Quattro galline
Uno dei più straordinari romanzi strani degli ultimi anni medita sull’esistenza dell’uomo attraverso l’universo delle galline.
Ladies and gentlemen,
welcome aboard the Jefferson Bookplane, la rubrica di Jefferson sulla letteratura americana (ma restiamo umili).
Semplice trama, profondo significato
Gli occhi di una gallina sono le ultime vestigia dei dinosauri, un minuscolo varco nella preistoria degli animali con il cervello grosso quanto una noce. Dagli occhi di una gallina non puoi spremere nessun significato, perché lì dentro di significati non ce ne sono. La follia oscura tutto.
p. 11
“Quattro galline” è l’esordio letterario dell’americana Jackie Polzin. Il primo aspetto che vi colpirà nel cominciare a leggere questo romanzo è l’assoluta semplicità della trama. Dimenticate pagine e pagine di nomi di persone e luoghi da ricordare o plot twist improvvisi. Questa è la storia di una coppia del Minnesota e delle loro quattro galline: Hennepin County, Gam Gam, Gloria e Testanera.
Nell’immergersi nelle prime pagine del libro, si avverte un iniziale senso di spaesamento. Personalmente, credo di avere provato quella strana sensazione del primo vero giorno di vacanza quando, messo da parte a fatica, il ritmo serrato del dovere, riusciamo finalmente ad acquisire quello più lungo e profondo del respiro. È il rilassamento tanto agognato durante l’anno. Un ritmo lento che incuriosisce.
Seguiamo da vicino la vita della protagonista, la sua preoccupazione per lo stato di salute delle sue galline, la cura e la pulizia del pollaio, la ricerca del giusto mangime, fino a entrare in punta di piedi nel suo atipico universo. Un universo dolce e incerto, fragile e ironico che incornicia un momento dell’esistenza di una donna che lotta contro l'assenza, contro la solitudine. Un’occasione per indagare le difficoltà di comunicazione della nostra epoca ma anche il modo di vivere la maternità agli inizi del XXI secolo e la necessità di prendersi cura degli altri.
Normalità spietata
Tutto ciò che entra nel pollaio prima o poi diventa polvere. È una metafora valida per tutte le cose del mondo, ma più veloce per le cose in un pollaio (…). La vita delle galline è governata dal fare, non dal sapere, per cui non possono evitare di ripetere all’infinito la stessa routine: spostare lo sporco da un punto all’altro.
p. 58
Appassionarsi alle vicende delle quattro galline ci permette anche di intuire come la loro esistenza - ma di fatto anche la nostra - sia totalmente casuale. Il microcosmo in cui vivono, solo apparentemente placido e inoffensivo, è in realtà pieno di insidie: volpi, corvi e procioni appostati, uomini insofferenti ai versi degli animali inconsapevoli, oggetti contundenti che cadono dall’alto.
Esattamente come le galline che non possono controllare nulla se non quello che hanno immediatamente davanti al becco, anche noi, nonostante i continui e impegnativi sforzi di mantenere il controllo, viviamo in balìa del caso e della fortuna. In questo senso, le galline protagoniste del romanzo trasmettono al lettore un senso di tenerezza e una voglia di protezione ancestrale. Sentimenti che mai, personalmente, avrei pensato di poter associare a questi animali.
Ogni volta che penso di conoscerle alla perfezione, le galline mi sorprendono.
p. 77
E così scopriamo che le galline possono essere anche ambiziose, che odiano stare da sole, che mangiano i sassi perché, essendo uccelli, triturano il cibo nel ventriglio; in più, temono il caldo ma hanno necessità di stare al sole e, osservando il colore delle orecchie (sì, a quanto pare le galline hanno le orecchie), si può dedurre quale sarà quello delle uova.
Con lo spirito curioso di un’esploratrice, la loro padrona umana studia anche se stessa, indagando affezioni e disaffezioni, intuisce che qualcosa manca, che un dolore nascosto ogni tanto torna a galla e che prendersi cura del suo piccolo pollaio è un modo pragmatico per non farsi travolgere dalla sofferenza di una mancata maternità. Le galline sono le compagne con cui condividere le difficoltà.
Uno stile indimenticabile
Se la relazione tra galline e parole non è chiara, si sa invece che le galline parlano solo del presente. Una gallina non parla del giorno prima, non parla del domani: parla del qui e ora. Io lo vedo. Lo sento. Non c’è altro.
p. 97
Ironico, tagliente, asciutto. Lo stile di Polzin conquista fin da subito il lettore perché è autentico, mai banale, ogni orpello retorico è eliminato per lasciare spazio alla verità cruda e schietta della natura. Sorprende la capacità dell’autrice di zoomare improvvisamente su un dettaglio microscopico e, da lì, allargare al massimo la riflessione su temi più ampi e filosofici ma mai gratuiti.
Che vitaccia, i vermi: un momento ci sono, quello dopo chissà.
Ecco, a commuovermi sono gli incontri casuali, il loro modo di esporre la natura ineluttabile e disperata delle cose: uova chiazzate sul pavimento del pollaio in mezzo al proprio liquido denso, un altarino a un angolo di strada, un ricordo grigio che sventola come la coda di un aquilone prigioniero.
p. 80
Non mancano le descrizioni scientifiche del mondo animale rivisitate in chiave scherzosa che regalano risate sincere e inaspettate.
Un manuale di sopravvivenza
Ammirevole e coraggiosa la scelta dell’autrice di dar voce a degli animali che siamo abituati a pensare non possano essere umanizzati facilmente o verso i quali sia difficile provare empatia.
La divisione del romanzo in brevi capitoli concisi dà quasi l’idea del diario, rende la lettura piacevole e invoglia ad assumere quel ritmo lento di cui la riflessione ha bisogno.
“Quattro galline” non è altro che la rappresentazione della nostra esistenza in cerca di risposte, il nostro pensiero fugace che si trasforma in meditazione, talvolta ironica, sullo scopo delle nostre vite, sui nostri obiettivi e sui nostri perché.
Un romanzo intelligente e diverso che ha il potere di riconnettere il lettore con se stesso. Una storia che si rivolge direttamente e senza mezzi termini al nostro io più profondo, spingendoci ad accettarne fragilità e debolezze, a godere a pieno del momento presente e delle piccole cose che diamo per scontate. Uno spunto delicato per guardare alla maternità da un punto di vista diverso, meno convenzionale (l’uovo covato dalla gallina) e per accogliere senza vergognarci il desiderio di amare e di essere amati, sentimenti che, pur essendo caratteristici dell’uomo, tendiamo spesso a soffocare.
Piccolo avvertimento: non guarderete mai più una gallina allo stesso modo e, probabilmente, è un bene.