Better Call Saul è la Rom-Com che stavamo aspettando
Se abbiamo sfiorato l’epilogo tragico del Macbeth, è grazie al sorprendente piglio romantico e sentimentale di Vince Gilligan, che non se l’è sentita di lanciare un altro macigno ai fan della serie.
Sono anni ormai che Vince Gilligan si tormenta, e ci tormenta, con i suoi dilemmi etici su agnelli che si trasformano in lupi, lupi cresciuti lupi per non soccombere, fini che forse giustificano i mezzi e vendette che logorano, cambiano e uccidono. Lo ha fatto dapprima con Breaking Bad, un incrocio tra Un giorno di ordinaria follia e Narcos, ma più noioso, e successivamente con Better Call Saul, in cui ha tentato di riproporre lo stesso schema finendo poi per raccontare una storia d’amore a discapito del solito racconto di uomini soli che sparano, uccidono, mostrano i muscoli e mortificano le loro donne.
L’uomo che ha creato Walter White, il personaggio più antipatico, antiromantico e antisentimentale della serialità televisiva degli ultimi quindici anni, è stato in grado di produrre e scrivere una Rom-Com come non se ne vedevano da tempo, rendendo Kim Wexler, l’Elena di Troia di Albuquerque che manda tutto all’aria, l’elemento di congiunzione tra le due serie e le due storie, nonché la ragione principale della trasformazione definitiva di Saul Goodman nel Saul Goodman conosciuto in Breaking Bad e della sua successiva caduta.
Il vezzo di Gilligan e dei suoi sceneggiatori resta comunque intatto: individuare nell’abbruttimento morale l’unica soluzione a ogni trauma, tragedia ed esperienza negativa di fronte alla quale ci pone la vita, con l’eccezione dei narcotrafficanti nati lupi e di quello splendore di caos, follia e malignità che è Lalo Salamanca, la mina vagante, la variabile impazzita, l’incognita, l’elemento sorpresa che farà saltare in aria qualunque piano magistralmente organizzato. La vita.
Accettato che non c’è redenzione per i cattivi, non esiste un destino migliore neanche per i timorati di Dio e per i rispettosi della legge. Howard, l’ingenuo, finisce in una fossa insieme a Lalo; Chuck perde le speranze e si uccide; Ignazio, l’unico narcotrafficante in odore di affrancamento, si sacrifica; le vecchiette della casa di cura probabilmente moriranno senza aver visto un dollaro di risarcimento. Solo gli innamorati sopravvivono. A un prezzo alto, sì, ma con la possibilità di espiare e aggiustare la rotta.
Better Call Saul termina esattamente com’è iniziato, con la speranza che le vite di Jimmy e Kim si affranchino dal peso delle loro famiglie, da Albuquerque, da luoghi di lavoro opprimenti o inadatti, dal passato e dalle loro idiosincrasie. Un uomo e una donna che insieme sono sia la versione migliore di sé stessi che quella peggiore, forse il tratto distintivo di ogni grande storia d’amore. È in coppia che distruggono la Hamlin, Hamlin & McGill, e i rispettivi soci, ed è sempre in coppia che pongono le basi per la loro carriera da avvocati indipendenti, con Jimmy che passa intere puntate a dipingere un muro sul quale l’iniziale del suo cognome si unisce all’iniziale del cognome di Kim, il cui risultato finale ricorda più un titolo di borsa che dopo due picchi straordinari crolla rovinosamente. E in effetti, se abbiamo solo sfiorato l’epilogo tragico del Macbeth, è grazie al sorprendente piglio romantico e sentimentale di Vince Gilligan, che forse non se l’è sentita di lanciare un altro macigno ai fan delle sue serie.
Non solo quindi il Jimmy fanfarone e furbo o il Jimmy eternamente adolescente, ma anche il Jimmy che si prende cura del fratello malato e il Jimmy innamorato che truffa per amore e piega la legge alle proprie esigenze e alla bravura di Kim, salvo poi combinare disastri. Tutto è fatto per lei, per ricevere le sue attenzioni e il suo affetto, senza rendersi conto che Kim è già cotta così, disposta anche a lei a tutto per lui. Persino la confessione finale è una dichiarazione d’amore. Saul che ritorna Jimmy e si sacrifica non solo per salvare Kim da una causa che può rovinarla, ma per piantare il seme di un nuovo inizio e mantenere finalmente la promessa che ha violato per tutte le stagioni, essere un uomo migliore, come il padre, e non il lupo che lo invitava a diventare uno dei tanti truffatori che frequentavano il mini market di famiglia. Egoisticamente, poi, era forse l’unica strada percorribile per riconquistarla.
Better Call Saul termina esattamente com’è iniziato, sì, ma anche nel senso più negativo dell’affermazione: un ricongiungersi che sa di vecchio e che potrebbe significare l’inizio di nuova vita di coppia che non sa concepirsi discorde dalla precedente perché Jimmy e Kim non sanno pensarsi diversi quando sono insieme. Nel silenzio aleggia il passato e Saul fa quasi tenerezza quando da dietro le sbarre del penitenziario mima davanti agli occhi di Kim il gesto del pistolero che lo ha resto famoso ad Albuquerque. La verità, canta Brunori, è che ti fa paura l’idea di scomparire, l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà finire; la verità è che non vuoi cambiare, che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose a cui non credi neanche più.
Solo gli amanti sopravvivono, sì, ma a quale prezzo?