La Lost Cause come simbolo di pace sociale
Dopo la fine della Guerra Civile anche a Nord e nel governo si sono abbracciate le teorie controstoriche della Lost Cause, in un tentativo di riarmonizzarsi coi ribelli sudisti.
“La schiavitù non era la causa del conflitto; la vera causa era l’aggressione nordista al sistema valoriale del Sud”. Per comprendere cosa sia la Lost Cause, perché se ne parla ancora oggi e perché per decenni ha costituito una visione quasi totalizzante di quella che è stata la Guerra Civile americana bisogna partire necessariamente da questa frase. La Lost Cause non è altro che un apparato mitologico, una vera e propria controstoria, nata all’interno di quella che era la classe dirigente della Confederazione per mantenere alto il morale di un Sud occupato alla fine della guerra, e poi propagatasi a macchia d’olio tanto da diventare per decenni una storia semi-ufficiale del Paese, avallata anche da alcuni accademici. Capire perché ancora oggi esistono molte persone che credono a questa narrazione ha a che fare col come questa sia stata usata per portare a una riconciliazione tra le parti in lotta.
Innanzitutto è bene mettere in evidenza che nella storia le cosiddette “Lost Cause”, spiegazioni che deresponsabilizzano una parte esternalizzando le cause delle proprie sofferenze, sono molteplici proprio per questo motivo: riescono a compattare persone che stanno soffrendo dando loro un nemico, che, nel caso del Sud uscito sconfitto dal confronto bellico, era l’apparato capitalistico-industriale del Nord, contro cui una società agraria e gentile come quella del Deep South poteva solo perdere in maniera romantica. La sconfitta militare di grandi e geniali uomini, che combattendo per l’altro lato avrebbero vinto la guerra in pochi mesi, avveniva solo perché meno equipaggiati e vicini a un sistema valoriale in disuso. La sconfitta del Sud doveva ricordare le valorose cariche cappa e spada contro gli anonimi fucili di una potenza finanziaria.
Inizialmente questa retorica era propria solo degli sconfitti. Si può iniziare ad evidenziare già subito dopo la fine del conflitto, quando da Nord vengono a trasferirsi negli stati della ex-Confederazione molte persone della classe media bianca alla ricerca di opportunità economiche. Questi erano in larga misura Repubblicani abolizionisti che, scendendo, comprarono molta terra a prezzo di saldo dai vecchi piantatori che, terminato il sistema schiavista, non avevano più forza lavoro. Dopo poco entrano anche in politica, facendo parte di quelle amministrazioni Repubblicane del Sud, con anche forte presenza di afroamericani, che verranno spazzate via dopo la fine della Ricostruzione. Le persone del Sud idearono un termine dispregiativo e molto utilizzato nei giornali e nella vignettistica dell’epoca, che è “Carpetbagger”, l’uomo che ha come unico interesse arricchirsi attuando una spoliazione del luogo dove va a insediarsi; per di più, queste persone, da buoni abolizionisti, avevano in simpatia l’uomo nero, che i sudisti cercavano in ogni modo di mantenere artificialmente al livello più basso della scala sociale. Se inizialmente a Nord si avevano a cuore le sorti delle persone scese a Sud per migliorare la propria condizione, dopo la Ricostruzione e il tentativo di riconciliazione molti abbracciarono l’idea sudista che non fossero altro che radicali con un unico scopo: esacerbare il conflitto sociale per distruggere definitivamente le ultime rimanenze del sistema di pensiero sudista.
A guerra terminata gli americani avevano bisogno di riconciliazione; era complesso vivere nello stesso Paese e condividere le stesse leggi con persone che le avevano ripudiate, creando uno Stato eversivo che aveva portato a una ribellione costata la vita a più di 600.000 persone. Per questo c’era bisogno di riscrivere questa storia in maniera più conciliatoria, e a farne le spese furono gli afroamericani, che videro cancellata la giustizia sociale. I bianchi del Nord infatti, cedettero al Sud la possibilità di scegliere come affrontare la questione nera, lasciando che nascesse una narrazione basata sulla schiavitù come atto benigno, utile a migliorare le condizioni di un popolo inferiore. Attuare una ribellione per gli schiavi, porsi contro gli Stati Uniti da dentro, non era una narrazione accettabile: gli afroamericani diventarono quindi “schiavi contenti” e il nome della guerra, conosciuta al tempo come “War of the Rebellion” (Guerra di Ribellione) divenne la “War Between the States” (Guerra tra gli Stati), evidenziando un conflitto combattuto per la necessità di unificare due sistemi economici troppo lontani tra loro, una lotta cavalleresca per decidere il sistema vincitore, tra due Stati di pari livello e non tra uno Stato e i propri traditori interni. La vittoria del Nord aveva quindi forgiato un’America nuova, indistinguibile, da pensare al singolare; dopo il conflitto si dovrebbe dire “United States IS” e non “ARE”, in quanto, scesi a patti con le loro differenze, tutti i bianchi americani avevano finalmente costruito un’Unione più perfetta. Questo è tra l’altro il senso con cui Donald Trump ha definito il controverso Generale sudista Robert Lee un padre fondatore.
Dopo che anche a Nord questa idea venne fatta propria dal pubblico c’era bisogno di una strizzata d’occhi anche da parte del governo federale; in questo è importante la figura del presidente Woodrow Wilson, primo uomo del Sud a ricoprire la carica dalla Guerra Civile, nonostante avesse una formazione princetoniana e un cursus honorum politico al Nord, in New Jersey, dove è stato Governatore. Durante la sua presidenza i temi della Lost Cause e della romanticizzazione del Sud entrarono a Washington tanto che, quando gli Stati Uniti entreranno nel primo conflitto mondiale, Wilson riuscì a far costruire sedici basi militari al Sud per l’addestramento delle reclute. Non è una cosa da poco, dato che nell’Old South ancora si temeva l’esercito federale che nel periodo della Ricostruzione era stata in quei luoghi una vera e propria forza di occupazione; l’idea di Wilson fu quella di dedicare le basi costruite sul territorio della vecchia Confederazione a generali che avevano combattuto contro l’Unione, in un chiaro omaggio del governo a dei rivoltosi.
È troppo semplice definire la Lost Cause come una controstoria fittizia dei sudisti atta a deresponsabilizzarsi, dato che se non avesse avuto sponde a Nord avrebbe avuto vita breve; se oggi parliamo ancora di queste teorie è perché scientemente si è deciso che la narrazione propugnata dagli adepti della Lost Cause fosse quella più semplice per cercare di riunire gli statunitensi dopo uno shock come la ribellione eversiva di una parte degli Stati dell’Unione.