"Il giornalismo locale può aiutare le comunità"
Intervista ad Al Cross, storico cronista politico del Courier Journal di Louisville e fondatore dell'Institute of Rural Journalism dell'Università del Kentucky.
Le aree rurali americane sono quelle che negli ultimi vent’anni hanno visto maggiormente ridursi la presenza dei media sul loro territorio. Da un lato con la chiusura di un numero notevole di pubblicazioni: dal 2004 hanno chiuso circa 2mila 400 tra quotidiani e settimanali, per lo più in aree a bassa densità abitativa. Anche le stesse reti televisive locali hanno ridotto la loro copertura, centrando i loro uffici e i loro sforzi nelle zone metropolitane. Insomma, un rischio di cancellazione della storia di un territorio immenso, riscoperto periodicamente da reporter di testate nazionali che realizzano pezzi di colore per tentare di capire “l’America Profonda”. Tentativo sovente fallimentare, per via dell’approccio superficiale a ciò che meriterebbe una copertura continua. Non è una destino ineluttabile l’urbanizzazione del giornalismo, uno dei fenomeni che contribuisce in modo più significativo all’alienazione profonda delle aree rurali, che a quel punto cercano conforto anche nella demagogia, come nel caso di Donald Trump. Al Cross, storica firma politica del Courier Journal di Louisville per più di vent’anni, nel 2004 è stato il fondatore e il direttore dell’Institute for Rural Journalism dell’Università del Kentucky, con l’obiettivo proprio di invertire questa tendenza e far sì che i giornalisti locali diventino una figura chiave nella rinascita delle comunità.
Direttore Cross, quale progetto ha maggiormente segnato questa esperienza?
Sicuramente la costituzione di un giornale, il Midway Messenger, nella cittadina di Midway, nella contea di Woodford, circa 1600 abitanti, come un compito da assegnare agli studenti del corso che tenevo all’Università del Kentucky ed è durato per circa 14 anni. Adesso il giornale non esiste più, perché è stato assorbito dal Woodford Sun, l’unico giornale della contea, però l’istituto continua il suo lavoro su scala nazionale, aiutando i giornalisti a definire l’agenda delle loro comunità, curando le loro fonti primarie e leggendo da un punto di vista locali questioni riguardanti la legislazione federale, lo stato di un certo settore economico e altre cose. Ultimamente ci si è concentrati sulla sostenibilità di questo giornalismo rurale, aiutando le testate a sopravvivere e affrontare la sfida del digitale che ha contribuito a far chiudere molte di queste oppure a renderle dei “giornali fantasma”, involucri vuoti che mantengono il nome antico ma che sono gestiti altrove.
Quanto si è aggravato lo stato del giornalismo locale negli ultimi vent’anni?
Nel 2003 la situazione era ancora discretamente buona. Poi però sono arrivati Facebook e Google e le persone hanno iniziato a passare sempre più tempo su queste piattaforme, così i soldi della pubblicità sono andati lì e hanno cominciato a lasciare i giornali. Con la crisi economica del 2008 questo trend si è aggravato e così si è creato il terreno favorevole per la nascita del fenomeno di Donald Trump che ha nazionalizzato l’interesse delle persone che si sono disinteressate sempre più a ciò che accadeva intorno a loro.
E in Kentucky come vanno le cose?
Vivo nella capitale statale, Frankfort, una cittadina di 28mila persone. Qui sopravvive soltanto lo State Journal, un bisettimanale che funziona più che altro online. Nelle città più grandi la situazione è migliore, con il Lexington Herald Leader, un giornale del gruppo McClatchy che ha più abbonati digitali che cartacei. Anche a Louisiville il giornale da cui vengo, il Courier Journal, ha sempre più difficoltà a mantenere la propria tipografia e ora si servono da uno stabilimento di Knoxville, che è a quattro ore di distanza e ciò rende difficile la distribuzione.
Che cosa si può fare dunque per rovesciare la situazione?
Sono anni che vado in giro a dire alle persone che devo dare valore alle fonti locali d’informazione, che sono molto diverse dalle notizie inaffidabili che vengono fatte circolare sui social media. Le testate devono usare disciplina e rigore nel controllo delle notizie per mantenere la propria crediiblità nei confronti dei lettori e non puntare troppo sulle opinioni. Credo che molte testate abbiano fatto l’opposto, mentre il nucleo del giornalismo è quello dell’affidabilità delle notizie. Solo da quello si può ripartire.