L’intelligenza artificiale mette alla prova la transizione ecologica
Nella corsa globale all’IA vince chi sazia la fame di energia dei data center. Biden prova ad andare all-in prima di cedere il testimone a Trump
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F77bac0fb-2130-4e70-83f7-9c14fc3de4ce_1100x1280.jpeg)
Joe Biden si prepara a lasciare la Casa Bianca con un colpo di scena: secondo diverse fonti sentite dai giornalisti di Politico, la sua amministrazione starebbe lavorando di gran lena a un provvedimento finalizzato ad accelerare la costruzione di data center e impianti per la produzione di energia elettrica su terreni federali. L’atto dovrebbe assumere la forma di un ordine esecutivo e raggiungere lo Studio Ovale per la firma entro le prime due settimane di gennaio. L’obiettivo è dare un’ultima spinta all’industria per evitare che gli Stati Uniti rimangano indietro nella corsa globale all’intelligenza artificiale.
I funzionari governativi e gli operatori industriali coinvolti nell’elaborazione del provvedimento, consultati da Politico, hanno spiegato che il piano mira ad allentare le restrizioni ambientali su alcune porzioni del territorio statunitense, consentendo ai data center di superare alcuni limiti di inquinamento e di avere accesso prioritario all’energia. Il testo dovrebbe essere rivolto ai centri di elaborazione dati di ultima generazione, che consumano almeno un gigawatt di elettricità, accanto ai quali dovrebbero sorgere centrali a gas destinate esclusivamente ad alimentarli. Il gas naturale andrebbe visto come una soluzione transitoria e dovrebbe essere soppiantato gradualmente, nel medio-lungo periodo, dal sole e dal vento. Quest’ultima mossa dell’amministrazione uscente è all’apparenza vantaggiosa per tutti, in grado di soddisfare sia la crescente fame di energia dell’intelligenza artificiale sia la necessità di garantire che il fabbisogno energetico delle nuove tecnologie non appesantisca le reti elettriche regionali.
C’è però un problema non di poco conto, sollevato da cinque senatori democratici e diverse associazioni: accelerare lo sviluppo dei data center potrebbe rallentare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Paese. Secondo Sheldon Whitehouse, Brian Schatz, Peter Welch, Ed Markey ed Elizabeth Warren, Joe Biden dovrebbe fare marcia indietro.
La necessità di soddisfare la domanda di energia di queste strutture sta stimolando la costruzione di nuove centrali a gas in tutto il territorio americano. Attualmente, stando alle stime di Yes Energy, i nuovi impianti a gas in fase di sviluppo negli Stati Uniti sono 220, molti dei quali non raggiungeranno le reti di trasmissione prima del 2032. La vita di ogni centrale avrà una durata compresa tra i 25 e i 40 anni, il che significa che nella maggior parte dei casi non sarà possibile arrivare a ripagare gli investimenti fatti per realizzarle e chiuderle prima delle date obiettivo fissate dal governo federale e dai governi statali per il passaggio alle fonti di energia pulita. A spingere la proliferazione di nuovi impianti a gas non sono solo i data center e l’IA generativa, ma secondo studiosi e utilities il loro sviluppo rappresenta sicuramente un fattore tra i più rilevanti. D’altronde, anche l’ultimo World Energy Outlook dell’Agenzia internazionale dell’energia sottolinea che entrambi, insieme alla mobilità elettrica, ai consumi dell’industria leggera e ai sistemi di raffreddamento, traineranno l’aumento della domanda di elettricità globale nei prossimi anni.
Di fronte alle sfide congiunte poste dalla transizione energetica e da quella digitale, le grandi aziende tecnologiche hanno deciso di iniziare a investire miliardi di dollari nello sviluppo dell’energia nucleare. Nel corso del 2024, Microsoft, Google e Amazon hanno stretto diversi accordi con operatori e sviluppatori di centrali nucleari per i propri data center, ricorrendo così a una fonte energetica a basso impatto ambientale e, soprattutto, capace di alimentarli in maniera continuativa. A partire dal 2028 i centri di elaborazione dati di Microsoft potranno contare sull’elettricità prodotta nella centrale di Three Mile Island, in Pennsylvania, che ripartirà quasi cinquant’anni dopo essere stata protagonista del più grave incidente nucleare della storia statunitense. Google ha deciso invece di puntare su piccoli reattori modulari, stipulando un accordo con Kairos Power per l’acquisto di energia nucleare, con il primo impianto che dovrebbe entrare in funzione entro la fine del decennio. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Jeff Bezos: Amazon collaborerà con il consorzio Energy Northwest, nello Stato di Washington, per lo sviluppo di quattro reattori modulari e con Dominion Energy, in Virginia. Tutti e tre i colossi hanno già investito parecchio nello sviluppo di fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico, ma per rispettare i loro obiettivi di decarbonizzazione ritengono che il nucleare possa rappresentare una fonte energetica ottimale, se non altro in grado di fornire energia in modo continuativo. Fotovoltaico ed eolico sono infatti fonti intermittenti e hanno bisogno dell’appoggio di batterie e sistemi di accumulo per garantire la fornitura di energia anche in assenza di sole e vento.
