La scelta di Berlino
Dopo la delusione del vertice di Ramstein e il tira e molla degli scorsi giorni, Scholz cede al pressing degli alleati e invia a Kiev i carri tedeschi.
A poco meno di un mese dall’anniversario della cosiddetta operazione “speciale” lanciata dalle forze russe in Ucraina, il conflitto tra Mosca e Kiev non sembra essere prossimo alla fine. Complice anche l’inizio della stagione invernale, la mobilitazione “parziale” avviata dal presidente Putin è riuscita a bloccare l’offensiva lanciata dall’Ucraina in estate, inaugurando una fase di temporaneo stallo sul fronte.
Entrambe le formazioni combattono a suon di colpi di artiglieria una campagna d’attrito, subendo notevoli perdite, senza condurre offensive di ampio respiro. Grazie all’entrata in campo di migliaia di giovani leve, ora i russi hanno tempo per leccarsi le ferite, rifocillando e riequipaggiando le unità più sfiancate. La stessa cosa fanno gli ucraini, dopo un’offensiva violenta, ma faticosa. Una fase di transizione dunque, una “quiete prima della tempesta”, in attesa di nuove offensive da entrambe le parti.
Questa la situazione sul campo mentre i rappresentanti del Ukraine Defense Contact Group si riunivano a Ramstein, in Germania, per discutere e coordinare la fornitura di nuovi aiuti militari nei confronti di Kiev. L’incontro assumeva un significato molto particolare, dato che nelle ultime settimane si era discusso molto dell’eventuale cessione all’Ucraina dei Main Battle Tank (MBT) occidentali, e in particolare europei.
Nei giorni precedenti l’incontro, infatti, diversi Paesi avevano annunciato la cessione di veicoli corazzati da trasporto truppe, più leggeri rispetto ai classici MBT: gli americani avevano promesso i Bradley, i francesi gli AMX10-RC, e anche gli stessi tedeschi avevano annunciato la fornitura di 40 veicoli Marder. Kiev aspettava dunque il salto di qualità e attendeva dall’Occidente l’autorizzazione all’invio di mezzi più pesanti. L’osservato speciale, in particolare, era la Germania. Berlino, infatti, detiene la licenza per l’esportazione di uno dei più moderni e avanzati MBT presenti in Europa, ovvero il Leopard 2. L’autorizzazione di Berlino avrebbe permesso la consegna dei Leopard, oltre che dalla Germania, anche da parte di tutti i Paesi che hanno importato questo mezzo, come la Spagna e la Polonia.
Le tensioni
Nonostante le aspettative, il vertice non si è concluso come sperava il Presidente ucraino. Con grande clamore, la Germania ha negato l’autorizzazione alla fornitura dei carri tedeschi. La scelta di Scholz ha fatto scalpore, suscitando reazioni molto forti sia da parte delle autorità ucraine, in particolare del Presidente Zelensky, che da parte di molti Paesi dell’Europa orientale. “Non possiamo usare le parole al posto dei cannoni”, ha tuonato Zelensky, “centinaia di grazie non sono uguali a centinaia di carri”. Feroce anche il Ministro degli esteri polacco, Zbigniew Rau, che ha scritto su Twitter: “Il sangue ucraino sta scorrendo, questo è il prezzo dell’esitazione sulla consegna di carri Leopard. Dobbiamo agire ora.”
Nei giorni successivi al vertice, il pressing su Berlino è divenuto fortissimo. Il cancelliere tedesco ha dovuto far fronte a una protesta quasi generale, guidata dall’Ucraina e spalleggiata da Stati Uniti e dai Paesi dell’Europa centrale. Il Presidente polacco, ad esempio, è andato su tutte le furie, dichiarando che anche senza approvazione la Polonia avrebbe comunque trasferito i suoi carri armati in Ucraina, e che altri Paesi Baltici avrebbero fatto altrettanto.
Scholz ha tenuto duro per quattro giorni, ma alla fine il cancelliere tedesco ha dovuto cedere. Dopo la richiesta esplicita del governo di Kiev e la decisione da parte degli Stati Uniti di procedere all’invio dei loro carri Abrams, il governo tedesco ha deciso di inviare i suoi carri in Ucraina. I numeri sono ancora poco certi, ma sembra che Scholz abbia autorizzato l’invio di una compagnia, quindi circa 14 carri.
Le conseguenze della scelta tedesca
Le conseguenze della scelta di Berlino assumono un significato diverso a seconda che si consideri il livello operativo o quello politico. Cominciamo con il primo, ovvero valutando gli effetti che il carro tedesco potrebbe avere sul campo. Innanzitutto, quando si tratta del Leopard 2 si sta parlando di un carro estremamente moderno e sofisticato. Il carro tedesco è il non plus ultra della tecnologia militare nel settore dei corazzati. Non a caso, esso ha avuto uno straordinario successo nell’export.
