La Magnolia D'Acciaio e la salute mentale americana
Come l'ex First Lady Rosalynn Carter è stata cruciale per il passo più importante per dare dignità alla cura dei disturbi mentali
Il 19 novembre si è spenta all’età di 96 anni Rosalynn Carter, moglie di un oramai irriducibile ex Presidente Jimmy Carter. La chiamavano la “Magnolia d’Acciaio” per la sua risolutezza e forza mischiata a un atteggiamento timido, mite e un sorriso gentile. First Lady poco conosciuta al di qua dell’oceano forse, non certo ai livelli di una Hillary Clinton, una Michelle Obama o una Jaqueline Kennedy, ma non per questo una figura da sottovalutare e di cui non serbare un ricordo, farne un ritratto, raccontare la sua storia.
Perché un’elegia di Rosalynn Carter su una rubrica così specializzata come First Aid, che si occupa di storie di sanità americana? Perché la moglie del trentanovesimo presidente è stata una delle protagoniste di una battaglia sanitaria importantissima per gli Stati Uniti: la destigmatizzazione della malattia mentale, specialmente nei bambini.
Un’impronta marcatissima, che ha preso la vita e l’attivismo di Lady Carter, che è riuscita a sfruttare il suo ruolo di First Lady per far sommergere storie tristi di disagio e marginalizzazione in anni in cui ancora il “matto” era messo da parte e dimenticato. Rosalynn Carter ha poggiato la prima pietra per una maggiore consapevolezza nei confronti della salute mentale, che ha plasmato il modo in cui gli Stati Uniti si approcciano alla questione. Seppur non perfetto e lacunoso in molte sue parti, tuttavia, da qualche parte bisognava pur iniziare.
Cambiare l’America
Originaria della Georgia, di umili origini, Rosalynn Carter venne a contatto per la prima volta con la difficile situazione delle persone affette da disturbi mentali e delle loro famiglie mentre seguiva la campagna elettorale del marito proprio nel suo stato natio. Nella seconda metà degli anni ’70 negli Stati Uniti il supporto e i servizi locali a favore delle persone affette da patologie psichiatriche, specialmente i bambini, erano scarsi e si registravano spessissimo episodi molto tristi di maltrattamenti nelle strutture e negli ospedali nei confronti di questi pazienti.
Anche quando Jimmy Carter era Governatore in Georgia, l’impegno politico della First Lady statale sul tema fu instancabile: membro del Governor's Commission to Improve Services to the Mentally and Emotionally Handicapped, Rosalynn Carter ha sempre preso il suo ruolo istituzionale molto seriamente, anche una volta approdata alla Casa Bianca. Parlando del suo ruolo, una volta disse: «Sapevo che, quando mio marito sarebbe stato eletto Governatore, avrei dovuto avere qualcosa di più da fare, oltre a versare il tè. Non avevo intenzione di trascorrere il mio tempo nella villa del Governatore in quel modo».
Fu proprio lei a convincere il marito a creare una commissione che analizzasse la situazione della salute mentale nel Paese, diventandone Presidente onoraria, e che portasse un vero cambiamento nel trattamento dei pazienti psichiatrici. L’obiettivo era quello di modernizzare l’approccio verso queste tematiche e nel modo di trattarle, riducendo lo stigma e, cosa più importante, rendendo la salute mentale un diritto umano.
La pietra miliare più importante di questo attivismo instancabile della First Lady fu il Mental Health Systems Act (MHSA), firmato dal marito nel 1980, la base per quello che l’approccio odierno al problema negli Stati Uniti, che prevedeva fondi per i centri comunitari dedicati alla salute mentale. Dall’anno successivo, con il suo insediamento alla Casa Bianca, il successore di Jimmy Carter, Ronald Reagan, fece di tutto per cestinare la legge, riuscendoci solo in parte e riducendo i fondi precedentemente destinati. Tuttora, comunque, il MSHA è considerato il punto fondamentale e cruciale del sistema di assistenza psichiatrica nel Paese e a livello federale.
Dopo la Casa Bianca
Rosalynn Carter non prese bene la fine dell’esperienza a Washington come First Lady dopo la sconfitta del marito, tornando riluttante in Georgia in quello che ha definito un “pensionamento involontario”. Tuttavia, nonostante ciò, il suo attivismo non si è fermato. Nel 1982 i coniugi Carter hanno fondato ad Atlanta il Carter Center, impegnato nella difesa dei diritti umani, l’osservazione elettorale neutrale, assistenza ai Paesi di recente democratizzazione e l’aiuto economico e sanitario a zone del mondo colpite da calamità o povertà estrema. Tra queste, ancora, la salute mentale è tema cruciale.
Nel 1985 Rosalynn Carter ha fondato il Rosalynn Carter Symposium on Mental Health Policy che ogni anno per trent’anni ha riunito i massimi esperti per migliorare l’approccio sul tema negli Stati Uniti e, specialmente, nella sua Georgia. Nel 1996 l’ex First Lady ha istituito un forum annuale per i professionisti e consumatori in materia di salute mentale nel “Peach State”.
Non solo: l’impegno di Carter stava anche nel favorire una comunicazione sana sul tema a livello giornalistico. Infatti, sempre nel 1996, ha istituito una fellowship per giornalisti in modo che si impegnino con tutti i fondi necessari a trattare di temi come la salute mentale nel mondo appropriatamente, per combattere lo stigma esistente o per evitare che questo venga esacerbato.
Così come Rosalynn Carter si è impegnata nella scrittura di libri sul tema, destinati alle famiglie, ai caregivers e ai professionisti, raccogliendo tutta l’esperienza del suo attivismo nel far emergere un sommerso che spesso non ha una voce abbastanza forte.
Raccogliere l’eredità di Rosalynn Carter
Molto è stato fatto, molto è ancora da fare. Nelle sue stesse parole, pronunciate nel 2003 durante l’incontro annuale del suo simposio sulla salute mentale, Rosalynn affermò: «Venticinque anni fa non sognavamo che un giorno le persone potessero effettivamente guarire dalle malattie mentali. Oggi è una possibilità molto reale... Per una che ha lavorato sui problemi di salute mentale per tanto tempo, questo è uno sviluppo miracoloso e una risposta alle mie preghiere».
Tuttavia, gli Stati Uniti hanno ancora un enorme problema con la salute mentale. In un Paese dove l’elettroshock è ancora legale e praticato per malattie come la schizofrenia, nonostante il tentativo della FDA di bandirlo nel 2020 a livello federale, tentativo respinto dalla Corte Federale del Massachusetts, l’approccio alla malattia mentale è ben lontano da quella che potremmo immaginare essere la visione di Rosalynn Carter.
L’eredità della ex First Lady non deve dunque sfumare via: con più di cinquanta milioni di americani con esperienza di qualsiasi tipo di disturbo psichiatrico o psicologico, specialmente ansia, depressione maggiore e disturbo bipolare, il cammino verso una umanizzazione del trattamento e la fine definitiva di uno stigma non si deve fermare.
Questo è ciò che la comunità deve ad attivisti dedicati come Rosalynn Carter, capaci di usare l’influenza e il privilegio di una posizione di rilievo al servizio di chi, invece, non può urlare abbastanza in un mondo che spesso non vuole semplicemente sentire, per pigrizia o - ancora peggio - per mancanza di empatia.