I libri non danno la felicità
La censura dei libri negli USA non avviene solo a destra, segno di un dibattito sempre più avvelenato che conduce inevitabilmente allo scontro.
«Dobbiamo accettare che in America ci sia una concreta possibilità di guerra civile» ha dichiarato Adam Kinzinger, il deputato repubblicano dell’Illinois che è stato formalmente censurato dal Comitato Nazionale Repubblicano per il suo ruolo nella commissione parlamentare adibita a indagare sui fatti sull’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021.
Kinzinger ha proseguito la sua analisi facendo esplicito riferimento alle tensioni razziali e all’organizzazione di gruppi armati paramilitari, che diventano di volta in volta sempre più violenti, e alla progressiva trasformazione del Partito Repubblicano in un partito personalista che sempre meno tollera il dissenso interno. Se si allarga però lo sguardo, si nota come la guerra civile a cui fa riferimento il deputato non è solamente combattuta a livello fisico: i semi di un’America fortemente divisa si percepiscono chiaramente nel dibattito culturale del Paese prima che nelle strade o negli scoppi di violenza e dei crimini d’odio.
Nel 1953 uscì il famosissimo romanzo di Ray Bradbury, Fahrenheit 451. Capolavoro del genere fantascientifico e che influenzerà molte altre opere letterarie e cinematografiche successive, viene ricordato per le famose immagini di roghi dei libri, prassi nel non meglio specificato futuro in cui si svolge il romanzo.
Come anche in un altro capolavoro del genere, Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley, si parla di una società che per sua volontà è completamente anestetizzata e che ricerca l’eliminazione del conflitto a ogni costo, arrivando così a rimuovere tutto ciò che può potenzialmente essere fonte di dolore, riflessione o emozioni negative. Al lettore non viene tuttavia fatto cenno di alcuna imposizione esterna (come ad esempio, l’esistenza di una dittatura) che obblighi i cittadini a bruciare i libri: sembra sia una scelta libera e volta a promuovere e tutelare la società nel suo complesso, libera finalmente dal peso di contraddizioni o idee potenzialmente sovversive.
Il deputato repubblicano statale del Texas, Matt Krause, sembra citare una motivazione simile per quella che è la sua ampiamente discussa iniziativa politica: la richiesta alle scuole dello Stato se siano in possesso di 850 libri presenti nella lista da lui compilata, e quanto abbiano speso per procurarseli. I libri appartengono a quattro categorie principali: parità di genere e femminismo, tematiche razziali (in particolare sul movimento Black Lives Matter e la questione latino-americana), tematiche legate all’omosessualità e sessualità degli adolescenti, con vari titoli sulla contraccezione e l’aborto.
Nonostante Krause non abbia ufficialmente annunciato quali siano i prossimi passi della sua azione – se procedere con un formale atto di censura o meno – la volontà politica dietro questo gesto è abbastanza chiara: il posizionamento culturale di un rappresentante locale che ha un probabile interesse a collocarsi a livello nazionale nella corsa alle primarie repubblicane del Texas.
Negli Stati Uniti, casi del genere di censura dei libri non sono così poco frequenti: basti pensare al famosissimo Buio oltre la siepe di Harper Lee, censurato svariate volte dalla sua prima uscita nel 1960; quello che è interessante di questa iniziativa è il clima sotterraneo in cui si inserisce, di certo non esclusivo al Partito Repubblicano. Nel 2021 il sovracitato romanzo di Harper Lee è stato infatti rimosso dal distretto scolastico di Burbank, California per il suo punto di vista «da salvatore bianco» e l’uso di epiteti razziali. La stessa sorte è toccata a Uomini e topi di John Steinbeck.
L’incomunicabilità delle parti sociali che compongono l’America contemporanea è racchiusa in questo ricorso alla censura, che cambia semplicemente in base alle tematiche care al sentiment delle diverse aree del Paese: gli Stati repubblicani colpiscono libri che affrontano le questioni razziali o la parità di genere; gli Stati democratici censurano libri che fanno parte del canone culturale americano, ma riflettono l’esistenza passata di una società organizzata su base razziale. Per questo Il Buio oltre la siepe si trova perfettamente equidistante e disprezzato da entrambe le parti: troppo duro con la società bianca americana, ma allo stesso tempo troppo lontano dal sentimento comune dei progressisti di oggi.
Un altro esempio è l’uso del termine critical race theory, che ha infiammato una delle ultime elezioni in Virginia e portato all’elezione di un candidato repubblicano in un distretto tradizionalmente democratico: si tratta di una locuzione che ha perso il suo significato originale, ma è diventata utilizzabile da repubblicani e democratici per posizionarsi culturalmente con il proprio elettorato di riferimento e guadagnare consensi.
La guerra civile citata all’inizio è già combattuta a livello culturale e mediatico da entrambe le fazioni, ormai radicalizzate su posizioni non più oggetto di discussione, ma considerate come dogmi a cui fare affidamento e le cui critiche vanno eliminate a qualunque costo. Diversamente da quanto osservato da molti commentatori politici, però, la radicalizzazione dell’America contemporanea ha più di tutto portato a un’eliminazione del dibattito politico classico e al continuo tentativo del disinnescamento del conflitto, in una tensione verso la società anestetizzata descritta da Bradbury: tuttavia, il conflitto sommerso tende però ad emergere con sprazzi di violenza disorganizzata e sempre più crudele, perché viene reso sempre più difficile un confronto con altri mezzi all’interno della società.
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