Le armi negli Stati Uniti: un diritto sempre più ampio
Il diritto a possedere le armi si è evoluto in senso decisamente più conservatore negli ultimi tempi, grazie soprattutto a una Corte Suprema schierata a destra.
La storia del Secondo Emendamento negli Stati Uniti inizia con la Costituzione e attraversa la società americana in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni, dalla guerra di indipendenza ai movimenti per i diritti civili negli anni Sessanta del secolo scorso. Si tratta di uno dei tratti fondamentali della storia americana, intrisa di un passato coloniale e schiavista contestato e spesso rimosso in modo posticcio, che comunque resta all’origine dei temi culturali che attraversano gli Stati Uniti di oggi.
È importante sottolineare come la visione europea del tema sia spesso limitata alle notizie delle stragi, che continuano a susseguirsi senza sosta negli ultimi anni, senza però indagare quale sia il fondamento della cultura americana sulle armi e perché sia così difficile da eradicare sia a livello politico che giuridico. Non si può parlare di Secondo Emendamento senza parlare di segregazione razziale, cultura della violenza ed estremismo di destra.
Per la prima parte del Novecento, in realtà, il Secondo Emendamento resta sottotraccia; non viene usato come esempio di American exceptionalism come oggi, e le leggi che regolano il possesso di armi sono spesso restrittive. La situazione cambia radicalmente con l’irruzione sulla scena dei movimenti per i diritti civili: la mai risolta questione razziale americana, che porta con sé conflitti anche violenti, spinge gran parte della popolazione bianca ad armarsi nella speranza di sentirsi più sicura. Il Partito Repubblicano dell’epoca, però, non ha ancora intenzione di rendere il Secondo Emendamento uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali: sotto la presidenza Reagan le leggi per il possesso e la regolamentazione delle armi restano rigide. Negli anni Novanta il Presidente Clinton segue la stessa linea: nel 1994 promuoverà, per dieci anni, un divieto di vendita delle armi d’assalto. Nel 2004 il Congresso Repubblicano lascerà scadere questa legge, dando vita a quella che è la politica estremamente lassista del partito sul tema e che persiste ancora oggi.
Con il passare degli anni e con l’aumento delle stragi che guadagnano rilevanza nazionale per il numero delle vittime e l’età, spesso giovanissima, degli autori, più voci iniziano ad alzarsi per la regolamentazione e il controllo delle armi da fuoco, a livello federale e nazionale: tuttavia niente sembra riuscire a fermare l’onda di violenza, il cui ultimo caso simbolo è stato il massacro alla scuola elementare di Uvalde, in Texas. Nella settimana dopo l’accaduto sono stati registrate altre diciassette sparatorie.
Perché è così difficile portare avanti proposte di legge restrittive sul possesso delle armi? La risposta non si trova soltanto nei lavori del Congresso sul tema, che spesso vengono bloccati dal partito Repubblicano (e da alcuni membri del partito Democratico stesso). Si tratta anche di una precisa scelta di policy a più livelli, il cui ultimo è la Corte Suprema, l’organo dove sono state portate avanti alcune delle scelte politiche più rilevanti per i cittadini americani.
Com’è noto, il partito Repubblicano ha portato avanti una strategia molto aggressiva nel ramo giudiziario, nominando a livello nazionale giudici che hanno, a loro volta, selezionato i casi che avevano più possibilità di creare giurisprudenza in ultima istanza: si è arrivati così a una “superprotezione” da parte della Corte del Secondo Emendamento, che ora è tutelato da una giurisprudenza molto rigida – per quanto, va osservato, più scarsa rispetto a quella di altri diritti costituzionalmente garantiti.
La riforma delle armi, nonostante l’accordo raggiunto al Senato nelle scorse ore, è molto difficile da realizzare in quanto gli Stati hanno poche possibilità di regolamentazione e rischiano di essere giudicate incostituzionali: oltre all’opinione sull’aborto è infatti attesissima la sentenza della Corte che, a breve, potrebbe ritenere illegittima la legge dello stato di New York che prevede una “giusta causa” per l’ottenimento del concealed weapon permit, il porto d’armi per difesa personale.
Se questa opinione dovesse essere confermata, anche le legislazioni più restrittive degli altri Stati (come la California, che ha mantenuto il divieto di armi d’assalto, o il Massachusetts, che prevede dei controlli molto rigidi all’acquisto) potrebbe dunque essere oggetto di revisione costituzionale. Si tratta degli Stati che registrano il minor numero di morti per armi di fuoco rispetto agli altri, e che spesso sono storiche roccaforti del partito Democratico: con una Corte Suprema estremamente sfavorevole la situazione potrebbe cambiare radicalmente, in quanto la lobby delle armi si è preparata questo scenario da almeno quarant’anni.
Il Secondo Emendamento è stato usato dal partito Repubblicano come uno dei tratti fondamentali del conservatorismo e dello scivolamento sempre più a destra del Partito: basti pensare che l’NRA era a rischio bancarotta degli anni ’70, ma è stata rivitalizzata attraverso l’indissolubile legame con la politica. La quasi totalità dei membri Repubblicani della Camera e del Senato è infatti sostenuta a livello finanziario dalla lobby delle armi nelle sue campagne politiche.
Quello che rischia di restare però sottotraccia è in realtà come, a livello popolare, parlare di riforma delle armi sia spesso un suicidio politico, in quanto la maggior parte della popolazione americana è a favore del Secondo Emendamento: negli ultimi anni il supporto per la regolamentazione è arrivato ai minimi storici, anche e soprattutto per il percepito aumento della violenza e della necessità di autodifesa. Sono svariati anni, infatti, in cui la violenza in America è diminuita, ma il numero di armi in circolazione è aumentato, data l’instabilità sociale ed economica che caratterizza buona parte del Paese.
La sentenza della Corte Suprema è prevista per la fine di giugno, e sembra andare nella direzione di ampliare ancora di più il possesso di armi in quello che potrebbe essere l’inizio dello smantellamento dei controlli negli Stati più restrittivi: il conservatorismo americano potrebbe quindi dire di aver segnato un’altra vittoria, dopo aver ampiamente sdoganato a livello culturale un fenomeno che sarebbe stato impossibile quarant’anni fa.
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