di deportazione di massa fatte in campagna elettorale. Gli stessi collaboratori di Trump si stanno occupando anche di decreti esecutivi e di programmi come il Remain in Mexico, nome informale di un piano che tra i vari punti obbliga i migranti messicani a rimanere nel loro Paese durante le procedure di immigrazione negli Stati Uniti e revoca le protezioni per i migranti coperti dai programmi umanitari di libertà condizionale di Biden. Un altro decreto esecutivo in fase di elaborazione modificherebbe radicalmente la gestione dei flussi migratori. Il provvedimento prevede due punti chiave: l'obbligo di detenzione e lo stop al rilascio dei migranti, una pratica finora comune dovuta ai limiti delle risorse federali disponibili. Lo staff di Trump sta anche esaminando diverse aree metropolitane per la costruzione di nuove strutture di accoglienza per migranti. Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha già individuato varie città dove potenziare la capacità di detenzione in vista di possibili ondate migratorie. Tra i piani c'è anche il ripristino della detenzione familiare, una misura abolita dal presidente Biden e fortemente criticata dai gruppi per i diritti dei migranti.
L’aspetto più critico è però quello economico: senza ulteriori fondi concessi dal Congresso sarebbe necessario riorganizzare le risorse delle agenzie governative per poter provvedere ai piani ambiziosi di Trump. Un’altra possibilità potrebbe consistere nel valutare una dichiarazione di emergenza nazionale per sbloccare fondi direttamente dal Pentagono, come Trump fece già nel primo mandato. Le stesse prigioni private, come il gruppo CoreCivic, stanno predisponendo un aumento del numero di posti letto offerti, dato che il governo federale si affida spesso a questa soluzione esterna per la gestione dei propri detenuti e per la mancanza effettiva di strutture. Le premesse di questo secondo mandato di Trump sono quindi in linea con quanto fatto nei suoi primi quattro anni di governo, e già dalle prime settimane dall’insediamento sarà possibile capire fino a dove vorrà spingersi.