Joe Manchin e la scusa della politica bipartisan che frena la lotta al cambiamento climatico
Il potente senatore della Virginia Occidentale tiene in ostaggio l'agenda climatica dell'amministrazione Biden e dei democratici. Per quale motivo?
È con un solo voto di scarto che un mese fa il Senato degli Stati Uniti ha approvato un pacchetto di 3,5 mila miliardi destinato a rivoluzionare l'agenda sociale del Paese sul fronte della lotta al cambiamento climatico, della sanità, dell'istruzione e del contrasto alla povertà.
Un risultato parziale e inaspettato, a fronte di un successo che è tutto nelle mani di Joe Manchin, senatore democratico della Virginia Occidentale, legato all'industria carbonifera dello Stato da cui proviene, di cui ha fatto gli interessi negli ultimi vent'anni.
Ora, all'inizio di una lunga fase di negoziati, sembra che non gli dispiaccia essere l'ago della bilancia. E così ha dato voce alle sue perplessità, raccolte in un editoriale del WSJ di alcuni giorni fa, nel quale ha affermato di non voler assumere una posizione definitiva finché non sarà a conoscenza di maggiori dettagli sul piano di investimenti, avvertendo i democratici dell'impatto che la nuova spesa potrebbe avere sul deficit federale.
Una riflessione incentrata sull'uso iperbolico della parola trillions (bilioni), volto a evidenziare una presunta incompatibilità tra le reali disponibilità finanziarie del Paese e le misure che i democratici vorrebbero mettere in atto nei successivi dieci anni. Un lasso di tempo più che congruo a realizzare investimenti adatti a garantire interventi su tutto il territorio, dotando gli Stati maggiormente colpiti dalla crisi climatica di infrastrutture solide e moderne.
Quella che Manchin definisce «pausa strategica» è, più verosimilmente, un tentativo di salvaguardare i propri interessi e quelli della sua famiglia, che per anni ha costruito la propria fortuna sulle riserve di carbone del West Virginia.
Certo, il Senatore non è nuovo ad atteggiamenti conservatori sull'abbandono dei combustibili fossili. Ed è pur noto che lui stesso, negli anni Ottanta, ha potuto trarre profitto dalle risorse carbonifere del suo territorio, fondando due società di gestione dei sistemi energetici, la Enersystems Inc. e la Farmington Resources Inc., entrambe con sede a Fairmont (non molto lontano dalla sua città natale, Farmington).
La prima delle due società si occupa di acquistare carbone di scarto delle miniere per rivenderlo alle compagnie energetiche come combustibile mentre la Farmington Resources si dedica all'estrazione mineraria e di petrolio e gas, fornendo anche attività di supporto ad altre aziende relativamente alle attività di estrazione.
Secondo una recente inchiesta di The Intercept sulle attività finanziarie e sulle società di proprietà della famiglia Manchin, solo nell'area di Barrackville, dove si trova uno dei principali siti minerari della zona di Fairmont, la Enersystems avrebbe sulle spalle cinque incidenti sul lavoro, un decesso e più di trenta violazioni della sicurezza dal 2000 ad oggi.
La miniera di Barrackville dalla quale si rifornisce la società è stata citata in giudizio dall'Environmental Protection Agency (EPA) nel 2018 e nel 2019 per non aver presentato i documenti trimestrali sugli effluenti scaricati in fase di estrazione del carbonio. E quando nel 2020 la miniera ha finalmente depositato i report richiesti, sono stati rilevati livelli di manganese e altri metalli pesanti tossici che superavano del 600% i limiti imposti dal Clean Water Act.
Nello stesso periodo a Maidsville, il principale sito dove Enersystems opera, vi sarebbero stati due decessi e più di quaranta violazioni, parte delle quali dovute allo scarico di acque reflue negli affluenti del fiume Monongahela.
Tuttavia i dati più raccapriccianti provengono da una delle centrali a carbone più inquinate del West Virginia, la Grant Town, dove viene indirizzato tutto il carbone a bassa qualità recuperato dalla Enersystems. Secondo i dati (fermi al 2018) raccolti dal Sierra Club del West Virginia, la centrale emette il più alto tasso di anidride solforosa e protossido di azoto per unità di energia di tutto lo Stato. Numeri che sarebbero associati a circa 196 milioni di dollari in danni, solo nel 2019.
Sebbene Manchin abbia formalmente ceduto il controllo della Enersystems a suo figlio nel 2000 – trasferendo le sue quote a un blind trust –, nel periodo in cui era in carica come governatore dello Stato (dal 2005 al 2010) ha continuato a trarre profitto dai guadagni della società.
Durante i suoi due mandati da governatore del Mountain State (il secondo conclusosi nel 2010, quando riuscì a farsi eleggere al Senato, subentrando al decano Robert Byrd), ha sempre cercato di tenere il piede in due scarpe, da un lato strizzando l'occhio all'industria del carbone, dall'altro, ad esempio, esprimendosi a favore della costruzione di impianti eolici nello Stato.
Un atteggiamento ambivalente che gli ha fatto guadagnare il supporto della popolazione del West Virginia e che soprattutto gli ha consentito di tutelare i suoi interessi nell'ultimo ventennio. Se quanto sopra riportato non è sufficiente per convincersene, basterà ricordare i suoi tentativi per ostacolare in tutti i modi l'EPA dall'apporre un veto retroattivo sui permessi di rimozione di carbone dalle cime delle montagne (una tecnica di rimozione considerata illegale praticamente ovunque) durante l'amministrazione Obama.
Nelle vesti di paladino della difesa degli interessi dei minatori del suo West Virginia, di cui si è sempre fatto portavoce al Senato, non ha saputo (o voluto) comprendere quanto l'industria fosse già in piena crisi. Da quando le risorse carbonifere sono diminuite drasticamente e il lavoro manuale è stato sostituito dall'automazione, la maggior parte delle persone impiegate nel settore ha dovuto ripiegare su altre occupazioni, senza alcune prospettive di crescita lavorativa.
L'etica conservatrice di Manchin lo ha reso cieco di fronte a un cambiamento irreversibile, intrappolandolo in un tempo e in uno spazio (gli anni Settanta?) lontani dal clima fazioso in cui si sono riparati l'elefante e l'asinello negli ultimi anni. Soprattutto in un Senato spaccato a metà, dove è sempre più difficile trovare uno spazio per i moderati.
Il suo atteggiamento bipartisan, poi, gli ha inevitabilmente attirato l'ira dei più progressisti, prima fra tutte Alexandria Ocasio-Cortez, che in un recente tweet ha contestato le sue ultime dichiarazioni, facendo riferimento agli incontri settimanali che il senatore avrebbe con i lobbisti di Exxon, secondo quanto riportato da una recente inchiesta di Green Peace.
Per Manchin è ora di fare i conti con il suo passato e presente, rivolgendosi al futuro. Un futuro in cui c'è veramente poco spazio per l'industria del carbone e per l'ostruzionismo à la McConnell.