Il rapporto difficile tra l’IA e le assicurazioni sanitarie
L'intelligenza artificiale può essere un grande supporto alla medicina. Lo è un po' meno quando mette a repentaglio la salute e la vita dei pazienti

Nel suo libro Deep Medicine: How Artificial Intelligence Can Make Healthcare Human Again, pubblicato nel 2019, il cardiologo statunitense Eric Topol – uno dei massimi esperti sul futuro della medicina digitale – sostiene come l’intelligenza artificiale in medicina sia uno strumento utile per ristabilire la connessione tra il medico e il paziente. Una visione decisamente ottimistica e anche un po’ provocatoria a tratti, secondo la quale la velocità nell’elaborazione dei dati fornita dall’AI e la sua applicazione in vari campi della medicina possono restituire al medico il tempo da dedicare all’ascolto e all’empatia nei confronti del paziente. Scrive Topol che “i pazienti vivono in un mondo con dati insufficienti, tempo insufficiente, contesto insufficiente e presenza insufficiente. O, come dico io, un mondo di medicina superficiale”[1]. Aggiungendo: “Uno dei potenziali vantaggi più importanti dell’intelligenza artificiale in medicina è il dono del tempo”[2]. Nonostante non sia la panacea di tutti i mali legati alla superficialità della medicina o ai problemi dei sistemi sanitari, rimane comunque una possibilità da non lasciarsi sfuggire, anche se Topol mette in guardia sul rimanere in controllo dell’AI: la mente guidante deve essere ancora quella umana.
È innegabile che l’AI è entrata a gamba tesa nella rosa delle possibilità applicabili in medicina e ricerca. Per i frequentatori di congressi medici nazionali e internazionali, che siano medici e personale sanitario, aziende o giornalisti, è normale ormai trovare almeno un panel dedicato all’intelligenza artificiale. Topol non ha tutti i torti: ci sono applicazioni straordinariamente efficaci, che arrivano dove l’osservazione umana non riesce ad arrivare, specialmente nella diagnostica. Di converso, però, si può dire che l’intelligenza artificiale nel campo medico non è priva di ombre, anche piuttosto inquietanti, che mettono enormi paletti al tentativo di rendere la sanità e la salute di nuovo umane.
L’intelligenza artificiale ha iniziato a essere utilizzata estensivamente dalle assicurazioni sanitarie per processare le domande di rimborso, che spesso vengono negate. La questione era tornata al centro del dibattito all’indomani dell’omicidio del CEO di UnitedHealth Group Brian Thompson da parte di Luigi Mangione. La compagnia assicurativa del Minnesota è infatti coinvolta in una class action insieme a Humana e Cigna, per aver fatto affidamento ad algoritmi per negare cure salvavita. Come riporta The Guardian citando un’inchiesta di ProPublica, una delle cause legali sostiene che, usando l’algoritmo, Cigna abbia respinto oltre 300.000 richieste di rimborso in un periodo di due mesi. Proprio UnitedHealth avrebbe utilizzato un software AI, nH Predict, con il 90 per cento di margine di errore. Questo avviene anche nelle cosiddette autorizzazioni preventive (prior authorizations), che vengono inoltrate dai medici prima dei trattamenti. Le compagnie hanno ovviamente negato, sostenendo che l’uso degli algoritmi è solo di tipo supportivo e non esclusivo.
Come hanno osservato alcuni sondaggi[3] condotti da KFF, i ricorsi tra chi ha acquistato un’assicurazione su HealthCare.gov e chi ha Medicare Advantage (considerabile un’offerta premium di Medicare, gestita dalle assicurazioni private) sono bassissimi. Questo perché ingaggiare una lotta legale del genere richiede tempo, risorse e volontà di destreggiarsi in un dedalo burocratico schiacciante che molti non hanno intenzione di affrontare. Questo significa però che moltissimi americani, comprese persone fragili come gli anziani, si sono trovati con fatture mediche per cure necessarie e in situazioni di emergenza con cifre a cinque zeri.
