Kamalanomics o Trumponomics 2.0: quale idea convincerà i cittadini statunitensi?
Le proposte economiche isolazioniste e protezioniste di Trump si contrappongono a quelle leggermente populiste di Harris
Mancano meno di due mesi a martedì 5 novembre, giorno in cui i cittadini statunitensi voteranno per eleggere una seconda volta Donald Trump, candidato repubblicano, o Kamala Harris, candidata democratica che diventerebbe la prima donna Presidente degli Stati Uniti dopo il ritiro a luglio dell’attuale Presidente Biden. I temi su cui i candidati stanno facendo campagna elettorale vanno dai diritti civili alla politica estera con le guerre in Palestina e in Ucraina, ma l’argomento che interessa di più agli statunitensi è l’economia.
Durante il mandato corrente di Biden, gli Stati Uniti si sono ripresi del tutto dal momento di enorme difficoltà della pandemia e sono riusciti a raggiungere risultati record. Il tasso di disoccupazione è rimasto sotto il 4 per cento per trenta mesi di fila, la striscia più duratura degli ultimi cinquant’anni. A differenza di Donald Trump, che ha sempre detto in campagna elettorale di occuparsi di tutti gli statunitensi salvo poi fare soltanto gli interessi delle persone ricche durante il suo mandato, Biden ha utilizzato molte risorse del governo federale per fare grandi investimenti in infrastrutture, nel settore manifatturiero, nell’energia e nell’assistenza alle famiglie. Secondo le dichiarazioni e la prima agenda economica rilasciata da Harris, l'obiettivo principale dei democratici è quello di risollevare la classe media, un gruppo che secondo i dati coinvolge il 51 per cento della popolazione e che sta facendo i conti con un tasso di inflazione che ha superato anche il 9 per cento nel 2022 e che tuttora si aggira intorno al 3 per cento. Harris e Walz, candidato Vicepresidente per i democratici, hanno anche in mente di facilitare l’accesso ai finanziamenti per i piccoli imprenditori e di risolvere un altro tema molto sentito negli Stati Uniti, ossia quello della mancanza di case. Stando a quanto riportato dall’agenda di Harris e Walz, i fondi per la costruzione di nuove case verranno raddoppiati rispetto a quelli della presidenza Biden.
Trump ha parlato delle proprie proposte economiche per un secondo mandato presidenziale all’Economic Club di New York. Tra le varie misure annunciate ci sarebbero l’abbassamento dell’aliquota di imposta sulle aziende dal 21 al 15 per cento e tassi di interesse più bassi, senza spiegare minimamente in che modo questo sarebbe possibile, considerato che di politica monetaria si occupa direttamente la Federal Reserve, la banca centrale statunitense. Trump vorrebbe anche istituire una Commissione per l’efficienza guidata da Elon Musk, l’ideatore stesso di questo organo aggiuntivo di governo. L’obiettivo primario di questa commissione, secondo Trump, sarebbe quello di risparmiare miliardi di dollari. L’ex Presidente vorrebbe anche includere tariffe di circa il 20 per cento sulle importazioni, arrivando perfino al 60 per cento nel caso di prodotti cinesi, in un’ottica protezionista e isolazionista che rischierebbe di danneggiare gli Stati Uniti stessi. Secondo gli esperti, le politiche economiche di Trump potrebbero portare gli Stati Uniti in una guerra commerciale che finirebbe inevitabilmente per aumentare l’inflazione – ossia l’aumento generale e prolungato dei prezzi che diminuisce la possibilità di acquistare beni – e indebolire l’economia.
L’approccio all’economia è chiaro già nella fase di campagna elettorale: mentre Harris vuole aumentare le imposte sulle aziende e sui guadagni degli investimenti dei cittadini che hanno più di 100 milioni di dollari per aiutare la classe media, Trump vuole continuare a tassare meno le aziende e le persone più ricche del Paese. Harris persegue l’obiettivo di ricavare soldi da investire concretamente in infrastrutture e nuove case. Trump, per quanto proclami di voler aiutare i più poveri, non può oggettivamente fare entrambe le cose. Se la differenza non è chiara adesso agli elettori, lo sarà sicuramente più avanti, quando la mancanza di fondi per le case e per le infrastrutture, nel caso di una vittoria repubblicana, obbligherà il governo di Trump a far fronte alla mancanza di soldi per realizzare i programmi promessi in campagna elettorale.
C’è solo un aspetto su cui Kamala Harris e Donald Trump vanno d’accordo: la tassazione sulle mance, che negli Stati Uniti rappresentano uno dei meccanismi fondamentali per molti lavori. Entrambi vogliono eliminare la tassazione sulle mance, ma vorrebbero farlo in modi diversi e ancora non definiti chiaramente. Alcuni dei rischi che potrebbero derivare dalla mancanza di tassazione sulle mance sarebbero quelli di avere meno fondi dal pagamento delle tasse e l’incentivo da parte di alcuni lavoratori a percepire la maggior parte dello stipendio sotto forma di mancia stessa, così da ricevere quella parte di denaro in modo netto. Sono tutte proposte di agende economiche che cercano di indirizzare le elezioni presidenziali da una parte o dall’altra, in un momento in cui la polarizzazione politica è massima e in cui i due candidati sono sempre in una posizione di equilibrio: il giorno prima del primo dibattito tra i due candidati, che verrà trasmesso alle tre di notte ora italiana dall’emittente televisiva statunitense ABC News, Harris è in vantaggio di due punti percentuali.