Il separatismo in Alberta rischia di esplodere
La crescita di un movimento con profonde radici a destra che cerca di staccare la provincia più filoamericana del Canada
La sorprendente sconfitta alle urne del Partito Conservatore di Pierre Poilievre in Canada desta parecchie riflessioni. A un primo sguardo si potrebbe pensare che il Paese si presenti unito di fronte alla retorica annessionista di Donald Trump, che ha di recente ripetutamente dichiarato che il Canada dovrebbe abbandonare la sua indipendenza e unirsi agli Stati Uniti come 51esimo stato. Il Presidente USA è arrivato addirittura a ironizzare sul tema sui suoi profili social, nonché a riferirsi più volte al primo ministro canadese con l’appellativo di “governatore”.
I canadesi, d’altra parte, hanno votato nuovamente un candidato che esprimesse l’indipendenza e la sovranità del Paese, nonostante il vincitore delle elezioni, il liberale Mark Carney, risenta ancora dell’influenza negativa dell’ex primo ministro Justin Trudeau. Tuttavia, uno sguardo alla mappa elettorale di questa elezione mostra in realtà un Paese più che mai polarizzato: il New Democratic Party e i Verdi hanno infatti perso seggi in favore di Conservatori e Liberali, avvicinando il quadro politico canadese al bipolarismo.
C’è di più: la distribuzione dei voti è disuniforme mostrando che le divisioni del Paese hanno una base geografica. Infatti nelle tre province di Alberta, Saskatchewan e Manitoba, situate nell’ovest del Paese, la maggioranza dei voti va ai Conservatori, mentre nel resto del Canada la vittoria è dei Liberali. Per queste province si può sospettare che l’interesse annessionistico di Donald Trump non faccia paura ma sia anzi benvisto.
In Alberta il desiderio di indipendenza ha infatti recentemente trovato rinnovato vigore dopo le dichiarazioni di Donald Trump. La proposta di annessione è oltremodo irrealistica per la maggioranza dei canadesi ma sembra, storicamente, trovare riscontro positivo nell’ovest del Canada. Sin dall’inizio del ventesimo secolo in Alberta sono infatti stati attivi movimenti separatisti, che dimostrano un debole attaccamento alla madrepatria.
Il separatismo moderno nasce negli anni ‘70 contro il National Energy Program (NEP) introdotto dal Primo Ministro liberale Pierre Trudeau, padre di Justin Trudeau. Il programma intendeva rendere il Canada autosufficiente per affrontare il pericolo delle crisi energetiche, talvolta causate dai Paesi OPEC, che mettevano a rischio la sicurezza dell’Occidente.
In un’intervista recente a Fox News l’avvocato Jeffrey Rath ha esposto in modo succinto, ma efficace le ragioni che ancora attualmente animano i propositi secessionisti dell’Alberta. In primo luogo vi è un’opposizione alla tendenza liberale ad adottare energie alternative al petrolio. Sin dall’introduzione della NEP la transizione ecologica ha rappresentato per gli abitanti dell’Alberta una minaccia al proprio stile di vita e alla propria prosperità economica, basata fortemente su idrocarburi e risorse naturali. La ricerca di fonti di energie alternative, nonché la gestione della controversa carbon tax sono spesso oggetto di fervide discussioni.
I secessionisti lamentano inoltre la politica federale degli equalization payments. Si tratta di versamenti provenienti dalla fiscalità generale che il governo federale distribuisce alle province meno abbienti al fine di permettere loro di parificare il livello dei servizi erogati ai cittadini. Dal momento che la provincia dell’Alberta è tra le più ricche del Paese, vi è, come frequente in molti movimenti secessionisti, la sensazione di essere la “gallina dalle uova d’oro”.
Il tema è caldo, e l’animo secessionista è più che mai in fermento: oltre a Rath, che ha promesso di condurre a Washington una delegazione di canadesi interessati ad avvicinare politicamente ed economicamente l’Alberta agli Stati Uniti, all’interno dello United Conservative Party (UCP, partito della premier dell’Alberta Danielle Smith) vi sono correnti indipendentiste. Un esempio è l’Alberta Prosperity Project, un gruppo pro-indipendenza guidato da Mitch Sylvester, un membro di punta dell’UCP.
La sfida potrebbe essere ardua, poiché, stando all’agenzia di sondaggi Angus Reid, il sentimento indipendentista era più forte nel 2019, quando fu rieletto primo ministro Justin Trudeau. Tuttavia, come del resto prima delle elezioni era stato suggerito, la speranza è che la vittoria dei liberali sia la scintilla che faccia rinascere il movimento. Questa ipotesi è stata però rigettata persino dal Conservatore Poilievre, che, nel tentativo di mostrarsi fedele all’unità nazionale, ha negato che un voto per i liberali sarebbe stato un voto per la secessione.