In tempi difficili meglio essere amici: un bilancio dei rapporti tra Meloni e Biden
Nonostante i pronostici, finora i rapporti tra la premier e il Presidente degli Stati Uniti sono stati molto buoni. E la convenienza c'è per entrambi.
Joe Biden e Giorgia Meloni sono alleati, sono amici – a prescindere dal colore politico dei governi. Sono più vicini di quello che potevamo pensare, dall’Ucraina a Gaza alla Cina, dalla difesa dell’alleanza atlantica alle relazioni economiche. Evitati strategicamente i punti di rottura come l’aborto sicuro e legale e la difesa dei diritti della comunità Lgbtq+, il Presidente degli Stati Uniti e la Premier italiana hanno superato tutte le prove di lealtà. I rapporti Usa-Italia sono buoni – devono esserlo, conviene a entrambi: lui ha un alleato affidabile, lei rafforza il suo profilo internazionale. Qualcuno poteva pensare che non saremmo mai arrivati a questo punto, che il conservatorismo e le simpatie pro-russe della destra avrebbero marciato sulla Casa Bianca. Invece no.
Biden stesso si è mostrato inizialmente titubante. Subito dopo le elezioni politiche che hanno permesso a Meloni l’ingresso a Palazzo Chigi aveva descritto che quello che era successo in Italia come un rischio, qualcosa per cui essere poco ottimisti. Come la sagoma di Trump che si staglia di nuovo all’orizzonte. Tuttavia, la Premier non si è più fatta vedere trumpiana a cuor leggero.
La svolta atlantistica di Meloni nelle vesti di Presidente del Consiglio nasce da una ragionevole dose di prudenza e dalla consapevolezza che, dopo una marginalità decennale, una volta raggiunto il potere, questo non si spreca, va mantenuto. Dissiparlo così, per sbandierare di nuovo lo stemma di Trump e dell’isolazionismo e della paranoia complottista, sarebbe stato un errore. Ogni tanto ci cade ancora, impuntarsi sulle nomine del Parlamento Europeo infatti non le gioverà, e Meloni lo sa perché ha visto cosa invece può fare quando si converte ai valori dell’euro-atlantismo. Il suo forte investimento sulla Nato le impone di lasciare semmai al vice Matteo Salvini il compito di dirsi trumpiano senza remore.
«Ho una evidente sintonia con il Partito Repubblicano», dichiarava Meloni l’estate scorsa dopo essere stata accolta a Washington, «ma questo non mi impedisce di avere un ottimo rapporto con Biden». E questo lo diceva dopo aver incontrato il Presidente nello studio ovale, quando si facevano riprendere sorridenti e soddisfatti di aver sancito un’alleanza. Biden deve aver osservato la condotta di Meloni, deciso che nonostante i pronostici poteva fidarsi di lei. La sintonia è stata subito forte. «La prima volta che ti ho incontrata ho pensato di conoscerti da molto tempo», le ha detto il Presidente statunitense ricordando le origini italiane di parte della sua famiglia. È il momento in cui sono diventati “amici”. Biden ha elogiato Meloni per il fermo sostegno dell’Italia all’Ucraina ed entrambi i governi si sono impegnati a rafforzare le consultazioni bilaterali e multilaterali sulle opportunità e le sfide poste dalla Repubblica Popolare Cinese.
Quando a marzo di quest’anno la Premier è tornata da Biden, il bilancio dei rapporti è stato di nuovo positivo. Del suo viaggio negli Stati Uniti ricorderemo il bacio che il Presidente le ha stampato sulla testa, Meloni che abbassa lo sguardo e sorride imbarazzata, ma l’esito dell’incontro è stata una nuova vittoria per il governo italiano: Biden e Trudeau si sono complimentati per la capacità di leadership di Meloni in politica estera.
Il G7 del mese scorso ha confermato un’alleanza forte e consolidata. In occasione del vertice organizzato a Borgo Egnazia, Biden e Meloni hanno dimostrato di essere, almeno in politica estera, ancora dalla stessa parte. Ribadito il fermo sostegno all’Ucraina, i due leader hanno concordato sulla necessità di continuare a perseguire tutte le opzioni disponibili per imporre ulteriori costi alla “Russia e a coloro che sostengono la sua macchina da guerra”. Hanno sottolineato l’urgenza di garantire un accordo sugli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza e hanno parlato dei rispettivi sforzi per migliorare la sicurezza economica reciproca e per rispondere agli atti di coercizione economica. Il conservatorismo spinto di Meloni sui diritti civili potrebbe non essere il modo migliore per stringere i lacci che la legano a Biden, ma anche se dal documento finale firmato dai Sette Grandi sono spariti la parola “aborto” e i riferimenti sulla protezione dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, il Presidente, che ha fatto della libertà di scelta delle donne minacciata da Trump uno dei terreni di battaglia della campagna elettorale in vista del voto di novembre, ha assicurato che ci avrebbe parlato lui con Meloni. D’altronde sono amici.
Ed è importante che restino amici. Conviene più a lei che a lui, ma conviene anche a lui. La Premier lo aveva insinuato, l’estate scorsa: «in tempi difficili» – e lo sono – «sappiamo chi sono i nostri amici e credo che le nostre nazioni abbiano dimostrato che possono contare l’una sull’altra più di quanto qualcuno pensasse».