L’America che si oppone ai diritti riproduttivi è tutta nel Project 2025
Divieto nazionale di aborto e nessuna prospettiva di eguaglianza e inclusione: ecco gli Stati Uniti del futuro prossimo secondo gli esperti della Heritage Foundation
«Cogliere l’attimo per sconfiggere la DEI (diversity, equality, inclusion)», con poche e semplici parole la docente e accademica statunitense Kimberlé Crenshaw riassume per l’African American Policy Forum il disegno di Project 2025 nel campo dei diritti.
I diritti e i diversi campi in cui trovano applicazione pratica sono tra i principali nemici della Heritage Foundation, organizzazione capofila dietro al manuale di 900 pagine Mandate For Leadership: The Conservative Promise (meglio conosciuto, per l’appunto, come Project 2025) che vuole trasformare gli Stati Uniti in una oasi reazionaria e conservatrice.
Fermare il progresso sociale promosso dagli anni Sessanta e impedire la raccolta di dati concernenti razzismo, sessismo e omofobia oltre che le loro peculiari intersezioni, al fine di rendere impossibile qualsiasi opera di dimostrazione della loro pervasività nella storia, cultura e società statunitense: ecco la linea politica di Project 2025.
Il progetto prolifera grazie al senso di paura e all’odio che i diritti delle donne, le questioni legate ai diritti della comunità LGBTQIA+ e delle minoranze sembrano generare in alcune frange della popolazione statunitense: la proposta di Heritage Foundation e di altre 100 organizzazioni conservatrici, al fine di cavalcare questi sentimenti negativi, è quella di un vero e proprio ritorno al passato, dove vigevano leggi mirate a ostacolare l’autodeterminazione di chiunque non rientrasse nel paradigma identitario W.A.S.P. (white anglo-saxon protestant).
È proprio la direzione in cui queste realtà lavorano da anni, ad esempio, per ottenere il più colossale roll back nel campo dei diritti riproduttivi: da sempre coinvolti nel lungo processo di rovesciamento della storica sentenza del 1973 Roe v. Wade – e finalmente ottenuto nel 2022 con la sentenza Dobbs - la restituzione di completa libertà decisionale agli Stati sul diritto all’aborto non è mai stato l’obiettivo finale, ma una tappa intermedia verso una presa conservatrice del potere attraverso la negazione e il rifiuto di ogni paradigma progressista e la piena rivendicazione di un’America puramente bianca.
A dimostrarlo, la pervasività di azione di Alliance Defending Freedom, tra le organizzazioni legali e cristiane promotrici di Project 2025, e protagonista da novembre 2022 del tentativo di denunciare la Food and Drug Administration (FDA) – l’ente governativo che si occupa dell’approvazione dei farmaci - per aver autorizzato, quasi due decenni fa, l’utilizzo del mifepristone, farmaco usato per effettuare aborti farmacologici.
Oggi che la costituzionalità del diritto all’aborto è stata – erroneamente – negata dalla Corte Suprema, gruppi come l’ADF non si fermano, individuando nuovi bersagli per le loro azioni politiche e giudiziarie, a dimostrazione del fatto che ogni micro-obiettivo presente in Project 2025 funge da pretesto per intersecare l’opposizione ai diritti con il potere conservatore e dinamiche puramente elettorali.
Il nuovo obiettivo in campo di salute sessuale e riproduttiva sembra essere rappresentato dalla riattivazione delle leggi Comstock, norme risalenti al 1873 e fortemente intrise di sessismo e razzismo. Le leggi Comstock, nate con lo scopo di criminalizzare e proibire a livello nazionale la vendita o pubblicizzazione di qualsiasi prodotto che potesse impedire la gravidanza o causare un aborto spontaneo, servivano l’ulteriore scopo di combattere quella minaccia alla sopravvivenza della nazione che risultava essere già nel XIX secolo l’autogestione della fertilità da parte delle donne.
Ieri – come oggi – la sopravvivenza di una società e di istituzioni fortemente radicate in una gerarchia razziale dipendeva dalla capacità delle donne bianche di generare figli, obbligo morale di queste nei confronti dello Stato. I divieti di aborto vigenti già all’epoca, oltre che i numerosi ostacoli alla contraccezione, non facevano altro che proteggere l'interesse pubblico alla riproduzione e assicuravano ulteriormente il potere della classe sociale e del gruppo razziale "giusto", consolidando il loro vantaggio demografico.
Sfruttare oggi le leggi Comstock per arrivare a impedire l’aborto farmacologico –la procedura più utilizzata negli Stati Uniti – non ha, dunque, il solo scopo di arrivare al tanto agognato divieto nazionale di aborto, ma anche quello di colpire al cuore l’intersezione esistente tra diritti riproduttivi e la dimensione razziale, rendendo le minoranze protagoniste della forte rivoluzione demografica statunitense le comunità più colpite da un eventuale successo conservatore.
Responsabile della parte di Project 2025 focalizzata sulle leggi Comstock è Gene Hamilton, che ha lavorato nel Dipartimento di Giustizia e in quello di Sicurezza Interna della Presidenza Trump. Oggi a capo di America First Legal (AFL), Hamilton sostiene che è stato proprio il rovesciamento di Roe ad aprire la strada al reintegro nel sistema legale statunitense delle leggi Comstock, permettendo dunque di ostacolare i distributori e fornitori di mifepristone. Una figura, quella di Hamilton, che non ha mai particolarmente fatto mistero delle sue posizioni conservatrici, ad esempio, sulla Critical Race Theory, secondo lui – e secondo AFL – usata per indottrinare i bambini americani e cambiare il volto dell’educazione pubblica.
La continua – e ormai pressoché incontestabile – intersezione tra la dimensione riproduttiva e quella della razza si dispiega in ogni campo, dimostrata tanto dai singoli protagonisti di Project 2025 e da semplici indagini sulle loro posizioni, quanto dalle proposte che continuano a portare avanti. Non solo, infatti, l’aborto farmacologico ne uscirebbe ostacolato, ma anche la pillola del giorno dopo, auspicabilmente esclusa dall’Affordable Care Act in quanto “potenziale farmaco abortivo”, oltre che punizioni per gli Stati che includono nelle coperture assicurative sanitarie le interruzioni volontarie di gravidanza: tutte misure storicamente già combattute dai gruppi femministi statunitensi partendo dall’attenzione riservata al particolare peso che queste repressioni avrebbero sulle comunità non bianche.
Le donne nere sono, ad esempio, tra le più vulnerabili in un panorama nazionale contrario all’aborto, costituendo un terzo degli accessi alle interruzioni di gravidanza del Paese. Lo sarebbero anche in un’America contraria alle procedure di fecondazione in vitro come auspicato da Project 2025, essendo afflitte da infertilità maggiormente rispetto ad altri gruppi.
L’ossessione conservatrice per tutto ciò che riguarda il mondo delle pratiche intersezionali andrebbe finalmente preso sul serio, trattandosi di un’azione così evidentemente pervasiva e strutturata in ogni campo, finalizzata a ristabilire le barriere al progresso sociale e razziale.
La nostalgia per i tempi che furono trova, pertanto, corpo in 900 pagine, da cui emerge chiaramente la speranza di ristabilire un’America bianca percorrendo ogni possibile via, da quella della repressione sessuale e riproduttiva a quella di un più strutturale attacco alla sanità impattando identità già storicamente discriminate.