Per quest'anno non cambiare, stesso film stesso Natale
Esiste un luogo in cui tutto resta identico a sé stesso e il cui immobilismo ci dà conforto e funge un po’ da stella polare. Quel posto sono i film di Natale.
Le nostre vite ormai oscillano tra la sensazione di essere diventati i protagonisti di quel futuro distopico che abbiamo letto nei libri e visto dei film e l’ostinazione di un Novecento che non vuole dissolversi. Alla pandemia è seguito il rischio di un nuovo conflitto mondiale, trainato da mire espansionistiche, il diritto all’aborto è stato nuovamente messo in discussione, l’estrema destra ha vinto le elezioni in Italia e in Iran si protesta contro la Repubblica islamica, mentre Twitter rischia la bancarotta e Amazon e Facebook licenziano i propri indipendenti gettando nella pattumiera un modello economico che sembrava l’El Dorado.
Il velo diventa il nuovo muro di Berlino, ma la crisi ambientale rischia di trasformare Interstellar in un film neorealista con una popolazione che però sfonda gli otto miliardi. Inflazione, crisi energetica, pericolo recessione, AI, TikTok, fluidità e terzo genere; gli Stati Uniti annunciano un traguardo storico nella ricerca sull'energia da fusione nucleare, ma il web è ancora pieno di video di gender reveal party che profumano di vecchio millennio, dove il colore dei maschietti è ancora l’azzurro e quello delle femminucce il rosa.
Chi siamo, dove stiamo andando, la pandemia ci ha cambiati, l’evoluzione si è inceppata o procede spedita, Black Mirror è in fondo una docu-fiction? Quesiti esistenziali che a ogni grande cambiamento tornano a tormentarci e le cui risposte restano complesse.
Esiste però un luogo in cui tutto resta identico a sé stesso, persino durante il lockdown, e il cui immobilismo ci dà conforto e funge un po’ da stella polare. Quel posto sono i film di Natale e quel posto non è più la sola televisione che ogni anno alla stessa ora ci ripropone lo stesso film con gli stessi attori e le battute che sappiamo a memoria, ma quel posto sono tutte le piattaforme digitali che creano una sezione ad hoc dedicata al Natale e allo spirito natalizio in cui possiamo nasconderci ogni volta che ne sentiamo il bisogno senza dover necessariamente seguire la programmazione televisiva.
Sapere che nulla cambia nonostante i nostri capelli diventino sempre più bianchi e le nostre schiene sempre più curve è un sollievo simile alla visione della luce dopo un lungo tunnel, al profumo del caffè al mattino o al sapore della pasta in casa fatta dalla nonna o delle merendine di quando eravamo bambini, al punto che l’operazione nostalgia prevede sia la riproduzione in loop dei grandi classici che il rifacimento, o per meglio dire remake, del grande classico.
E infatti quest’anno ci è toccata la nuova versione del Canto di Natale targata Netflix. Non è ben chiaro perché dovremmo sorbirci il remake del remake del remake boicottando l’originale, ma quel che è certo è che a Natale nessuno riesce più ad avere un’idea che sia originale, forse perché quel posto che rimane sempre uguale a sé stesso sfidando tempo e spazio ha inghiottito tutti, compresi sceneggiatori, registi, giornalisti e critici, che infatti ripropongono ogni anno gli stessi pezzi.
Ed è nel rifacimento che quel luogo inizia a creparsi crepando anche le nostre sicurezze, perché una nuova versione per ogni generazione vuol dire anche incrementare le differenze generazionali e spiattellare davanti agli occhi dei più vecchi ogni segno di invecchiamento, ogni taglio di capelli ormai fuori moda, ogni abito vintage, ogni attore invecchiato male, ogni consuetudine in disuso, ogni epoca chiusa e mai più ritornata.
Il Natale investe qualunque cosa, fa tutti prigionieri e ogni anno che passa si prende pure un pezzettino di Marvel. L’anno scorso è stata la volta di Hawkeye, quest’anno dei Guardiani della Galassia, l’unico speciale dedicato alle feste con uno straccio di idea. Ecco, per Natale allora regalateci un Kevin Bacon con la chitarra.