La Corte Suprema e la sua influenza sul post-elezioni
L'alta Corte statunitense potrebbe direttamente e indirettamente giocare un ruolo chiave in questa tornata elettorale, ma come?
La corsa alla Casa Bianca è ormai giunta al termine. Tuttavia, è necessario conoscere in anticipo “l’altra faccia della medaglia” ossia tutto ciò che avrà origine al termine dell’election day. Durante la fase del conteggio dei voti, infatti, potrebbero essere presentati dei ricorsi diretti a contestare il risultato elettorale. In questi casi possono intervenire diversi organi, fra cui la Corte Suprema.
La Corte Suprema è infatti un organo particolarmente importante nel sistema americano, posto al vertice del potere giurisdizionale. I suoi membri, generalmente personalità note nel mondo legale o economico, sono nominati direttamente dal Presidente degli Stati Uniti e, poi, confermati da parte del Senato. L’incarico di Giudice della Corte Suprema ha natura vitalizia quindi, solo in caso di morte o dimissioni volontarie, viene nominato un nuovo Giudice. La nomina, provenendo direttamente dal Presidente in carica al momento dell’evento, ha una chiara ed evidente connotazione politica oltre che strategica. Non si può negare, infatti, che il Presidente cui spetta la nomina di un nuovo giudice orienterà la propria scelta su una personalità a egli favorevole, sia con riferimento alle ideologie, sia con riferimento all’orientamento politico. Tali scelte andranno, di conseguenza, a influire sui voti espressi dalla Corte Suprema nei compiti a essa affidati dalla Costituzione. Essa, infatti, vota le proprie determinazioni con il criterio della maggioranza, tuttavia i suoi componenti possono esprimere delle determinazioni rispetto alla decisione adottata. Tali determinazioni possono essere di assenso o di dissenso e, in base ad esse, è facile comprendere l’orientamento politico dei singoli giudici.
Tornando, ora, ai compiti di cui si occupa la Corte Suprema, senza fornire in questa sede un elenco completo, ci concentreremo su quelli che, direttamente o indirettamente, potrebbero influire sulle elezioni risultando, perfino, determinanti rispetto all’esito del voto.
Un importante compito della Corte Suprema è quello di fungere da Giudice di ultima istanza in materia di Costituzione e leggi federali così come la Judical Review of legislation, ossia la verifica e valutazione della conformità delle leggi alla Costituzione, siano esse leggi statali o federali.
Ogni singolo Stato ha la propria competenza nella regolamentazione della procedura di voto, sia essa inerente al funzionamento del tipico election day o inerente al procedimento dell’early vote, tramite posta o seggio.
In questi casi la Corte Suprema potrebbe essere chiamata a sindacare la legittimità di tali leggi e, di conseguenza, la validità dei voti nel loro conteggio o nella validazione. Nel verificarsi di un simile scenario, la Corte Suprema sarà chiamata a esprimere un proprio parere sul rispetto della Costituzione proprio sulle modalità delle votazioni e sulla raccolta dei voti. Nel caso in cui venisse riscontrata una violazione della Costituzione, ciò travolgerebbe un gran numero di voti e, di conseguenza, variare il risultato elettorale. Similmente, se l’esito elettorale non fornirà una vittoria schiacciante, da una parte o dall’altra, i voti potrebbero essere oggetto di riconteggio. Tali ipotesi sono normalmente rimesse ai Tribunali locali, tuttavia potrebbe capitare che la Corte esprima un parere univoco. Un importante esempio storico è stato quello che a coinvolto Bush ed Al Gore nel 2000, in cui la Corte Suprema decise di fermare il riconteggio dei voti in Florida e consegnando, seppur indirettamente, la vittoria a G. W. Bush.
