La casa impossibile
Il problema dei problemi della Silicon Valley: quando trovare casa diventa un incubo.
È la zona dove hanno sede le aziende più innovative del mondo. Lì, dove i lavoratori delle big tech godono degli ottimi stipendi che aziende come Apple, Google e Meta possono garantire, trovare casa è un'impresa quasi impossibile. Per tutti gli altri, quelli che non lavorano nel tech, è un vero e proprio incubo.
La grande attrattività della Silicon Valley porta sempre più persone a cercare casa in zona, e si tratta spesso e volentieri di lavoratori che possono spendere molto per farlo. Nonostante la grande domanda, l'offerta di case rimane bassissima e anche chi può vantare stipendi di tutto rispetto non trova alloggio.
Per la legge della domanda e dell'offerta questo è il mix perfetto che porta ad avere prezzi alle stelle e un mercato immobile, dove gli unici contenti della situazione sono i proprietari degli immobili che vedono il valore del loro investimento salire di continuo.
Cos’è la Silicon Valley?
La Silicon Valley si trova nella parte meridionale della baia di San Francisco, nel nord della California. Al di là della presenza delle big tech, si tratta di una zona con caratteristiche tali da renderla molto ambita: vicinissima alla città di San Francisco, si trova a un passo dall'oceano Pacifico e alle sue bellissime spiagge, ma è al contempo riparata dalle colline, godendo di un clima mite e soleggiato tutto l'anno. Non è un caso che la carenza di case sia un fenomeno che viene da lontano, fin dagli anni Sessanta, quindi prima della vera e propria esplosione del settore tecnologico.
Il nome non è un caso. Tradotto significa Valle del Silicio, riferimento emblematico alla materia prima di cui sono costituiti transistor, circuiti integrati e microchip, simboli dell'incredibile concentrazione di aziende legate al settore dell'innovazione. La tecnologia contemporanea per come la concepiamo oggi è nata e si sviluppa tutt'ora proprio lì.
Il legame tra l'espressione geografica e la tecnologia è talmente radicato che in senso esteso per Silicon Valley si intende anche l'insieme delle principali aziende tecnologiche statunitensi, spesso riferendosi anche a corporation non strettamente radicate nella valle.
Perché tanta domanda?
L'incredibile concentrazione di opportunità lavorative, unita alla felice collocazione geografica, fanno della Silicon Valley una realtà con un fortissimo flusso immigratorio. Questo è un fenomeno legato sia direttamente alle big tech, sia a tutto l’indotto che ci gira intorno. Infatti, una quantità tale di persone con ampie disponibilità economiche concentrate in così poco spazio non si trova in molti posti al mondo. Ciò si riflette anche nel resto dell'economia della valle: un tale dinamismo attrae lavoratori per tutti i settori che girano intorno a questa facoltosa presenza, come ristoranti, bar, scuole, negozi e così via.
Fin qui nulla di strano, è pieno il mondo di aree geografiche a forte immigrazione. Cosa succede in questi casi è un'urbanizzazione più spinta, che porta a dare alloggio a più persone: sia in senso orizzontale con l'impiego di terreno vergine a uso abitativo, sia costruendo immobili che diano alloggio a più persone occupando la stessa area di terreno, aumentando la densità abitativa.
In altre parole, un boom immobiliare, che però non c'è mai davvero stato.
Perché c'è poca offerta?
Il mancato boom non significa che non ci sia stata alcuna espansione, quanto piuttosto che essa sia stata nel tempo ampiamente inferiore alle reali necessità.
Tra le cause principali di questa situazione ci sono le politiche di zonizzazione. Le municipalità locali infatti legiferano in abbondanza in materia, ponendo vincoli architettonici che limitano la possibilità di costruire soluzioni immobiliari a più alta densità.
Ad esempio, nella città di San Josè il 94% dei terreni è vincolato per la costruzione esclusiva di villette monofamiliari.
Questo costringe una massa enorme di persone ad alloggiare a grande distanza dal posto di lavoro: circa centoventi mila persone sono "super pendolari", ovvero vivono a più di tre ore d'auto dal posto di lavoro.
Altre città stanno valutando l'abolizione delle politiche di zonizzazione, come Seattle, ma nella zona di San Francisco questo non sembra essere davvero nei piani.
L'ostilità dei Nimby
Nimby è l'acronimo che sta per Not In My Backyard, non nel mio cortile. È l'atteggiamento di chi è favorevole a nuovi progetti e infrastrutture, purché vengano fatti altrove.
Nella fattispecie della crisi immobiliare della Silicon Valley, Nimby è in riferimento all'ostruzionismo dei residenti locali. Comprare casa nella valle è oneroso e per questo motivo i proprietari si oppongono fermamente alla costruzione di nuovi immobili, in particolar modo se si tratta di unità abitative più capienti a parità di suolo occupato, e quindi meno costose per gli acquirenti.