Ad oggi, esistono circa 2.000 esemplari di Leopard 2 in Europa, di cui ben 350 negli arsenali della Bundeswehr. Benché spesso criticati da analisti poco attenti, gli MBT possono apportare notevoli vantaggi alle operazioni. Se impiegati nell’ambito di un complesso di forze in grado di fornirgli adeguata protezione e accompagnati da un sufficiente numero di unità che ne supportino l’azione e ne sappiano sfruttare i vantaggi, i carri rappresentano ancora una potente macchina da guerra, soprattutto se dotati delle caratteristiche di protezione, mobilità e letalità del Leopard 2. Kiev, dunque, avrebbe tutto l’interesse a schierare i carri tedeschi tra le sue fila, specialmente in questa fase della guerra, con la Russia in grado di schierare sul campo un numero di unità molto superiore a quello visto a febbraio dello scorso anno, l’Ucraina ha un’assoluta necessità di aumentare la qualità delle sue forze. Non potendo eguagliare la disponibilità di uomini di Mosca, Kiev ha bisogno di equipaggiare le sue brigate con materiale all’avanguardia.
La fornitura di questi mezzi, tuttavia, comporta ostacoli importanti. Per poter apportare un vantaggio concreto e non divenire un peso, questi mezzi necessitano di un’adeguata catena logistica che ne assicuri la manutenzione e la riparazione. In questo senso, ogni carro dispone di requisiti diversi: riparare un Challenger inglese richiede competenze e materiali molto diversi da quelli necessari per riparare un Leclerc francese.
L’addestramento richiesto per condurre mezzi così moderni, poi, è lungo e faticoso. Oggi i piloti dei moderni carri da battaglia si addestrano per periodi che possono estendersi fino a 6 mesi. Considerati i forti limiti dell’Ucraina in termini di personale e le perdite che continua a subire quotidianamente, Kiev non può permettersi di sottrarre un eccessivo numero di uomini al combattimento. C’è poi da considerare che l’impiego di formazioni corazzate sul campo non è esattamente la specialità dei Paesi europei, che hanno a lungo puntato sul potere aereo e sulla superiorità aera per ottenere vantaggi sui loro avversari.
Dal punto di vista operativo, dunque, la fornitura dei Leopard 2 alle forze di Kiev – specialmente se si tratta di numeri così esigui – non sembra rappresentare una svolta per la condotta delle operazioni. I carri possono risultare utili, indubbiamente, ma sollevano anche importanti problemi a Kiev.
Le conseguenze politiche della scelta di Berlino sono molto più rilevanti. In effetti, l’iniziale scelta del cancelliere Scholz di non autorizzare la consegna è stata letta da molti alleati come un segnale di scarsa dedizione, da parte della Germania, nei confronti della causa ucraina. Questo nonostante Berlino, negli ultimi mesi, abbia non solamente infranto molti tabù che caratterizzavano da anni la sua politica di controllo dell’export di armamenti, ma anche fornito un contributo notevole all’Ucraina, con la fornitura di più di un miliardo di euro di armi a partire da febbraio.
Oltre alla paura dell’escalation, sempre presente nei ragionamenti del governo tedesco, la ritrosia di Scholz era probabilmente legata a questioni di carattere interno. Nel caso in cui Berlino avesse accettato di inviare i Leopard 2 a Kiev senza una richiesta formale da parte dell’Ucraina e prima della decisione di Washington di inviare i suoi carri Abrams, la Germania sarebbe divenuta il primo Paese occidentale a inviare di sua sponte dei MBT moderni alle forze ucraine. Si sarebbe trattato di una scelta dal significato politico estremamente rilevante, data la storia della Germania dopo la Seconda guerra mondiale e il difficile rapporto che il popolo tedesco ha nei confronti dell’uso della forza militare. In effetti, nonostante dal 24 febbraio dello scorso anno Berlino abbia già infranto parecchi tabù in materia di politica di difesa, l’idea che la Germania sia il primo fornitore di un carro armato – ovvero un mezzo che difficilmente può essere presentato come “difensivo”, ma che anzi rimanda a un’idea del tutto opposta – inevitabilmente spaventava il capo della SPD. Tutto questo di fronte a un’opinione pubblica profondamente divisa sulla questione.
Alla fine, il pressing degli alleati ha prevalso e la Germania ha infranto l’ennesimo tabù. Poco importa che i Leopard non cambieranno le sorti della guerra. Quel che conta è che la Germania ha dimostrato ancora una volta solidità nei confronti della causa ucraina. Passo dopo passo, la guerra tra Kiev e Mosca sta imponendo a Berlino di affrontare l’annoso problema che i tedeschi hanno con la forza militare sin dalla fine della Seconda guerra mondiale. Si tratti o meno di Zeitwende, di svolta storica, molte cosa stanno cambiando a Berlino. Chissà quanto ancora saranno disposti a cedere i tedeschi.
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