All’esito dei risultati elettorali potrebbero emergere anche contestazioni inerenti a frodi o brogli elettorali. Anche in questo caso la Corte Suprema potrebbe essere chiamata a dirimere simili controversie. A tal proposito, mai come in queste elezioni, aleggia il rischio di simili contestazioni. Nel caso di vittoria da parte della candidata Democratica Kamala Harris appare quasi scontato un ricorso promosso da Donald Trump com’è avvenuto, del resto, all’esito delle scorse elezioni. La base di una simile contestazione sarebbe già servita: non è un segreto che i sondaggi di questi giorni vengono elevati a baluardo che annuncia, in modo incontrovertibile, la vittoria di uno e dell’atro candidato. Di pochi giorni fa è anche l’affermazione, da parte dell’ex Presidente degli Stati Uniti, per cui i Democratici compiranno brogli alle prossime elezioni. Donald Trump, in particolare, ha insinuato che questi (i democratici ndr) sono «corrotti, diranno che ci vogliono 12 giorni per sapere chi ha vinto. Anche i loro sondaggi sono corrotti», e ciò volendo tralasciare altre esternazioni note.
Anche il voto espresso tramite posta potrebbe essere oggetto di specifiche contestazioni. Alle scorse elezioni, infatti, tale sistema di votazione ha fatto particolarmente discutere. Non solo tale sistema elettorale ha visto un elevato numero di partecipazioni, ciò in quanto avvenuto in concomitanza con la pandemia di Covid-19 ma, dall’altro lato, ha espresso una grande maggioranza di voti a favore del Partito Democratico. Proprio la legittimità dei voti per corrispondenza è stata oggetto di contestazioni per asseriti brogli. Non deve meravigliare che simili ricorsi potranno ripresentarsi anche all’esito delle prossime elezioni, in particolare in quelli che vengono definiti swing states dove il risultato elettorale è in bilico.
La Corte Suprema, dunque, si pone come organo al vertice in grado di dirimere questioni inerenti la Costituzione e garantirne il rispetto. Essa, tuttavia, non gode di autonomia di azione e ciò rappresenta un importante limite. La Corte Suprema, infatti, non può intervenire spontaneamente ma è necessario che la questione rilevante le arrivi per il tramite di un’azione legale ancorata al caso concreto.
Un altro particolare caso che potrebbe verificarsi, e sondaggi alla mano ciò non appare nemmeno come un’ipotesi così lontana, è quello di netta parità nel Collegio Elettorale. Un evento raro, ma non impossibile che viene specificatamente disciplinato dalla Costituzione degli Stati Uniti.
Il Collegio elettorale è composto da 583 elettori e, per vincere, un candidato alla Presidenza deve ottenere la maggioranza assoluta ossia almeno 270 voti elettorali. Se tale traguardo non venisse raggiunto, la decisione passa alla Camera dei Rappresentanti dove la delegazione di ogni Stato vota per decidere a chi assegnare il voto dello Stato. In questo caso un candidato per raggiungere la vittoria deve ottenere la maggioranza di 26 voti su 50. Il tutto dovrà avvenire entro il 20 gennaio, data prevista per l’inaugurazione del nuovo mandato.
Al contempo il Vicepresidente viene scelto dal Senato con un sistema a maggioranza semplice. In questa particolare ipotesi non è necessario che il Presidente e il Vicepresidente appartengano allo stesso partito. Il Vicepresidente nominato, nel caso di un pareggio anche alla Camera nell’elezione del Presidente, viene nominato Presidente ad interim fino al raggiungimento di un accordo alla Camera.
La procedura individuata dalla Costituzione non prevede l’intervento della Corte Suprema ma, anche in questo caso, essa potrebbe acquistare un rilievo indiretto. Oltre a eventuali colpi di scena dovuti ad eventuali ricorsi che, ovviamente, si rifletterebbero sulle votazioni in corso, la Corte potrebbe essere chiamata in via straordinaria ad interpretare la Costituzione o le leggi federali che disciplinano le elezioni in caso di pareggio. La Corte Suprema, inoltre, potrebbe prendere posizione in caso di contestazioni sulle votazioni espresse, rispettivamente da Camera e Senato, in caso di stallo così come potrebbe, ipoteticamente, essere chiamata a esprimere un opinione, atteso il suo ruolo preminente, in caso di un empasse prolungato ma ciò non si è mai verificato.
Al netto di quanto fin qui anticipato, nel caso di contestazioni elettorali la Corte Suprema può giocare un ruolo cruciale, seppur indirettamente. Tuttavia, è raro che la stessa si esponga e ciò per non apparire come un organo politicizzato anche se, al netto della propria formazione e delle singole nomine, questo potrebbe risultare superfluo.