L’amministrazione Biden aveva iniziato a occuparsi della questione con un ordine esecutivo del 2023 e la preoccupazione è salita anche dall’organo competente per la supervisione del sistema di copertura federale Medicare, i Centers for Medicare & Medicaid Services (CMS), che – come riporta il Financial Times – ha pubblicato delle linee guida nel 2023 raccomandando la revisione caso per caso delle richieste di rimborso sanitario. Trump ha revocato l’ordine esecutivo di Biden lo scorso gennaio, rimpiazzandolo con la richiesta di un piano d’azione entro la metà dell’anno.
La preoccupazione arriva anche, e soprattutto, dalla comunità medica. Secondo un sondaggio condotto dall’American Medical Association (AMA), tre medici su cinque temono che l’uso dell’intelligenza artificiale da parte delle assicurazioni stia aumentando i dinieghi di rimborsi autorizzazioni preventivi, peggiorando la condizione dei pazienti con danni evitabili e aumentando gli sprechi di risorse, non solo economiche ma anche sanitarie. La stessa preoccupazione è emersa in un articolo[4] pubblicato su Jama in cui si denuncia come l’uso estensivo dell’AI nel processamento delle domande di rimborso o autorizzazioni preventive sia un problema da non sottovalutare, specialmente nei piani Medicare Advantage, e come la trasparenza debba essere al centro. Trasparenza che non esclude l’uso di un algoritmo, ma ne auspica un utilizzo etico e dalla parte del paziente. Gli stessi pazienti, come dimostrato da un sondaggio di Pew Research del 2023, si sono detti a disagio nell’eventualità che gli operatori sanitari utilizzino l’IA, con una percentuale minore speranzosa per un’integrazione positiva nel sistema sanitario.
Infine, c’è sul campo la possibilità che l’AI generativa possa tornare utile nel contrastare gli algoritmi utilizzati per negare autorizzazioni e rimborsi, come fa quella proposta da Waystar, compagnia di pagamenti sanitari, in quella che potremmo effettivamente definire una guerra delle macchine. Altre startup stanno emergendo sempre più in questo settore.
Le affermazioni di Topol, che scriveva agli albori dell’intelligenza artificiale in medicina, sono parzialmente invecchiate male alla luce di queste problematiche. Il dono del tempo non sembra dunque in mano a medici e pazienti. Al contrario, sembra dalla parte delle compagnie assicurative. Per quanto riguarda l’empatia invece, che è un’emozione puramente umana, le macchine non possono provarla, ed è facile far dire quel no che svolta la vita a una persona malata e bisognosa da una serie di righe di calcolo. Ma anche qui forse Topol non ha completamente torto: l’empatia, essendo umana, è in mano ai medici e questa è una loro battaglia. La battaglia per far tenere le macchine al servizio degli esseri umani, evitando il contrario.
[1] E. Topol, Deep Medicine: How Artificial Intelligence Can Make Healthcare Human Again, 2019, Basic Books, p.31
[2] E. Topol, p. 285
[3] Lo J. et al, Claims Denials and Appeals in ACA Marketplace Plans in 2023, 2025, KFF, https://www.kff.org/private-insurance/issue-brief/claims-denials-and-appeals-in-aca-marketplace-plans-in-2023/; Fuglesten Biniek J. et al, Medicare Advantage Insurers Made Nearly 50 Million Prior Authorization Determinations in 2023, 2025, KFF, https://www.kff.org/medicare/issue-brief/nearly-50-million-prior-authorization-requests-were-sent-to-medicare-advantage-insurers-in-2023/
[4] Mello MM, Rose S. Denial—Artificial Intelligence Tools and Health Insurance Coverage Decisions. JAMA Health Forum. 2024;5(3):e240622. doi:10.1001/jamahealthforum.2024.0622