Il destino comune di Biden con Macron e Scholz
I tre leader che hanno segnato la politica occidentale nell’ultimo biennio oggi si trovano di fronte a sfide simili
Sin dall’inizio della sua presidenza, Joe Biden ha posto l’accento sull’importanza che gli Stati Uniti mantengano una importante presenza internazionale. Da politico di lungo corso con comprovata esperienza all’estero, il leader dei Democratici ha rapidamente ricongiunto Washington con i suoi alleati europei, provati da una presidenza Trump che minacciava di ridimensionare l’impegno americano sul continente. In questo sforzo, Biden ha trovato come principali interlocutori due leader molto diversi per storia personale e posizioni politiche, ma costretti dagli eventi a dover collaborare per interessi comuni: il Presidente francese Emmanuel Macron e il Cancelliere tedesco Olaf Scholz. Anche a causa della confusione politica in Gran Bretagna, Biden ha visto in Francia e Germania i due attori chiave con cui discutere non solo delle relazioni con l’Unione Europea, ma anche del futuro della NATO, in un biennio in cui il fronte più caldo dell’alleanza atlantica si è spostato nuovamente in Europa.
Negli ultimi due anni, i destini politici di Biden, Macron e Scholz si sono spesso mossi in parallelo, specialmente in politica estera. Da febbraio 2022 in poi, la guerra in Ucraina è diventata il primo punto nelle agende dei tre leader, impegnati a individuare una strategia di aiuti a Kiev e a gestire le sempre più tese relazioni con la Russia di Putin. Dal punto di vista americano, Macron e Schulz hanno simboleggiato i due differenti approcci con cui la NATO può porsi rispetto a Mosca: da una parte la cautela del cancelliere tedesco, che preferisce una strategia di finanziamenti al governo di Zelensky evitando accuratamente il pugno duro contro Putin, dall’altra l’audacia del Presidente francese, che insiste da mesi sulla possibilità di schierare truppe europee in territorio ucraino[1].
Nonostante queste divergenze, il rapporto tra i due e il Presidente degli Stati Uniti è rimasto ottimale. Per Biden, rinforzare i rapporti con le potenze del vecchio continente è servito non solo per allargare il fronte antirusso, ma anche a invertire la tendenza isolazionista portata avanti dal suo predecessore alla Casa Bianca. Se Trump ha più volte minacciato (pur senza mai farlo) un ritiro di forze americane dal suolo europeo, Biden ha rimesso gli Stati Uniti nella posizione di protettore degli alleati nel continente, pur senza escludere un graduale ridimensionamento delle incombenze militari di Washington. Su questo tema il Presidente americano e Macron si sono ripetutamente confrontati, visto che quest’ultimo è diventato il principale fautore di un piano di difesa europeo indipendente da aiuti oltreoceano: per ora Biden si è opposto, ma sembra chiaro come le priorità americane sullo scacchiere internazionale non comprendano più l’Europa.
Schulz, viceversa, sembra molto più restio a stravolgere lo status quo: spinto dalla presenza dei verdi nella sua coalizione di governo, oltre che dalla reticenza di Berlino al riarmo post-Seconda Guerra Mondiale, il leader dei socialdemocratici tedeschi rimane freddo alle proposte del collega francese di autonomia strategica.
Pur mantenendo visioni di lungo periodo diverse, i tre leader hanno affrontato congiuntamente gli ultimi due anni di politica estera, mantenendo tutto sommato unito il fronte atlantico nel condannare l’invasione russa e nell’sostenere economicamente e militarmente l’Ucraina di Zelensky. In questi giorni, tuttavia, la loro carriera politica è messa a serio rischio da un altro nemico comune: il crescente consenso della destra populista in Europa e la potenziale rielezione di Trump alla Casa Bianca preoccupano oggi più di quanto possa fare il fronte ucraino.
In Germania Scholz è costretto ad affrontare la crescente popolarità dell’Afd (Alternative für Deutschland), il partito di estrema destra che ha superato i socialdemocratici al governo per diventare la seconda forza politica del paese.
Ancor più tesa la situazione di Macron che, dopo il disastroso risultato delle elezioni Europee di giugno, ha optato per convocare nuove elezioni dove i risultati hanno creato un Parlamento spaccato tra tre blocchi di sinistra, centro e destra. Anche qui Macron si prepara ad affrontare gli ultimi anni del suo mandato all’Eliseo con un’instabilità governativa senza precedenti.
Impossibile, dunque, non tracciare un parallelismo tra le debacle dei governi di centro e centrosinistra in Europa e il fiasco che è stato il primo dibattito presidenziale di Joe Biden. A quattro mesi dalle elezioni di novembre, il Presidente americano in carica sta affrontando una crisi di fiducia senza precedenti nel suo mandato, con i sondaggi che lo danno in netto svantaggio su Trump e membri del suo partito che si domandano se sia il caso di sostituirlo in corsa. In Europa come in America, l’ondata delle nuove destre sta trovando nuova spinta, e nell’anno elettorale che sta entrando nel vivo rischia di sovvertire la coalizione moderata che ha guidato le strategie occidentali nell’ultimo biennio. Biden, Macron e Scholz si trovano ad affrontare diverse sfumature della stessa sfida; dovessero perdere, lo scenario internazionale sembra destinato a cambiare radicalmente.
[1] https://www.nytimes.com/2024/03/09/world/europe/macron-scholz-russia-ukraine-aid.html