Infowars, la guerra all’informazione di Alex Jones
L’ascesa del complottista più famoso d’America.
L’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 ha portato sulle prime pagine della stampa mondiale il movimento cospirazionista di estrema destra QAnon. Si è parlato in lungo ed in largo delle radici del movimento nella teoria cospirativa del Pizzagate, diffusasi all’indomani delle elezioni presidenziali del 2016, che voleva Hillary Clinton partecipante ad una setta satanica d’élite dedita al commercio e sfruttamento di minori. Si è parlato anche dell’’inquietante velocità con cui la narrativa di Q, iniziata da post troll sulla nota imageboard 8chan, si è estesa in modo capillare sui new media. È tuttavia nei ‘vecchi’ media, in particolare la radio, che si possono rilevare forme embrionali di quel cospirazionismo di estrema destra che già nei lunghi anni 90 , con il cosiddetto Militia Movement, incuteva terrore alla società civile americana. Il principale alfiere del complottismo a onde corte risponde ad un nome apparentemente blando: Alex Jones.
Jones inizia la sua carriera radiofonica ad Austin, Texas negli anni 90. Il ventenne Jones ha, a detta di suo padre, una particolare propensione al ranting, traducibile in italiano semplicemente come sproloquio, ma è molto di più i suoi show sono distinti da lunghi ed inarticolati vaneggi su temi cari alle audience conservatrici, mischiati con tematiche complottiste tipiche del periodo quali la sempreverde paranoia verso il New World Order, la paura per gli “elicotteri neri” ed altre manifestazioni quasi sovrannaturali di controllo governativo di cui spesso accusa l’amministrazione Clinton. Sono gli anni degli shock jock di destra come il defunto Rush Limbaugh, conduttori radiofonici che adottano volutamente comportamenti offensivi e politicamente scorretti per attrarre l’attenzione degli ascoltatori. Jones è inoltre influenzato dal popolare show radiofonico “Coast to Coast AM”, diretto dal teorico del compotto Art Bell, di cui è anche ospite più volte.
Tuttavia, al cospirazionismo apolitico e fantasioso di Bell, fatto tutto di cerchi nel grano e Bigfoot, Jones preferisce teorie fortemente antigovernative, affini a quelle promosse dai gruppi armati di estrema destra del sopracitato Militia Movement sorti in reazione all’amministrazione Clinton dopo i fatti di Waco.
Nel 1995, Jones sostiene che l’attentato dinamitardo compiuto dal miliziano Timothy McVeigh contro un edificio federale ad Oklahoma City e costato la vita a 168 persone è in realtà un false flag governativo, un’operazione dei servizi segreti al soldo dei poteri forti intenzionati ad infangare la reputazione del Militia Movement.
È con un altro supposto false flag che Jones diventa immensamente popolare: nei primi anni 2000 apre il sito internet Infowars dove rende popolari le teorie del complotto sull’11 settembre, legandole politicamente alla sua opposizione all’interventismo estero dell’amministrazione Bush ed attraendo un pubblico più eterogeneo e giovane. Jones, probabilmente conscio di ciò, inizia a sostenere di essere un libertarian. Il suo show promuove la campagna fallimentare di Ron Paul nel 2008, per poi dedicarsi ad un feroce accanimento contro la presidenza di Barack Obama: Jones è tra i vari popolarizzatori del birtherism, la teoria del complotto secondo cui il primo Presidente afroamericano fosse nato al di fuori del territorio nazionale americano, circostanza che lo squalificherebbe dall’ufficio presidenziale.
Con gli anni, i toni di Jones si fanno sempre più offensivi e noncuranti. Dopo il massacro compiuto da Adam Lanza nella scuola elementare Sandy Hook nel 2012, Jones accusa nuovamente il governo americano di aver compiuto un attacco false flag ed arriva a sostenere che i genitori affranti dei bambini intervistati dai network televisivi siano in realtà crisis actors, cioè figuranti in una messinscena pianificata per mobilitare l’opinione popolare contro il secondo emendamento e disarmare i patrioti americani critici delle azioni del governo Obama, dichiarazioni che lo porteranno ad essere citato in giudizio per diffamazione.
Alle sue teorie antigovernative, Jones abbina spesso elementi xenofobi, omofobi o altresì lesivi verso determinate minoranze. In una clip diventata presto virale, accusa il Pentagono di aver contaminato i sistemi acquiferi del paese con quella che ha chiamato una gay bomb, un’arma chimica sperimentale capace di indurre l’omosessualità: per corroborare le sue affermazioni, Jones si riferisce in modo colorito a supposti episodi di ermafroditismo nelle rane che sostiene siano legati al contatto con l’agente chimico
L’innaturalità dell’omosessualità compare spesso negli sproloqui di Jones, insieme a frequenti accuse di satanismo ai danni di esponenti politici del Partito Democratico americano, un filone che tornerà particolarmente in auge con il diffondersi della teoria del Pizzagate.
