La finanza sostenibile fa paura ai repubblicani?
Molti esponenti del GOP sono feroci avversari di qualsiasi forma di sostenibilità legata al mercato. Ma cos'è la finanza ESG? Come funziona? E soprattutto, perchè i repubblicani la temono?
La politica americana ha un rapporto complesso con la finanza sostenibile. Se il Partito Democratico ha fatto della lotta al cambiamento climatico e del rispetto dei diritti due punti chiave della propria identità, il Partito Repubblicano ha una posizione contraria e molto dura sul tema della sostenibilità. Dopo vari anni nei quali questi argomenti venivano di rado toccati dal suo establishment, a seguito dell'avvento di Donald Trump la posizione del GOP a tal proposito si è fatta sempre più aspra e manifesta.
Nelle ultime settimane vari esponenti hanno esternato i propri mal di pancia, arrivando a definire «woke capitalism» la finanza sostenibile. La cosa è divenuta ufficiale nel momento in cui il Partito Repubblicano ha presentato una risoluzione anti-ESG, che ha costretto il Presidente Biden a esercitare per la prima volta il suo diritto di veto.
Chi assiste alla vicenda da questa parte dell'oceano rimane perplesso. In Europa l'implementazione delle tematiche ESG a livello normativo prosegue spedita, i cittadini sono in genere sensibili all'argomento e, di riflesso, lo sono i politici. Quantomeno lo sono più che negli Usa, dove l'interpretazione politica della finanza sostenibile non è così unanime.
Prima di entrare nell’argomento, però, partiamo dalle basi.
Cosa significa ESG
È un acronimo che riassume i tre aspetti della sostenibilità: quello ambientale (environmental), quello sociale e quello della buona governance. È una sigla famigliare anche ai piccoli investitori italiani, se non altro perché è presente nel questionario Mifid, obbligatorio per chiunque detenga un dossier titoli.
Due sono i concetti alla base della finanza ESG.
Il primo è che conoscere il grado di sostenibilità di un'azienda dà un'informazione in più agli investitori istituzionali, che possono decidere di utilizzarla nella selezione dei titoli da avere in portafoglio, se lo ritengono opportuno. Cosa che spesso avviene.
Il secondo è che se gli investitori retail preferiscono mettere i propri soldi su titoli di società sostenibili – e viene fornito loro un sistema per riconoscerli – le aziende saranno invogliate a migliorare il proprio grado di sostenibilità per attrarre quei capitali.
Questo si traduce in investimenti per diminuire la propria impronta ambientale, per incrementare l'inclusione e così via, gli ambiti di applicazione dei criteri ESG sono numerosi, come vedremo in seguito.
Da parte loro anche le società d’investimento sono incentivate a intercettare questi capitali e a migliorare a loro volta il proprio rating ESG, proponendo quindi prodotti finanziari dedicati e andando a escludere determinati settori dai propri portafogli, ad esempio i produttori di armi o di tabacco.
L'evoluzione della finanza sostenibile
Storicamente le attività economiche tendono a non affrontare le tematiche ESG di propria iniziativa. Dopotutto, non è automatico che gli investimenti per migliorare questi aspetti portino a dei guadagni: spesso si tratta di interventi antieconomici o comunque meno redditizi rispetto a investire quel denaro altrove. Per questo motivo i passi avanti in tal senso hanno quasi sempre una causa esogena: una nuova normativa, l'intervento dei sindacati, la richiesta della clientela, spesso mediata comunque dal legislatore.
Il concetto di finanza sostenibile cominciò a concretizzarsi solo negli anni ‘90, tuttavia è stato nel 2004 che l'Onu ha lanciato i Principi per gli Investimenti Responsabili (PRI), che hanno posto le basi della finanza sostenibile, che ha portato nel 2005 alla nascita dell'acronimo ESG.
Secondo un rapporto di Bloomberg, il mercato della finanza ESG è in costante crescita e le stime per il 2022 parlano i 41 trilioni di dollari dedicati agli investimenti ESG, un aumento del 17% sul dato del 2020. A dimostrazione che sempre più risparmiatori sono alla ricerca di investimenti etici, soprattutto considerando il trend in costante aumento nell'ultimo decennio.
Secondo un'indagine del 2020 condotta da BlackRock (la società d'investimento più grande del mondo), il 54% degli investitori istituzionali ritiene che l'ESG sia importante per i loro investimenti e il 53% ritiene che l'offerta di prodotti d'investimento specifici sia troppo scarsa e di qualità non sufficiente.
Un dato da non sottovalutare, quindi. La domanda c'è, è forte e in costante crescita e dove c'è domanda, free market provides: molte società stanno migliorando la loro gestione ESG al fine di attirare gli investitori. Secondo un sondaggio di McKinsey più del 90% delle aziende dello S&P 500 pubblica un rapporto di sostenibilità. Ciò dimostra che, quantomeno, le grandi società stanno cercando di migliorare la loro performance in questi ambiti.
