Harriet Hageman, la trumpiana tipo
In Wyoming il trumpismo avanza incontrastato con la prossima deputata repubblicana Harriet Hageman, fedelissima dell'ex presidente che ha sconfitto Liz Cheney.
È ufficiale: Harriet Hageman ha vinto le primarie del Partito Repubblicano del Wyoming contro Liz Cheney, la figlia dello storico vicepresidente di Bush e una delle Repubblicane più apertamente schierate contro Donald Trump, opposizione che ha pagato con la progressiva emarginazione da parte del suo stesso partito e la sconfitta alle urne.
Il seggio in cui Hageman è stata eletta è storicamente repubblicano ed è stato vinto senza difficoltà nelle elezioni precedenti, sia di Midterm che presidenziali; è abbastanza certo che questo trend continuerà invariato, per cui la futura elezione alla Camera sembra ragionevolmente certa, ragione per cui è interessante andare ad analizzare le sue posizioni e la sua storia politica.
Non diversamente da molti altri vincitori Repubblicani emersi dalle primarie in altri Stati, Harriet è una grandissima sostenitrice dell’ex Presidente Trump, anche se, come gran parte dell’establishment del partito, l’aveva aspramente criticato durante la campagna elettorale del 2016. Il tipo di conservatorismo a cui si ispira Hageman è quello verso il quale il Partito Repubblicano sta tendendo da ormai una decina d’anni: estremamente reazionario e radicalizzato.
Come il più famoso J.D. Vance, autore di bestseller e prossimo candidato in Ohio, Hageman è contraria a qualsiasi tipo di intervento federale nella vita dei cittadini e crede nel valore assoluto della libertà privata: sostiene infatti che uno dei problemi principali degli Stati Uniti sia l’eccessivo coinvolgimento dello Stato nella vita dei cittadini, riferendosi all’applicazione delle restrizioni durante la pandemia. Uno dei tratti del conservatorismo repubblicano attuale è infatti l’esaltazione della libertà individuale secondo teorie politiche che ricordano più la storica e libertaria John Birch Society degli anni Trenta che quella che effettivamente è stata la visione del partito a cavallo tra gli anni Cinquanta e Ottanta ed espressa dai Presidenti allora in carica.
Un’altra caratteristica fondamentale di Hageman è la sua provenienza dal Wyoming, che appartiene a quelli che vengono chiamati in modo dispregiativo flyover states: gli Stati dove appunto si è solo di passaggio, ma non si risiede, soprattutto non se visti dalle due coste, più mentalmente aperte e con un’offerta di servizi chiaramente superiore.
Il Wyoming è tuttavia recentemente diventato molto attraente per le società, in quanto la tassazione sui profitti è particolarmente favorevole; come risultato, molte aziende hanno spostato la loro sede lì per beneficiare del fisco agevolato. La constituency di Hageman è quindi estremamente liberista in materia economica, così come la piattaforma elettorale su cui lei ha corso, che promette di mantenere le regole agevolate per le aziende e le società di capitali, e impegnarsi affinché a Washington non vengano approvate ulteriori tasse a livello federale.
Sul clima resta, come molti Repubblicani, estremamente convinta dell’importanza strategica dell’industria fossile e della quasi totale inesistenza del cambiamento climatico come sfida da affrontare; ha recentemente dichiarato che «il carbone è una delle fonti di energia più pulite che abbiamo».
L’indipendenza energetica americana e il continuo supporto all’industria fossile sono stati due dei temi portanti della campagna elettorale, che si è appunto dispiegata in modo coerente a partire dal tema centrale del combattere per una maggiore libertà di azione dello stato nazionale rispetto al livello federale, sia dal punto di vista economico che su altri temi, come l’immigrazione, su cui si è espressa a più volte a favore di un controllo più rigido dei confini. Non sorprende che anche sul tema dell’aborto la sua posizione sia quella delineata dalla Corte Suprema in Casey, quindi favorevole alla legislazione statale in merito e contraria all’approvazione di una legge a livello federale.
Il tema di libertà si declina anche in una strenua difesa del concetto della libertà d’espressione secondo gli attuali canoni del Partito Repubblicano, che critica quindi la cultura woke, la percepita sensibilità estrema degli attivisti (in particolare quelli appartenenti alla comunità LGBTQ+) e l’establishment dei media liberali, soprattutto per quanto riguarda l’elezione del 2020.
In sostanza, Hageman è perfettamente allineata all’attuale ideologia dell’establishment repubblicano, imperniata su tre pilastri:
l’assoluta fedeltà nei confronti del Presidente Trump;
un forte antifederalismo;
un rifiuto della cultura progressista delle tanto disprezzate élite.
Sarebbe però sbagliato considerare i candidati come lei come imposti dall’alto della dirigenza del partito: la base elettorale continua a sceglierli rispetto a coloro che si schierano contro la leadership trumpiana e sono espressione di un conservatorismo meno radicale, rivelando quindi la direzione e l’ideologia che sembrano ormai essere consolidate nel partito senza alcuna challenge interna.
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