Il peso del sostegno repubblicano all'Ucraina
Il Partito Democratico sostiene al momento lo sforzo bellico dell'Ucraina. Sarà decisivo però l'appoggio dell'opposizione conservatrice: il ruolo di Mitch McConnell
Il sostegno statunitense allo sforzo bellico dell’Ucraina aggredita un anno fa dalla Russia di Putin non ha subito particolari scossoni nel corso di questi dodici mesi. O almeno non ci sono stati come ci si sarebbe atteso: da un lato si credeva che l’ala progressista sarebbe stata “insofferente” alla pesante spesa militare nei confronti di Kiev mentre dall’altro lato l’ingombrante figura dell’ex presidente Donald Trump avrebbe chiuso per sempre le porte all’aiuto nei confronti della nazione invasa in nome della “stima” per Putin, da lui considerato “un vincente”. Non è andata così, anzi. Il presidente Joe Biden, visitando la capitale dell’Ucraina il 20 febbraio, prima volta che un presidente americano visita una zona di guerra non controllata dall’esercito statunitense, ha voluto in qualche modo celebrare una sorta di insperata unità politica al Congresso. Secondo un sondaggio di Fox News il 50% degli americani è favorevole a sostenere l’Ucraina “fino alla vittoria”, contro il 46% che preferirebbe un aiuto a tempo.
Cosa ne pensano gli elettori
Come rivelato da Donald Trump Jr., sarebbe quello il piano di un eventuale secondo mandato di Donald Trump: tagliare tutti gli aiuti all’amministrazione di Volodymyr Zelensky in modo da constringerlo obtorto collo a trattare con l’aggressore. Posizione che si ripercuote sull’opinione repubblicana: il 61% dei rispondenti all’indagine svolta dall’opinione conservatrice vorrebbe porre un limite di tempo al supporto fornito all’esercito ucraino.
Questo però non si ripercuote sul sostegno a Biden, anzi: rispetto allo scorso agosto 2022, il suo apprezzamento per la gestione della questione ucraina è cresciuto dal 40% al 48%, mentre i contrari alla sua linea sono calati dal 56% al 49%.
Oltre che tra i democratici e gli indipendenti, dove il sostegno a Biden è volato rispettivamente al 74% e al 41%, persino i repubblicani trovano apprezzabile la linea della Casa Bianca: il 24% di loro dà la sua approvazione all’operato di Biden.
Non stupisce più di tanto, dunque, che l’approvazione dello stesso presidente ucraino sia alta in tutti i gruppi politici americani: democratici, indipendenti e repubblicani lo sostengono con percentuali record, 85% per i dem, 66% per il GOP e 61% tra gli indipendenti.
Il baluardo McConnell
Chi è dunque l’argine al trumpismo tra i repubblicani, in questa fase? Di certo non il governatore Ron DeSantis, che ha dichiarato che il presidente Joe Biden si sarebbe dovuto recare non a Kiev, ma East Palestine, località dell’Ohio dov’è avvenuto un disastroso deragliamento ferroviario. Non lo ha detto però il leader al Senato Mitch McConnell: la nemesi dei dem durante gli otto anni di Obama, l’esponente politico che più di ogni altro ha simboleggiato agli occhi dei progressisti l’incarnazione del patto scellerato dei repubblicani con i donatori multimilionari prima e con Donald Trump poi.

Nel suo comunicato rilasciato il 24 febbraio, McConnell lascia i panni del grigio mestatore dei corridoi del Campidoglio per vestire quelli del “Cold Warrior” reaganiano o addirittura eisenhoweriano. Difficile non scorgere i toni idealistici in parole come «non è sufficiente fare le cose giuste: bisogna farle nei tempi giusti», periodo corroborato dalla frase «la strada della pace passa per fornire all’Ucraina i giusti strumenti per combattere». In questo periodo, infatti, McConnell è diventato un indispensabile alleato del presidente Joe Biden nel sostenere l’Ucraina. In modo più che proattivo: un’inchiesta del Post-Gazette di Pittsburgh ha rivelato che McConnell avrebbe collaborato direttamente con la presidenza dell'Ucraina per restituire al Paese gli asset confiscati agli oligarchi colpiti dalle sanzioni americane.
Quindi qualora McConnell non avesse sostenuto in prima persona le ragioni di Kiev, probabilmente Trump e i suoi alleati al Congresso, compreso il senatore Rick Scott, autore di un piano estremista redatto in occasione delle midterm dello scorso anno che prevedeva forti tagli al welfare (modificato di recente), avrebbero messo in difficoltà Biden. Il quale con McConnell non ha in comune solo la lunga carriera politica al servizio delle istituzioni politiche, ma anche una visione di un’altra era, dove l’America è la potenza mondiale che deve anche badare al suo standing ideale e non solo ai suoi interessi spiccioli dell’America First trumpiana.
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