Come funziona il rating
Il rating ESG non è altro che la valutazione delle performance di una determinata azienda dal punto di vista ambientale, sociale e di governance. A determinarlo intervengono le agenzie di rating: si tratta di nomi noti come Moody's, Standard & Poor's, Morgan Stanley e altri.
I criteri utilizzati dalle agenzie possono variare ma in linea di massima vanno a identificare:
l'impatto ambientale dell'azienda: ad esempio il consumo di risorse naturali, la gestione dei rifiuti, le emissioni di gas serra;
le sue politiche sociali: ad esempio la sicurezza sul lavoro, la tutela della diversità, il rispetto dei diritti umani, le politiche per l'inclusione;
la qualità della sua governance: ad esempio la qualità della struttura organizzativa, il codice etico, la gestione del rischio, la trasparenza, il coinvolgimento degli azionisti.
Tutti questi aspetti (e molti altri) vengono valutati e condensati nel rating. Questo, in linea teorica, dovrebbe consentire agli investitori di avere una percezione immediata e piuttosto precisa della bontà di un'azienda secondo i criteri di sostenibilità.
I dubbi, però, seguono a ruota.
Belli gli investimenti ESG, ma...
Nonostante la crescente popolarità della finanza ESG, non mancano le critiche a questo approccio.
Alcuni sostengono che il rating ESG non sia un metodo efficace per valutare le prestazioni delle aziende. In tal senso è vero che le valutazioni ESG si basano su molti dati oggettivi, ma è presente anche una parte di valutazione soggettiva che può essere influenzata dalle opinioni personali dell'analista o della società di rating.
Altri sostengono che la finanza ESG possa limitare le opportunità di investimento, poiché gli investimenti ESG escludono alcune attività ritenute non sostenibili. Ad esempio, molti gestori di fondi comuni non investono nella produzione di armi, settore penalizzato nel rating ESG ma che in seguito alla guerra in Ucraina sta conoscendo un rilancio considerevole.
La critica più bipartisan, sostenuta sia dai conservatori che dagli attivisti duri e puri, afferma che la finanza ESG abbia un impatto limitato sulle questioni ambientali e sociali, in quanto può – al massimo –incoraggiare le società a pubblicare rapporti di sostenibilità o ad adottare politiche ESG superficiali, senza alcuna reale verifica dei dati forniti o alcun impianto sanzionatorio. Questo porta molti attivisti a ritenere la finanza sostenibile una forma di greenwashing, ossia un'attività di marketing che fa apparire un'azienda come ecologica e socialmente responsabile anche se sotto sotto non lo è.
Tuttavia, molte di queste critiche possono essere affrontate attraverso un perfezionamento della qualità delle valutazioni ESG, senza per questo denigrare l'intero impianto.
GOP vs ESG
Non tutti i Repubblicani sono contrari alla finanza sostenibile, ma è indubbio che il partito è sempre più refrattario a questo tipo di evoluzione. Tanto che alcune tesorerie di stati a guida repubblicana hanno ritirato ben quattro miliardi di dollari depositati presso una società attenta a questi temi come BlackRock, come ha affermato il suo CEO Larry Fink.
Ci sono diverse ragioni per questo astio verso la sostenibilità.
Ad esempio, il culto che molti Repubblicani hanno per il libero mercato in senso estremo. Per loro la libertà economica dev'essere protetta da qualsiasi interferenza, comprese le regole per la salvaguardia dell'ambiente, la parità di genere e così via. Secondo questo approccio, la finanza ESG altro non sarebbe che una forma di regolamentazione informale, e quindi dannosa a prescindere.
Altro pallino di molti esponenti repubblicani è il negazionismo del cambiamento climatico, motivo per cui qualsiasi pressione in tal senso sarebbe una forzatura sul mercato basata su premesse “infondate”.
Per non parlare dei legami di molti esponenti del GOP con le lobby contrarie alla sostenibilità. Ad esempio quelle legate al petrolio e al carbone, che vedono nella finanza ESG un rischio che, se possibile, è meglio evitare. È il caso di stati come il Texas e il Wyoming, molto esposti sotto questo aspetto.
Se poi affrontiamo l'ambito dei diritti della persona, essi non rientrano certo tra le priorità del Partito Repubblicano.
In conclusione
Il principio dietro la finanza ESG sfrutta i meccanismi di mercato, per implementare in maniera non coercitiva soluzioni utili al benessere collettivo. Sulla carta sembra geniale, ma come tutti i grandi cambiamenti ha dei punti deboli, che con il tempo andranno sistemati. Si tratta comunque di un nuovo modo di intendere il business e tutti i settori, nessuno escluso, ne devono tenere conto. Questo è talmente vero che BlackRock e altre società d'investimento che utilizzano il rating ESG hanno aggiunto i rischi potenziali derivanti dalla politicizzazione del tema da parte dei repubblicani all'interno dei loro report annuali.
Come per tutte le novità è però fisiologico che il mondo conservatore eserciti una certa resistenza, nel caso statunitense alquanto accanita. Sta di fatto che gli investitori sono sempre più restii a impegnare i propri soldi a occhi chiusi: che il Gop lo voglia o no la strada è tracciata, e non si torna indietro.
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