Chiamami per cognome. Jason Reitman eredita i Ghostbusters e mette in stand-by il suo cinema
Il rampollo di casa Reitman ha preferito mettere da parte la sua carriera e si è fatto trascinare dai Ghostbusters di suo padre in un mondo passato fatto di ricordi e nostalgia.
A Jason Reitman forse non basta più essere l’unico in famiglia a vantare un paio di nomination agli Oscar, un Golden Globe e il riconoscimento della cricca hollywoodiana che dispensa premi. Non basta più essersi smarcato dal padre, il Reitman dei Ghostbusters, di Animal House, dei gemelli Danny DeVito e Arnold Schwarzenegger, e aver esordito con una serie di film che avrebbe fatto invidia persino a registi e sceneggiatori navigati, figuriamoci ai figli di papà.
Jason Reitman è probabilmente stufo di essere l’intellettuale della famiglia, quello che ha scoperto il talento dell’ex spogliarellista, oggi sceneggiatrice e scrittrice, Diablo Cody, il regista e sceneggiatore femminista e l’autore che in due giri di piroette ha raccontato il liberismo, la maternità, la surrogata, l’adozione dei single e la cancel culture prima che diventasse l’argomento principale delle nostre conversazioni.
Ha resistito finché ha potuto, poi il richiamo del grande impero paterno si è fatto più forte e, come un Randall Roy a cui vengono affidati pieni poteri e riconosciuta la massima fiducia senza che si scomodino gli avvocati, ha dato seguito alla dinastia di famiglia ed è diventato il regista di Ghostbusters: Afterlife, la storia del ritorno degli Acchiappafantasmi ai giorni nostri.
In Italia siamo stati più furbi, o forse più lungimiranti, o forse solo fortunati, e abbiamo sostituito la parola Afterlife con Legacy, riconoscendo quel passaggio di testimone che è effettivamente avvenuto.
Pare infatti che Jason Reitman e lo sceneggiatore Gil Kenan abbiano firmato un contratto con la Sony per un nuovo capitolo della saga e che lo stesso Reitman abbia dato indicazioni sul contenuto di un secondo film. Non so se Reitman appartiene a quella categoria di figli che spera di non diventare mai come i propri genitori e poi finisce suo malgrado per somigliare a uno dei due o se per anni ha desiderato essere come il padre e realizzare film che facciano parte della cultura popolare; sicuramente ha studiato e ha capito che un po’ di quella fama gli spettasse di diritto in quanto primo della linea di successione.
Per il resto ha fatto tutto da solo, spulciando dai libri da cui ha tratto i suoi film, a eccezione delle volte in cui è stata Diablo Cody ha fornirgli personaggi e parole. E che personaggi e che parole: la sedicenne madre surrogata di Juno che finisce per partorire per una single, la mamma esaurita di Tully che immagina sotto forma di allucinazione di incontrare un tata che la aiuti a mettere ordine nella sua vita, a gestire i figli e, perché no, anche a sbronzarsi di notte come a vent’anni e la scrittrice di libri per ragazzi di Young Adult alcolizzata, disordinata, casinista, adolescenziale, pronta a rivendicare il diritto a fare schifo e non maturare mai delle donne, prerogativa riconosciuta al solo genere maschile. L’apoteosi dell’autodeterminazione e dei difetti che, guarda un po’, appartengono anche alle donne. Se non è questo essere femministi, forse dovremmo rivedere la nostra lista di definizioni.
Anche quando i protagonisti sono uomini, si sente l’eco della coppia Reitman-Cody. In Tra le nuvole è George Clooney a innamorarsi di Vera Farmiga, che invece considera il loro incontro una normale relazione extraconiugale senza futuro. In Thank you smoking è la giornalista a fruttare la storia di sesso con il lobbista per smascherare lui e l’Accademia del tabacco.
Nell’esordio di Reitman c’è persino il senso del dibattito pubblico contemporaneo: non mi interessa dimostrare che tu hai torto, ma dimostrare che io ho ragione e se io ho ragione, tu hai torto; e nei confronti sulla moralità di Stato e la stampa del teschio sui pacchetti di sigarette le instancabili dispute sui processi di contestualizzazione di opere come Via col Vento o Lolita.
È giusto considerare spettatori, lettori e clienti così imbecilli da sostituirsi alla storia e ai processi educativi? O si tratta solo un semplice tentativo di pulirsi la coscienza e stare dalla parte giusta della barricata?
Jason Reitman è stato ed è tuttora uno degli autori contemporanei più radicato al presente. I Ghostbusters, e il suo cognome, lo hanno trascinato in un mondo passato fatto di ricordi e nostalgia e noi speriamo che il suo cinema non ne risenta.