La nuova corsa all'oro dell'Idaho: l'antimonio
Una società mineraria canadese vorrebbe sfruttare le miniere delle riserve naturali dell'Idaho per estrarre antimonio.
Per oltre 150 anni il territorio dell'Idaho è stato al centro della corsa all'oro negli Stati Uniti. Oggetto di razzie da parte dei cercatori, quest'area è stata per millenni abitata prevalentemente dalla tribù indigena dei Nimíipuu, chiamati "Nez Percé" (letteralmente “naso forato”) dagli esploratori franco-canadesi che li associarono alla popolazione Chinook conosciuta durante le loro spedizioni più a est, vicino all’odierno Oregon, e i cui membri solevano portare piercing al naso.
La ricchezza della terra e il suo relativo sfruttamento hanno lentamente e inesorabilmente modificato la biodiversità degli ecosistemi dell'Idaho centrale, dove resiste una delle più importanti riserve indigene del Paese che ancora oggi ospita i Nez Percé. La tribù, nel lontano 1863, dopo l’approvazione del c.d. “Trattato del furto”, vide diminuire drasticamente la propria riserva da circa 3.3 milioni di ettari a 303.000 ettari. Oggi i loro discendenti sono costretti a fare i conti con una nuova minaccia.
Nell’area montagnosa che fa da cornice agli affluenti del fiume Salmon (uno dei "Wild and Scenic River"[1] del Paese), la società mineraria canadese Perpetua Resources vorrebbe aprire una vasta miniera d'oro a cielo aperto che consentirebbe di produrre fino a un totale di 52mila tonnellate di antimonio, elemento chiave nella produzione di batterie a metallo liquido.
Il distretto fantasma di Stibnite, che dal 1849, anno della scoperta dell'oro in Idaho, e fino allo scorso secolo, ha fatto la fortuna di molte società minerarie, è ancora estremamente contaminato da decenni di attività estrattiva. Negli ultimi anni i Nez Percé e le comunità locali hanno investito tempo e risorse nell’installazione di incubatoi, hanno condotto esperimenti e analisi di laboratorio per aiutare la specie più a rischio, il salmone, a ripopolare gli affluenti. Ne è nata anche una coalizione di giovani attivisti, la “Youth Salmon Protectors”, che lotta per la tutela delle specie che popolano il fiume Snake.
Per dare un’idea della gravità della situazione, quest’anno solo 44 salmoni rossi adulti sono riusciti a completare il viaggio che dall’Oceano Pacifico li ha portati al bacino del Sawooth. L’apertura di una nuova miniera causerebbe una massiccia dispersione di minerali nocivi per l'habitat naturale, come l'arsenico e il mercurio, che durante le operazioni minerarie finirebbero per inquinare il corso dei fiumi che scorrono nelle aree di estrazione.
A Washington la società ha dato avvio ad una campagna a sostegno del suo progetto, noto come Stibnite Gold Project, cercando di fare presa su un dato incontrovertibile, ovvero la mancanza di grandi bacini minerari di antimonio sul territorio statunitense. L'amministrazione Biden, in corsa per competere nella fornitura internazionale dei minerali preziosi necessari a supportare il processo globale di elettrificazione, teme che non vi siano alternative. Stibnite è di fatto l'unico grande deposito di antimonio di cui il Paese dispone in confronto ai siti minori e alle miniere ormai dismesse da tempo.
Ma come può questa necessità coniugarsi con la tutela dei diritti indigeni? E come può l’amministrazione Biden uscirne "pulita” dopo aver incentrato gran parte della sua agenda (e della campagna presidenziale prima) sulla tutela dei nativi americani?
I Nez Percé per generazioni hanno dovuto accettare le conseguenze delle estrazioni minerarie, prima fra tutte l'inquinamento dei fiumi dove i propri antenati hanno pescato per millenni. Ora non è solamente la pesca a essere nuovamente in pericolo ma la salute dei cittadini e delle nuove generazioni che nel lungo periodo subirebbero le principali conseguenze ambientali ed economiche. Ogni anno, da tutto il Paese e dal resto del mondo, arrivano canoisti, esploratori, escursionisti e campeggiatori affezionati a un ecosistema che seppur contaminato, ha ritrovato la sua bellezza grazie all’attivismo locale e agli investimenti messi a disposizione per recuperare anche i più piccoli residui di metalli pesanti accumulatisi nei secoli.
Perpetua Resources afferma di voler investire 100 milioni di dollari per una mastodontica operazione di bonifica su larga scala che consentirebbe di risanare anche le aree più contaminate. Secondo la società, l’estrazione di antimonio consentirebbe di fornire energia a circa un milione di case sfruttando proprio le batterie a metallo liquido, in grado di stoccare energia ricavata da fonti solari. Un processo che nel lungo periodo è sicuramente sostenibile, ma a quale prezzo?
Ambri, società che collabora con Perpetua Resources, afferma di poter assicurare la produzione di batterie in grado di durare fino a 20 anni, con un degrado minimo. Ma si tratta di una tecnologia talmente nuova da non poter essere testata nell’immediato e che da sola non può costituire un lasciapassare per la ripresa dell’attività minerarie.
Secondo una revisione preliminare dell’Environmetal Protection Agency (EPA), il progetto avrebbe un impatto estremamente negativo sulla vita delle comunità native dell’Idaho. Devierebbe il corso di diversi torrenti, tra cui il Salmon, danneggiando la sopravvivenza di salmoni e trote locali, e l’utilizzo in loco dei macchinari di estrazione porterebbe alla formazione di enormi agglomerati di fango e residui minerari, che la società vorrebbe immagazzinare in una diga costruita ad hoc nelle vicinanze (a sua volta fonte di possibile rischio ambientale).
L’iniziativa ha ricevuto il beneplacito del governatore repubblicano Brad Little e di buona parte della popolazione locale, demoralizzata dalle scarse risorse economiche e dalla crisi pandemica. L’ultima parola spetta però al Servizio Forestale degli Stati Uniti, l’autorità che per legge può dare il via libera al progetto e che attualmente sta conducendo le ultime verifiche.
Davanti al perfido calcolo del profitto, la tutela del territorio e dei diritti di chi per millenni è stato assoggettato ai soprusi del più forte, rischiano di essere nuovamente messe da parte davanti alle esigenze dell’Occidente bianco. La nuova corsa all’oro è ormai iniziata, ma questa volta possiamo scrivere una storia diversa.
[1] Sulla protezione speciale dei fiumi negli Stati Uniti si rimanda al National Wild and Scenic Rivers System, consultabile alla pagina: https://www.nps.gov/parkhistory/online_books/anps/anps_6f.htm