Il dibattito sulla GPA visto da un papà arcobaleno di New York
"Il DDL sulla gestazione per altri è solo un modo per demonizzarci”
Il dibattito italiano sulla gestazione per altri come “reato universale” appare sempre più sradicato dalla realtà e, più si avvicina ad un disegno di legge, meno riflette le esperienze di chi ha davvero intrapreso un percorso di genitorialità tramite la GPA all’estero, in particolar modo in Paesi come gli USA e il Canada. Ne parliamo con Simone Somekh, scrittore, giornalista e papà arcobaleno. Vive a New York e lavora per un’azienda di software nel campo dell’intelligenza artificiale. Ha collaborato con Associated Press, Tablet Magazine e Forward. Con il suo romanzo Grandangolo (ed. Giuntina), tradotto in francese, tedesco e russo, ha vinto il Premio Viareggio Opera Prima.
NEW YORK
Da giornalista come ti approcci a una tema che ti tocca così da vicino come la GPA?
Simone Somekh: Da scrittore e giornalista, a prescindere dal tema di cui scrivo, cerco di distaccarmi dal soggetto, nel limite del possibile, per essere critico e oggettivo. Questa volta è più complicato. Da “papà arcobaleno” di una bambina nata tramite la GPA, sento il dovere di chiarire alcuni punti riguardo a questo tema di cui tanti scrivono e che pochi davvero conoscono.
Negli ultimi tre mesi, leggendo le discussioni sull’argomento sui maggiori quotidiani italiani e su Twitter, mi sono reso conto di quanto sradicato dalla realtà sia questo dibattito, che più si avvicina ad un concreto disegno di legge sul “reato universale”, meno riflette le esperienze di chi ha davvero intrapreso un percorso di genitorialità tramite la GPA all’estero, in particolar modo in Paesi sviluppati come gli USA e il Canada.
Che intendi con “sradicato dalla realtà”?
A partire dalle scelte lessicali: parlare di “utero in affitto” non è solo un modo di demonizzare chi lo pratica, ma anche un modo, seppur inconsapevole, di disumanizzare le donne che scelgono di fare il regalo più grande che possa esistere, il regalo della vita, della famiglia, del futuro.
Di questo tema si fa una frittata di inesattezze che confondono e influenzano l’opinione pubblica, non senza un pizzico di malizia. Si ammassano così le varie sfaccettature della questione in un grumo privo di distinzioni, mescolando gay e etero, Paesi diversi, GPA altruistica e a scopo di lucro. Fino a poco fa molti non conoscevano neanche la differenza (fondamentale) tra GPA tradizionale e gestazionale; quella tradizionale ormai non è quasi mai praticata. Anche quando si parla di Stati Uniti si generalizza, perché ogni stato ha leggi diverse riguardo alla GPA.
L’argomento principale usato dai critici della GPA è quello della tutela delle donne.
Stupisce che, nei fiumi di inchiostro sprecati sull’argomento, quasi mai vengono fatti parlare proprio i protagonisti di questa storia, ovvero le donne che si prestano alla GPA e i figli nati tramite questa pratica, alcuni dei quali, qui negli USA, ora sono già maggiorenni (da leggere il libro “DADS” del fotografo Bart Heynen).
Le donne che si prestano alla gestazione per altri non sono povere disperate che vendono il proprio corpo per mangiare; negli USA vigono leggi molto dettagliate sui contratti e sui requisiti. Le agenzie che fanno da intermediarie, inoltre, impongono requisiti per le surrogate; oltre a quelli medici, bisogna già essere madri e godere di stabilità economica. Basterebbe poco per umanizzare queste figure. Su YouTube e TikTok alcune hanno raccontato la loro storia anche nei dettagli più intimi, documentando tutto il percorso, che inizia ben prima del trasferimento dell’embrione e non termina mai, perché spesso restano in contatto, anche stretto, con i genitori intenzionali e il bambino nato tramite la GPA.
Nonostante io non voglia entrare nei dettagli della storia personale della mia famiglia (non me la sento di dare mia figlia in pasto ai troll in rete), sottolineo che abbiamo e continueremo ad avere un rapporto molto speciale con la donna che ha portato in grembo nostra figlia.
Cosa pensi della proposta del governo italiano riguardo il reato cosiddetto “universale”? Secondo te si rischia di porre un bersaglio sulle famiglie omogenitoriali?
De facto, il dibattito sul reato universale demonizza specificamente i papà arcobaleno e le coppie gay, perché, nonostante la stragrande maggioranza delle coppie italiane che ricorre a questa pratica sia eterosessuale, la GPA è molto più visibile nelle famiglie arcobaleno—per ragioni ovvie.
Se una coppia eterosessuale rientra in Italia con un bebè nato all’estero e con un certificato di nascita che elenca entrambi come genitori, difficilmente ad un impiegato d’ufficio in anagrafe verrà in mente di indagare se si tratti di GPA; qualora invece sia un papà single o una coppia gay a fare la stessa cosa, senza un certificato di adozione, risulta probabile si tratti di GPA.
Intanto mediaticamente l’iniziativa è già un successo.