Questo attrarrebbe in particolar modo nuovi residenti a basso reddito, finora tagliati fuori dal mercato immobiliare. Agli occhi di molti proprietari locali questo significa far peggiorare la qualità del vicinato e, di riflesso, far calare il valore degli immobili, già pagati a carissimo prezzo. Non solo, aumentando la densità di abitanti per chilometro quadrato aumenterebbero anche il traffico e si saturerebbero i servizi presenti, causando un ulteriore calo della quotazione delle case preesistenti.
Chi deve prendere questo tipo di decisioni sono – in ultima istanza – i politici, che devono la loro carica proprio ai voti di chi si oppone all'abolizione delle zonizzazioni. Un cane che si morde la coda, e che impedisce l'implementazione di reali soluzioni.
Ad esempio, il sindaco di San Josè preferisce un metodo alternativo al cambio di destinazione delle zone, ovvero incentivare i proprietari di villette monofamiliari a costruire delle dépendance sul loro terreno da poter affittare a canoni calmierati. Tuttavia, riuscire a motivare i proprietari a rinunciare a una quota della propria privacy (e a investire tempo e denaro in queste soluzioni) è tutt'altro che scontato.
Il ruolo delle big tech e la ricaduta sociale
La concentrazione di così tante aziende concorrenti nello stesso posto può sembrare illogica. Dopotutto, perché scegliere come sede una zona dove si trovano già i propri più acerrimi avversari e dove la lotta per attrarre nuovi talenti è accesissima?
Eppure, non è un controsenso. Costruire la propria sede nella Silicon Valley significa accedere alle reti sociali nelle quali si trovano fisicamente i migliori talenti del mondo quando si parla di tecnologia. In questo ambiente le idee circolano, si contaminano, si sviluppano e trovano rapidamente finanziatori e mercato.
Un humus insostituibile dove far mettere radici a un'azienda che si occupa di tecnologia, senza contare la qualità delle università nelle vicinanze: Stanford, Berkeley, San José, Santa Cruz. Tutti istituti di altissimo livello che sfornano cervelli per aziende del calibro di Google o Apple.
Per questo motivo il ruolo delle grandi aziende della tecnologia per quanto riguarda la crisi immobiliare è cruciale. Dove si trovano le sedi di queste grandi corporation il valore delle case schizza alle stelle. Ad esempio, una casa di pari livello può costare fino a quattrocento mila dollari in più rispetto alla media di San Francisco se si trova nelle vicinanze della sede di Apple, così come le case nei dintorni della sede di Google costano in media il triplo delle contee adiacenti.
La zona di San Francisco, dove si trova la Silicon Valley, è la città più costosa in cui costruire e batte New York, Londra, Zurigo e Hong Kong secondo la classifica stilata da Turner & Townsend.
Le ricadute sociali
Questo aumento incontrollato dei prezzi genera problemi sociali. Quando la sede di una big tech viene costruita il valore degli immobili vicini schizza alle stelle e il costo degli affitti diventa insostenibile per i residenti a basso reddito, che di fatto sono obbligati ad andarsene altrove. Molti di loro si trasferiscono in contee più distanti entrando a far parte dell’enorme flusso dei pendolari. Molti altri diventano dei senzatetto.
Si tratta di numeri vertiginosi: nel 2019 il numero di homeless, appunto i senzatetto, nella contea di Santa Clara ammontava a poco meno di diecimila persone, in aumento di circa duemila cinquecento unità rispetto a soli due anni prima e la situazione nel frattempo sembra essere peggiorata.
Non è un problema legato alla povertà in senso stretto: il 66% dei senzatetto dichiara che non è la mancanza di lavoro a causare la loro situazione quanto l'impossibilita fisica di trovare alloggio a causa dei costi insostenibili degli affitti. Nemmeno i ben remunerati lavoratori del tech ne sono esenti, anzi: molti sono costretti a dormire in camper e furgoni nei pressi delle aziende per cui lavorano.
Il problema si riflette anche nei giovanissimi. Il tasso di abbandono scolastico aumenta di anno in anno e una ricerca evidenzia come questo fenomeno sia collegato alla crisi immobiliare che mette in ginocchio le famiglie.
Molte big tech cercano di arginare il problema direttamente, impegnando somme colossali. Negli ultimi due anni Google, Apple e Meta hanno dedicato quattro miliardi e mezzo di dollari alla costruzione di nuove case, raggiungendo però solo una frazione della domanda reale, che è molto più massiccia.
Purtroppo, sia questo grande sforzo economico delle big tech che le politiche finora implementate sembrano più che altro dei palliativi. Nonostante tutto, di fronte dell'enorme richiesta di case le nuove costruzioni agevolate dagli incentivi delle municipalità locali non riescono a sopperire alla domanda e si limitano a rallentare il problema senza invertirne la tendenza.
Nel frattempo, sempre più persone decidono di andarsene dalla Silicon Valley a causa dei costi proibitivi, e ogni anno molti altri rinunciano a trasferirvisi a causa dell'impossibilità di trovare casa. Una fuga di cervelli colossale, che può solo peggiorare finché non verranno implementate politiche drastiche in merito.
O, in alternativa, finché le big tech non riterranno più conveniente spostare la propria sede altrove, facendo esplodere la bolla.
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