Le cinéma est mort. Vive le cinéma!
Richard Linklater celebra Godard e la sua eredità in “Nouvelle Vague”, presentato al Festival di Roma.
Il cinema, così come lo conosciamo, muore e rinasce di continuo, in una ciclicità che lo rende immortale. Vive di rivoluzioni che ne stravolgono la forma, riscrivono le regole, e nutrono l’ispirazione dei nuovi registi.
Richard Linklater, il regista texano icona del cinema indipendente, che ha lasciato un segno con i suoi film coming-of-age, ha dedicato la sua ultima opera alla rivoluzione cinematografica che lo ha ispirato a scegliere questa carriera: la Nouvelle Vague.
Questa corrente, nata a Parigi alla fine degli anni Cinquanta grazie a una generazione di giovani registi decisi a scardinare le regole e reinventare il linguaggio del cinema, fu un gesto di ribellione e di libertà.
Non sapevano più che farsene del cinema come lo avevano conosciuto fino a quel momento; c’era bisogno di un nuovo modo di esprimersi e di urlare al mondo le proprie idee e la propria visione.
Questa nuova ondata culturale divenne un invito a filmare la vita così com’è, fuori dagli studi, lontano dalle convenzioni.
Da questo moto rivoluzionario nacquero i Cahiers du Cinéma, la rivista che divenne il simbolo della Nouvelle Vague francese e che gettò le basi per riscrivere la storia del cinema. A delinearne le linee guida furono giovani critici, nonché aspiranti registi, che scelsero come parola d’ordine “stravolgimento”, e come mentori Roberto Rossellini e Jean Renoir. Tra loro, Claude Chabrol, Eric Rhomer, François Truffaut e Jean-Luc Godard: nomi che sarebbero rimasti sconosciuti al grande pubblico ancora per poco.
Ed è proprio su Godard che Linklater sceglie di focalizzarsi nel suo film. Il volto più iconico della Nouvelle Vague non poteva che essere il protagonista naturale per un omaggio al cinema francese, che ha lo scopo di esplorare la nascita di una rivoluzione artistica attraverso lo sguardo di chi l’ha vissuta.
Il Jean-Luc che Linklater presenta allo spettatore è entusiasta, irriverente, innovativo e persino comico — un ritratto lontano dalla versione malinconica e disincantata che Michel Hazanavicius aveva offerto nel 2017 con Le Redoutable.
In Nouvelle Vague, il regista francese è alle prese con le difficoltà della genesi di À bout de souffle, il film che lo consacrò come uno dei padri del cinema moderno. A interpretarlo, un bravissimo Guillaume Marbeck, attore francese emergente, affiancato da Zoey Deutch, impegnata nel difficile compito di vestire i panni dell’iconica Jean Seberg.
Sebbene non sia il primo tentativo cinematografico di raccontare Godard, Linklater sceglie una via alternativa, preferendo celebrare il suo estro artistico piuttosto che proporne un semplice ritratto biografico.
È interessante vedere un autore texano come Linklater calarsi in un’estetica così distante dalla tradizione hollywoodiana. In “Nouvelle Vague” non si limita a raccontare il regista francese, ma ne assorbe la narrativa: filma in bianco e nero, usa uno script in francese, sperimenta con la macchina da presa.
Dopo una carriera trascorsa a filmare il passaggio del tempo nei personaggi e nei luoghi dell’America comune, in questa occasione punta l’obiettivo su figure già “scritte”, icone del cinema e della cultura europea. E lo fa con sorprendente naturalezza: i volti di Godard e dei suoi contemporanei si muovono tra le strade di una Parigi che non fa solo da sfondo, ma diventa a sua volta una dei personaggi.
Il regista texano, che ha regalato al pubblico cult intramontabili come la trilogia Before, Boyhood o Dazed and Confused, chiude simbolicamente un cerchio con questa sua personale lettera di ringraziamento al cinema che lo ha formato.
Nonostante la sua estetica radicata nella Middle America, Linklater non ha mai nascosto la fascinazione per il cinema europeo e per quella libertà narrativa che, in un certo senso, ha saputo reinterpretare e riportare negli Stati Uniti.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2025, “Nouvelle Vague” è approdato in queste settimane anche a Roma, con una proiezione speciale al Festival del Cinema. L’occasione è stata la consegna del premio alla carriera, un riconoscimento che suggella la traiettoria di un autore capace di trasformare l’ordinario in poesia visiva. Sul palco della Sala Petrassi, all’Auditorium Parco della Musica, Marco Bellocchio ha consegnato il premio a Linklater davanti a un pubblico in fermento, che ha accolto il regista con un applauso lungo e affettuoso, quasi a voler restituire a lui quell’emozione che per decenni ha saputo offrire al suo pubblico.
Come ha ricordato sul palco del Festival del Cinema di Roma, con Nouvelle Vague Linklater ha voluto dedicare un film a chi il cinema lo fa per mestiere: non solo ai registi, ma anche agli operatori, ai produttori, alle comparse e a chiunque viva un set.
Un omaggio collettivo, dunque, a quell’universo che continua ad alimentare la rivoluzione immortale del grande schermo.



