Relocation: il lato triste dello sport USA
Storie di relocation: città che scompaiono e nuovi mercati
Gli sport USA rappresentano al meglio l’ideologia di “showbusiness” e spettacolo per gli occhi dei telespettatori, ancora prima della vera e propria competitività; pensiamo ad esempio al Super Bowl, il grande ballo del football USA, comprensivo dell’halftime show, visto anche dalle persone a cui non interessa il football americano, oppure alla spettacolarità delle partite NBA, completamente su un altro livello rispetto a qualsiasi altro campionato nazionale.
Lo sport USA presenta però anche dei lati “oscuri”: pensiamo ad esempio a tutte le polemiche riguardanti il tanking, ovvero le squadre che perdono apposta per arrivare ad avere la prima scelta al draft dell’anno dopo, oppure ai molteplici scandali relativi al doping avvenuti ad esempio nella MLB, ma fra tutti uno dei lati più tristi intorno al mondo dello sport USA è quello della relocation.
Le franchigie americane infatti sono delle vere e proprie macchine crea soldi, ed è spesso successo nel corso degli anni che un proprietario di una franchigia decidesse di trasferirla per andare magari in un mercato inesplorato fino a quel momento, oppure a causa dei difficili rapporti con la città in cui risiedeva prima, che non avrebbero permesso quindi di ottenere maggiori introiti; a rimetterci come spesso accade in queste situazioni sono i fan, che si vedono quindi “portare via” la squadra per cui hanno tifato magari fin da bambini, rimanendo senza sport nella propria città e dovendo quindi buttarsi o su altre squadre, magari anche distanti dalla propria città natale, oppure sulle squadre del college, presenti praticamente in ogni città americana.
Nel corso della storia americana ci sono stati dei trasferimenti di franchigia che sono rimasti impressi nella mente dei tifosi: pensiamo ad esempio ai Buffalo Braves, franchigia che giocava in NBA; nel 1970 l’NBA opta per un’espansione dei suoi team, concedendo quindi alla città di Buffalo la sua prima squadra NBA della storia: nascono così i Braves che nelle prime stagioni, dopo un paio di anni di assestamento, iniziano ad andare costantemente ai playoff, contro apparizioni consecutive dal ’74 al ’76. Il proprietario dei Braves però Paul Snyder, non è convinto della città di Buffalo e dopo la stagione del 1976 prova a trasferire la franchigia in California, da lui ritenuta migliore per il futuro economicamente; la città di Buffalo però non ci sta e fa causa a Snyder, che vede così frantumarsi il suo sogno, e decide di vendere la maggioranza delle proprie quote societarie a John Brown, già conosciuto nel mondo dello sport americano essendo stato presidente di una squadra dell’ABA, una delle leghe nate nel corso degli anni per fare concorrenza alla NBA, che mette in scena la prima “trade fra società”.
Brown infatti si mette in contatto con il proprietario dei Celtics Len Irvin, originario della California che accetta lo scambio di proprietà, finendo per trasferire gli allora Buffalo Braves a San Diego, dove daranno poi vita ai Los Angeles Clippers. A rimetterci naturalmente furono i tifosi dei Braves, che si videro “scippati” della propria franchigia, e che dal ’76 sono quindi senza una squadra professionistica di basket nella propria città.
Se quella dei Braves è la storia più assurda per le modalità con cui si è andata a creare, quella dei Seattle SuperSonics è sicuramente la più struggente; la città di Seattle è da sempre una delle culle dello sport USA, con una squadra in NFL, i Seahawks, una in MLB, i Marines, una in WNBA, le Storms, e recentemente una in NHL, con i Seattle Krakens che sono diventati al 32° squadra della NHL quest’anno, completando l’espansione iniziata qualche anno a che aveva portato alla creazione dei Las Vegas Knights. A mancare però nello scenario sportivo della città dello stato di Washington è l’NBA: fino al 2008 a Seattle giocavano i SuperSonics, una delle franchigie più affascinanti del panorama americano, vincitrice anche di un titolo NBA ed una delle rivali più importanti per i Bulls di Michael Jordan; nel 2004 l’allora proprietario dei Sonics iniziò ad intavolare una trattativa con la città di Seattle per rifare l’arena dei Sonics, nonostante l’ultima ristrutturazione risalisse al 1995.
La città di Seattle non acconsentì all’utilizzo di fondi pubblici e nel 2006 Schultz decise di vendere la franchigia ad un magnate originario di Oklahoma City, Clay Bennett; Bennett sembrava intenzionato a mantenere la franchigia a Seattle ma la realtà è che aveva già iniziato a trovare accordi con la città di Oklahoma City, ed a partire dal 20087 nacquero così gli Oklahoma City Thunder, dalle ceneri dei Seattle SuperSonics che lasciarono così la loro città natale, tra le proteste dei tifosi.
Dal 2008 sono continue le proteste degli appassionati, supportati anche da personaggi pubblici, che richiedono a gran voce il ritorno dei Sonics a Seattle, e l’attuale commissioner della NBA non ha mai chiuso definitivamente la porta ad un possibile ritorno, viste soprattutto le molte squadre NBA che potrebbero subire un trasferimento nei prossimi anni, come ad esempio i Sacramento Kings.
Il trasferimento delle franchigie non si ferma però solamente al mondo della NBA: pensiamo d esempio alla NFL, che ha visto anche squadre importanti come i Baltimore Colts, una delle franchigie più storiche della lega, trasferirsi a Indianapolis, anche loro a causa di problemi fra la proprietà e gli organi cittadini, con una vera e propria fuga organizzata nella notte, che diede così vita agli Indianapolis Colts e con la città di Baltimore che riuscì ad ottenere comunque una franchigia, grazie al trasferimento dei Browns da Cleveland. Nei tempi recenti non è molto migliorata la situazione, con ad esempio i Los Angeles Rams che si sono prima trasferiti a St. Louis, dove hanno vinto un Super Bowl per poi ritornare a Los Angeles recentemente, oppure pensiamo ad una franchigia storica come i Raiders: nati ad Oakland si trasferirono a Los Angeles, salvo poi tornare nuovamente ad Oakland, e trasferendosi poi definitivamente a Las Vegas, diventando la prima squadra di sempre della NFL nella città del Nevada, dove hanno potuto costruire un nuovo modernissimo stadio, e dove hanno trovato un mercato pronto a sbocciare.
La città di Oakland sembra un pò maledetta ultimamente: dopo aver dato l’addio ai Raiders, anche i Golden State Warriors, franchigia della NBA fra le più vincenti negli ultimi anni, si sono trasferiti a San Francisco; ad Oakland sono rimasti solamente gli Athletics, franchigia della MLB, che però sono al centro dell’attenzione negli ultimi anni: il proprietario vorrebbe costruire un nuovo stadio per la propria squadra, ma la Città di Oakland non sembra disposta a dare il via libera per l’utilizzo di fondi pubblici, con il grandissimo rischio di veder scomparire un’altra squadra sportiva da Oakland, avendo gli Athletics già minacciato di trasferire la franchigia in caso di un mancato accordo fra le parti.
A rimetterci saranno come sempre i tifosi, che potrebbero ritrovarsi nel giro di tre anni, senza nemmeno una squadra professionistica nella propria città, dopo averne avute tre contemporaneamente.