In vista delle sfide future, un posto al tavolo lo avrà anche l’energia ottenibile dal calore proveniente da fonti geologiche presenti nel sottosuolo. Aziende tech come Meta e Alphabet stanno già collaborando con diverse startup che programmano di produrre energia geotermica, per alimentare i loro data center. La geotermia potrebbe contribuire alla produzione di elettricità a zero emissioni in modo più rapido rispetto al nucleare e senza il limite dell’intermittenza proprio di eolico e solare. Il problema è che attualmente le aziende devono scontrarsi con costi iniziali elevati e tempi di approvazione dei progetti particolarmente lunghi. Gli Stati Uniti, tra l’altro, sono al primo posto nella classifica mondiale per capacità di produzione di energia elettrica di origine geotermica installata. È una prospettiva che probabilmente sempre più aziende del mondo tech prenderanno in considerazione.
Sviluppare l’intelligenza artificiale e farlo meglio degli altri Paesi non può prescindere dalla valutazione di tutti questi elementi e da un accurato bilanciamento con l’esigenza di portare avanti la transizione energetica e generare valore economico sul territorio, evitando di spingere le big tech a delocalizzare i propri data center in luoghi dove l’energia è disponibile a basso costo ma a caro prezzo per l’ambiente.
Evitare che gli Stati Uniti perdano terreno e risultino incapaci di tenere testa alla Cina, preoccupazione sollevata anche in un recente rapporto sull’intelligenza artificiale realizzato dal Congresso, è il motivo principale che ha spinto Biden ad andare all-in, provando ad adottare in tempi record un ordine esecutivo che consenta di velocizzare lo sviluppo del settore. Pechino ha già dimostrato di essere in grado di costruire molto più rapidamente le reti e le infrastrutture energetiche necessarie ad alimentare la crescita dei data center, a ritmi che gli Stati Uniti non riescono ancora a raggiungere, viste soprattutto le difficoltà in cui versano le loro reti elettriche: vetuste, incapaci di reggere l’aumento della domanda e sempre più esposte agli impatti di fenomeni meteorologici estremi.
Pare che la mossa del presidente uscente abbia colto alla sprovvista i dirigenti delle aziende tech, che avevano ormai iniziato a proiettare le proprie attività di lobbying sulla futura amministrazione. Secondo quanto riporta il Washington Post, i funzionari delle aziende coinvolte nella stesura dell’atto hanno affermato di sentirsi incoraggiati da questo slancio ma si sono rifiutati di parlarne pubblicamente per non compromettere i rapporti che stanno costruendo con il presidente eletto. Non è detto che l’ordine esecutivo riesca a vedere la luce entro la prima metà di gennaio, dato il poco tempo a disposizione: quello che è certo è che Donald Trump ha promesso di adottare misure simili una volta tornato allo Studio Ovale. In campagna elettorale, ha affermato che si impegnerà a eliminare tutti i colli di bottiglia e gli ostacoli burocratici che limitano la produzione di elettricità, specialmente da fonti fossili. In particolare, ha ripetutamente promesso che abolirà le norme sulle emissioni delle centrali elettriche, una misura che potrebbe stimolare ancora di più la costruzione di impianti a gas e ritardare la chiusura e la dismissione di quelli esistenti. A rafforzare le dichiarazioni di Trump ci sono anche quelle di Lee Zeldin, designato dal presidente eletto come futuro capo dell’Environmental Protection Agency, consapevole dello stretto legame che intercorre tra energia e digitale. «Ripristineremo il dominio energetico degli Stati Uniti», ha scritto Zeldin su X commentando l’annuncio della sua nomina, «e renderemo gli Stati Uniti leader globale dell’intelligenza artificiale».