Il meteo è una cosa sempre più seria
Mentre il racconto delle previsioni del tempo si interseca con il riscaldamento globale, perché non cambiare il lessico del classico bollettino meteo per comunicare meglio la gravità della situazione?
Quando a metà giugno la cosiddetta canicule colpiva la Francia, con un’ondata di calore mai sperimentata nel Paese con tale violenza e così presto nel corso dell’anno, mi sono imbattuta in un articolo molto interessante su Méteo France. Ero a Place des Vosges, a Parigi, e turisti e locali si scioglievano tutti insieme sotto le piante, sulle panchine, boccheggianti di fronte alle fontane spente per non sprecare acqua. Quello che l’articolo diceva era: «Dobbiamo cambiare il nostro modo di parlare del meteo».
Non era un’auto-accusa da parte della testata, principale riferimento per le notizie meteorologiche in Francia, ma un invito generale a tutti – soprattutto ai media – a cambiare tono quando si parla di meteo. Quella sera un meteorologo del canale TV BFMTV, Marc Hay, ripeteva a grandi linee lo stesso concetto: «Bisogna far capire alle persone che simili ondate di calore sono anormali e non sono che la punta dell’iceberg. Sono stufo di vedere immagini di famiglie felici al mare quando si parla di ondate di calore come questa».
Da giornalista, ho capito subito a cosa si riferisse. Ho pensato alle ore di “girati” (immagini di repertorio filmate e archiviate nelle redazioni televisive per parlare dei vari temi) dedicate al caldo e trasmesse in TV; solitamente quando bisogna “illustrare” il caldo non c’è molta scelta: o la gente al mare, o le fontanelle spente. Gli ultimi anni stanno arricchendo gli archivi di immagini diverse: quelle delle conseguenze drammatiche che queste “ondate di calore” causano nei nostri Paesi. Tuttavia, fino ad oggi è raro che negli spazi dedicati al meteo si utilizzino immagini così brutali. Il meteo è ancora concepito come lo spazio dello “svago”: andrò o non andrò al mare, questo weekend?
Eppure, un meteorologo studia le scienze ambientali, la fisica, la matematica. Conosce gli strumenti per leggere cosa c’è e cosa ci sarà sulle nostre teste. Ha molti più strumenti della maggior parte delle persone per interpretare i fenomeni atmosferici estremi che fanno sempre più parte delle nostre vite. Un esempio virtuoso è stato anticipato nel 2019 dal Guardian, che proprio per offrire uno sguardo più complessivo durante le previsioni del tempo ha iniziato a includere anche la lettura dei livelli di CO2 nell’atmosfera, così da iniziare a educare i lettori al fatto che ci sia un filo diretto con molti fenomeni.
Effettivamente anche negli Stati Uniti – dove già ottimi siti di previsioni come The Weather Channel fanno un ottimo lavoro di divulgazione scientifica – si dice da tempo che il meteo non dovrebbe più essere oggetto di “small talk” da parte dei media, ma piuttosto un tema affrontato con serietà e professionalità.
Anche perché, come sottolineava un recente pezzo del Washington Post, il cambiamento climatico potrebbe rendere le previsioni meteo sempre più inaffidabili nei prossimi anni.
Lo spunto era una prima ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Advancing Earth And Space Science: in un primo studio, i ricercatori sostengono che fare previsioni con un clima freddo sia più facile che con climi caldi e che, visto l’aumento generale delle temperature, allo stato tecnologico attuale sia più facile fare errori rispetto al passato. Si tratta di ipotesi ancora parziali, ma basate sull’effettivo crescente margine di errore nelle previsioni in diversi Paesi del mondo. Una constatazione a cui diversi team di ricerca internazionali stanno cercando di dare risposta.
Insomma, le previsioni del meteo saranno sempre più difficili nel prossimo futuro e sono già legate a doppio nodo con la questione della crisi climatica. Servono figure competenti che riescano a legare i due temi e a spiegarle a tutti noi. Serve anche che queste figure abbiano lo spazio e il riconoscimento adeguato nei media, che vengano utilizzate le immagini e le parole giuste. D’altronde anche sulla comunicazione si gioca la sfida di far entrare il dibattito sulla crisi climatica a pieno titolo nelle priorità politiche. L’attivista Greta Thunberg lo disse anni fa, che parlare di “crisi climatica” è più giusto che parlare di “cambiamento climatico”. Allo stesso modo, quando fa caldo e non piove dovremmo sostituire le immagini di famiglie al mare con quelle dei nostri fiumi in secca.