Esatto. Anche se il DDL per rendere la GPA un reato universale non dovesse riuscire—come predicono alcuni giuristi—la destra avrà vinto la sua battaglia, perché sarà riuscita in due intenti: rendere mainstream un dibattito su una questione che di fatto coinvolge pochissimi italiani, dandole una copertura mediatica esagerata, inclusi servizi televisivi in prima serata e titoli in prima pagina nei giornali; e, di conseguenza, legittimare attacchi in pubblico a papà arcobaleno coi loro figli piccoli
A pagare il prezzo del “reato universale” finiranno per essere in maniera sproporzionata gli italiani omosessuali rispetto a quelli eterosessuali.
Più che una battaglia per i diritti delle donne - che sono già protette in Italia dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, entrata in vigore nel 2004 - il dibattito sul “reato universale” sembra essere una guerra alla popolazione LGBTQ e ad ogni tentativo di ampliare il concetto di “famiglia” per proteggere quella tradizionale sanzionata dalla Chiesa cattolica. Ricordiamo che gli stessi che ora sostengono “meglio l’adozione”, nel vicino 2016 rimossero le adozioni dalla legge sulle unioni civili.
Avresti timore a venire in Italia con la tua famiglia?
L’idea che in Italia io possa venire punito per una pratica legittima e legale negli USA è quasi ridicola, se non addirittura grottesca. Per quanto io ami il mio Paese natale, in Italia mi sono sempre sentito a disagio a vivere liberamente la mia identità; vivendo a New York da anni, e prima a Tel Aviv, dell’Italia non mi mancano gli epiteti omofobi per strada, e mi spiacerebbe esporre anche mia figlia a questo tipo di cultura omofoba e sessista. Per ora seguo attentamente le notizie. Se anche dovesse passare il decreto, penso seguirebbe un complesso iter giuridico anche a livello europeo.
Come vedi il dibattito online che sta avendo luogo in questi tempi?
Leggendo i dibattiti in rete, mi sono ritrovato poco, o per nulla, nelle descrizioni di padri egoisti, donne disperate, e bambini comprati. Raramente nei salotti televisivi sono state intervistate donne surrogate: siamo nel 2023, si può facilmente organizzare un collegamento in diretta con gli USA. E vedo un blocco, un’impossibilità di riconoscere una realtà diversa dalle aspettative, da parte degli opinionisti di turno.
Su Twitter, sotto i tweet che parlano di GPA, è difficile contare il numero di attacchi ed impeti contro la pratica. Qualcuno scrive: “Ridurre donne povere e disperate in merci, incubatrici per persone ricche che pur di soddisfare i propri desideri comprano due esseri umani dovrebbe essere vietato … la schiavitù delle donne è un orrore”. Un altro utente: “L’utero in affitto riduce la donna a una macchina di produzione, a una meccanica fabbrica di bambini”. E poi, puntuale: “Utero in affitto è quello che vuole il vostro padrone Soros”.
Com’è invece il dibattito negli Stati Uniti a riguardo, soprattutto negli stati dove la pratica è consentita?
L’americano medio, anche di destra, non vede la GPA come un problema, così come sono meno prominenti i dibattiti sulla fecondazione in vitro. C’è una differenza di base sull’importanza che gli americani attribuiscono alla libertà individuale; per esempio, qui una donna può liberamente scegliere di diventare madre single utilizzando lo sperma di un donatore. Conosco più donne che l’hanno fatto; la società tende ad applaudire queste scelte invece di stigmatizzarle. Le battaglie culturali della destra al momento riguardano più l’aborto, l’educazione sessuale nelle scuole e il dibattito sulle persone transgender.
La GPA rimane comunque una pratica su cui è naturale avere dubbi morali ed etici.
È legittimo nutrire dubbi sull’eticità di questa pratica, ed è vero che, se non vi sono leggi ben scritte che definiscono bene i limiti della legalità, possono verificarsi situazioni altamente problematiche di iniquità e sfruttamento dei poveri. Le questioni etiche si pongono soprattutto in Paesi in via di sviluppo come l’India, o anche in Ucraina, dove però solo coppie eterosessuali possono accedere alla GPA. Ma quando spiego che in Canada, ad esempio, è legale solo in forma altruistica, o che negli USA le leggi che la consentono sono molto dettagliate, i leoni da tastiera non demordono.
Secondo te cos’è che scatena di più gli hater?
Forse infastidisce che gli omosessuali—che agli occhi di molti dovrebbero vivere il loro orientamento sessuale nel silenzio e nell’ombra—oggi possano sposarsi, formare famiglia, crescere figli. Fa rabbia che, se non gli è permesso a casa, loro vadano a trovare soluzioni alternative all’estero. E forse infastidisce anche l’idea che alcune persone (gay, perlopiù!) abbiano risorse economiche tali da poter spendere cifre che in Italia sono effettivamente insolite. In città come New York e San Francisco, però, queste cifre non sono così straordinarie, soprattutto per chi lavora in settori lucrativi come l’high-tech, la medicina, la finanza, la consulenza, l’avvocatura e così via.
E che dire dei diritti dei bambini? Se si avesse davvero a cuore il futuro dei bambini, si garantirebbe loro il diritto di avere due genitori, che siano essi biologici, intenzionali o adottivi, che siano uomini o donne, o che siano sposati o single.
Bisogna partire dai dati, dai fatti, dalle informazioni; tutto il resto è rumore.
Invece si tratta proprio di "utero in affitto", l'utero di poveracce rese schiave, un'ulteriore deriva liberista di una sedicente sinistra che offre l'ennesimo goal a porta vuota alla destra postfascista.