I democratici devono tornare a parlare di Fede
Non tutti i fedeli americani si sono spostati verso Trump. I democratici devono forgiare un messaggio per dare speranza a milioni di credenti non conservatori
Gli Stati Uniti sono un melting pot di religioni e credenze. Non c’è solo la maggioranza rumorosa dei cristiani, protestanti o cattolici, ma è presente una varietà di espressioni di fede, tra le quali cresce anche il non riconoscersi in alcuna religione tradizionale. La Chiesa della riforma, con tutte le sue sfumature, rappresenta più del 40 per cento degli americani, seguita da quella cattolica al 20 per cento. Al terzo posto ci sono i cosiddetti “non affiliati”, persone che hanno una propria spiritualità e che pregano frequentemente, ma senza aderire a nessuna Chiesa. Il mosaico americano si completa con piccole comunità ebraiche, islamiche, buddiste e mormoniche. Nella narrazione odierna, per cui i tutti credenti si sono spostati a destra, è interessante andare a esaminare quelle frange di fedeli che rimangono fermi su posizioni più progressiste.
La questione religiosa in America è ben diversa rispetto all’Europa, dove è in secondo piano rispetto alla politica e alla storia e, talvolta, viaggia su onde differenti. Nel Vecchio Continente, soprattutto in Italia, la religione è arrivata prima e ha contribuito a modellare ideologie e programmi politici. Negli Stati Uniti, dunque, è difficile trovare persone che rispettino pienamente il proprio credo quando affrontano tematiche sociali, economiche, ambientali. È vero, però, che il Partito Repubblicano ha iniziato da qualche decennio a monopolizzare la fede, calandola nell’agone politico. Dalla presidenza Reagan fino a Bush Jr., il GOP ha posto la religione al centro della propria ideologia, riuscendo ad attirare sempre di più i fedeli di varie confessioni. L’attuale partito di governo ha unito la religione alla politica, facendo intendere che solo lì si potesse trovare la difesa di quei valori cari ai credenti. I Democratici, assenti e paurosi di affrontare la questione, stanno lasciando nel limbo milioni di fedeli.
Nell’area dei Democratici è facile trovare elettori e candidati credenti e praticanti che sostengono posizioni ben diverse dalla dottrina cattolica o protestante. Questo non impedisce loro di definirsi cristiani. Come detto, l’approccio alla politica è differente: su questo tasto devono battere i Dem se vogliono tenere stretto un bacino di voti fondamentale. Se il GOP trumpiano si è impossessato del tema della difesa dei veri valori tradizionali, i credenti progressisti devono trovare i propri punti sui quali investire tempo ed energie. Un esempio in carne e ossa è la deputata newyorkese Alexandria Ocasio-Cortez, stella nascente dell’ala di sinistra del Partito Democratico. Le battaglie per le quali si spende sono ben lontane dalla dottrina cattolica, eppure lei non nasconde la sua fede. In un articolo scritto per America Magazine, rivista gesuita, racconta di come è entrata in rapporto con Dio. A colpirla è stato un tatuaggio del cugino Marc, con la scritta “solo Dio può giudicarmi”. Marc, racconta Ocasio-Cortez, è finito in carcere per colpa della sua povertà e lì ha potuto vedere un sistema giuridico malato. La deputata raccontava di come il carcere negli Stati Uniti non avesse più alcuna funzione riabilitativa, con le solite aggravanti per i cittadini afroamericani e latinos. Questa storia aiuta a capire l’orizzonte verso il quale devono puntare i democratici, soprattutto quelli credenti. Il tema della giustizia vera, della redenzione, di una pena che non sia mai definitiva ma volta a reintegrare il colpevole nella società. La chiusura dell’articolo è esemplificativa: “E non dimentichiamo il principio guida del ‘più piccolo tra noi’ che si ritrova in Matteo: siamo tenuti a prenderci cura degli affamati, degli assetati, dei senzatetto, dei nudi, dei malati e, sì, dei carcerati”. Su questi aspetti legati all’accoglienza e alla benevolenza i democratici possono e devono mettersi all’opera. Non per tirare per la giacchetta milioni di americani che pregano e vanno in chiesa, ma per ricostruire le fondamenta di un partito uscito a pezzi dalle ultime elezioni.
I dati lasciano grandi speranze. La religione che più è vicina ai democratici è sicuramente quella ebraica, esigua ma fedele. Solo il 2 per cento degli americani si dichiara ebreo, ma è un blocco elettorale che negli anni ha pesato molto e, anche in occasione delle ultime elezioni presidenziali, ha appoggiato Kamala Harris. Il voto cattolico è diviso abbastanza equamente, con un leggero spostamento verso destra a novembre 2024. Anche le piccole frange della chiesa protestante sono perlopiù conservatrici, ma non si registrano maggioranze bulgare in favore dei repubblicani.
In vista della ricostruzione per il 2028, il Partito Democratico è chiamato a risollevare il tema della fede. Una credenza religiosa sempre più personalizzata e fatta da sé, ma non per questo meno importante nella vita delle persone. Gli stessi candidati alle varie cariche politiche devono poter affermare serenamente che credono in Dio, così da tornare a rendere la religione un tema di tutti e per tutti. Le battaglie che potrebbero affrontare con maggior credibilità sono quelle sulla giustizia, sull’accoglienza e sull’assistenza ai bisognosi. Sarebbe un errore clamoroso per i democratici tornare al tempo in cui Kennedy dovette combattere perché la sua fede cattolica era mal vista da certi americani. Lo stesso papa Leone XIV, primo pontefice americano, ha detto che la Chiesa è di tutti.