All’indomani delle elezioni del 2016, Infowars è già un colosso del cospirazionismo web. Jones ha più followers virtuali degli showmen conservatori di lunga data come il sopracitato Limbaugh e Glenn Beck, commercia integratori marchiati con il logo di Infowars che promettono “Super Mascolinità” ed ha assoldato una folta schiera di collaboratori e presentatori secondari, tra cui spicca l’irriverente Paul Joseph Watson, un giovane attivista alt-right britannico che raccoglie un folto stuolo di followers su Youtube. I contenuti di Watson riflettono un ulteriore spostamento delle narrative cospirazioniste predilette da Infowars: la paranoia verso l’immigrazione e la crisi dei rifugiati del 2015, viste come segno di un piano di Great Substitution, la sostituzione etnica ai danni delle popolazioni occidentali bianche, una teoria del complotto ben nota anche in Italia come Piano Kalergi). Inoltre, dà un forte sostegno alla Brexit come primo atto di liberazione dei popoli mondiali dal giogo del sistema, in questo caso rappresentato dall’Unione Europea.
Jones sostiene Trump sin dall’inizio delle primarie, lodando le sue idee isolazioniste e promuovendo diverse teorie del complotto ai danni degli elementi del GOP ostili alla candidatura del tycoon newyorchese e ad Hillary Clinton. Praticando un’intersezione con le dietrologie di alcuni sostenitori di Bernie Sanders, Jones spinge l’idea che la Democratic National Convention abbia tramato per assicurare la nomina della Clinton nelle primarie democratiche, promuovendo congetture infondate sulla morte di Seth Rich, giovane staffer democratico. Infowars popolarizza anche il Pizzagate, distanziandosi dalla teoria soltanto dopo l’irruzione di un uomo armato nel ristorante Comet Ping Pong.
Gli anni di Trump sono contemporaneamente lo zenit ed il nadir del profeta di Infowars. Le sue cospirazioni hanno facilmente penetrato la narrazione mainstream e vengono spesso riprese anche da emittenti nazionali quali Fox News. Cavalca agevolmente il fenomeno QAnon, arricchendolo di spunti e dichiarazioni assurde quali la presunta natura demoniaca del Procuratore SpecialeRobert Mueller, coinvolto nell’investigazione Russiagate. Sono anche gli anni in cui le aziende del settore tech iniziano a rendersi conto delle gravi conseguenze sociopolitiche di una mancata regolamentazione degli spazi web: a partire dal 2018, Infowars viene sistematicamente bannato dai principali social network e da Youtube, piattaforma principale con cui i contenuti di Jones raggiungevano nuovi spettatori.
Ogni impero, tuttavia, ha fasi decadenti che possono rivelarsi mortali. L’epidemia di COVID, che Jones cavalca schierandosi ovviamente su posizioni antivax ed affini alla medicina alternativa, finisce per banalizzare il contenuto delle sue trasmissioni. Jones diventa un imbonitore tra tanti. La sconfitta di Donald Trump alle elezioni del 2020 dà spunti a Jones per urlare al broglio, ma l’esito sovversivo della manifestazione pro-Trump del 6 gennaio al Campidoglio lo induce a distanziarsi dal movimento QAnon.
È impossibile dire con certezza a cosa creda realmente Alex Jones, e se i suoi famosi rant che inscena nelle sue lunghe trasmissioni siano soltanto parte di una finzione scenica, la maschera di un personaggio caricaturale e fuori dagli schemi. Ci sono dopotutto elementi per pensare che sotto la patina di pazzo furioso si nasconda un ciarlatano di prima categoria disposto a tutto per ottenere notorietà e soldi, anche al costo di alimentare narrative pericolose ed estremiste.
Un personaggio flessibile, che Jones riesce a adattare alle circostanze del momento ed alla cultura meme del nuovo millennio, mezzo con cui è riuscito a raggiungere audience giovanili disinteressate al mondo del cospirazionismo radiofonico.Fatta eccezione per una serie di citazioni in giudizio per diffamazione, Jones esce fondamentalmente impunito dal tracciato distruttivo di disinformazione che ha iniziato a seminare quando era ancora un giovane radioamatore di Austin. In un saggio pubblicato su International Communication Gazette, la studiosa della Drexler University Hilde Van den Bulck teorizza l’epopea di Jones come l’emanazione americana della tendenza populista globale: il vittimismo delle narrative nazionaliste bianche si sposa con le idee complottiste, il mancato rispetto per le autorità e la sensazione della perdita di controllo sul proprio mondo, sentimento che ha spesso motivato la white rage dei sostenitori di Trump.
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