Le origini dell'incarcerazione di massa
La storia di un problema giudiziario che trova le sue radici dalla fondazione degli Stati Uniti d’America.
Gli Stati Uniti d’America sono il Paese delle aziende high-tech, della diversità climatica, del turismo aerospaziale, dei festival come il Coachella. Gli Stati Uniti d’America sono l’American Dream di molti migranti, indipendentemente dalla nazionalità, dal colore della pelle o dalle aspirazioni personali. Eppure, sono anche il Paese con il più alto tasso di incarcerazione, la casa di un altissimo numero di persone incarcerate.
Nel 2020, secondo lo Statista Research Department, circa 2 milioni e 120 mila persone si trovavano nelle strutture penitenziarie federali o statali degli Stati Uniti. Tra gli stati con il più alto tasso di incarcerazione troviamo California, Florida e Texas: in tutti e tre si utilizza ancora la pena di morte.
Com’è nata questa tendenza di incarcerazione di massa?
L’approccio americano alla correzione e riabilitazione della popolazione incarcerata molto spesso presenta un’insufficiente motivazione per la sicurezza pubblica, finendo inevitabilmente a colpire le minoranze e presentando anno dopo anno pene sempre più severe.
Per capire il sistema penitenziario americano bisogna però tornare indietro nel tempo e partire dalla fondazione stessa degli Stati Uniti. Infatti, i Padri Fondatori, ribellandosi contro un sistema giuridico britannico che conferiva tutto il potere alla Corona, volevano un sistema giudiziario che proteggesse contro gli abusi di governo. Quattro dei primi dieci emendamenti alla Costituzione tutelano i diritti degli imputati o dei condannati.
Alexis de Tocqueville, famoso sociologo francese del XIX secolo, nel 1931 si recò in America proprio per studiare le prigioni e i penitenziari della nuova nazione e constatò che alcuni Stati tentavano di amministrare pene più umane rispetto a quelle del vecchio continente, come descritto nella sua opera Democracy in America. Ovviamente Tocqueville ebbe molto da criticare alla nuova nazione, come per esempio il legame degli Stati Uniti con la schiavitù, che si riflette tutt’oggi nelle condizioni e nella paga dei detenuti che lavorano durante i loro anni di pena.
Il tasso di incarcerazione americano continua a crescere a dismisura anno dopo anno, e attualmente è otto volte più alto di quello italiano e quindici volte più alto di quello giapponese. Perché? Gli Stati Uniti utilizzano il sistema penitenziario come una soluzione universale per ogni violazione del Codice Penale, che sia un’infrazione, un reato minore, reati in relazione alla droga e solo in fine reati violenti. Uno studio del 2016, condotto dal Brennan Center ha esaminato le condanne di 1,46 milioni di americani e ha scoperto che 576 mila persone, non essendo un pericolo alla sicurezza pubblica, avrebbero potuto esser puniti in modi meno dispendiosi e più umani come, per esempio, facendo servizio civile ed aiutando la comunità.
Dalla War on Crime alla War on Drugs
La tendenza di incarcerazione americana è inevitabilmente cresciuta a partire dagli anni Sessanta, quando si incaricarono gli ufficiali delle forze dell'ordine di risolvere i problemi della comunità. Johnson istituì la guerra nazionale al crimine come un attacco in stile guerriglia nei quartieri poveri, perlopiù abitati da afroamericani. Perciò, inondare le strade con la polizia, spesso in borghese, era la presunta soluzione alla cosiddetta crisi della criminalità americana.
Il successore di Johnson, Nixon, decise di combattere anche l’uso delle droghe illegali, e negli anni ’70 si diede il via alla War on Drugs, la guerra alle droghe, che iniziò nel giugno 1971 quando il Presidente dichiarò l'uso di sostanze stupefacenti come «nemico pubblico numero uno» e aumentò i finanziamenti federali per le agenzie di controllo e gli sforzi di trattamento della droga. Nel 1973 la Drug Enforcement Administration fu creata dalla fusione di tre dipartimenti: l’Office for Drug Abuse Law Enforcement, il Bureau of Narcotics and Dangerous Drugs e l’Office of Narcotics Intelligence.
La guerra alle droghe è stata una componente relativamente piccola degli sforzi delle forze dell'ordine federali fino alla presidenza di Ronald Reagan a partire dal 1981. Reagan ampliò notevolmente la portata della guerra alla droga, e la sua attenzione sulla punizione penale per il trattamento portò ad un massiccio aumento delle incarcerazioni per reati di droga non violenti, da 50 mila nel 1980 a 400 mila nel 1997.
Dall’Era dell’Incarcerazione all’Era della Riforma
Dagli anni Settanta la popolazione dietro le sbarre ha continuato a crescere drasticamente, e con essa sono cresciuti i movimenti sociali per la difesa dei diritti della popolazione incarcerata.
Infatti, con l’aumento della popolazione e il sovraffollamento delle strutture penitenziarie, molti diritti umani fondamentali sono venuti a mancare, come per esempio il diritto al cibo.
I pasti nelle strutture penitenziarie americane, che siano statali o federali, riscontrano molto spesso delle carenze proteiche creando così danni alla salute delle persone dietro le sbarre.
È stato stimato che, su più di 2 milioni di persone, almeno 80 mila soffrono di diabete, il quale molto spesso è una conseguenza dei terribili valori nutrizionali del cibo in prigione.
Solitary Confinement e il Prisoner Human Rights Movement del 2011
Nel 2011, nella Pelican Bay State Prison in California è sorto un movimento per i diritti, come risposta allo spostamento di moltissimi detenuti alle unità di isolamento, le quali non prevedono ora d’aria e che sono state già definite un trattamento inumano che potrebbe portare a rischi per la salute mentale.
L’obiettivo del movimento era quello di affrontare le inadeguatezze del Dipartimento di Correzione e Riabilitazione della California, tra cui i problemi sistemici delle prigioni di massima sicurezza, gli abusi di potere da parte del personale, ingiustizie, brutalità e violazioni dei diritti umani.
Per affrontare questi problemi, gli organizzatori del movimento sociale hanno chiesto il diritto di documentare ed esporre gli abusi e le violazioni, la fine della violenza e della brutalità da parte dei dipendenti della prigione e della polizia e il diritto alla sicurezza da rappresaglie, minacce e ricatti per tradire i compagni con false accuse.
La buona notizia è che finalmente la politica della giustizia penale ha iniziato a cambiare rotta. Tuttavia, senza uno sforzo sostenuto, questo slancio di riforma non sarà all'altezza. L'incarcerazione di massa è stata creata attraverso cambiamenti politici pluridecennali a livello nazionale, statale e locale. Porre fine a tale situazione richiederà politiche altrettanto lungimiranti.
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