WNBA, Brittney Griner arrestata in Russia: la aspettiamo per la prossima stagione
La fuoriclasse dei Phoenix Mercury, di ritorno dalla stagione a Ekaterinburg, è stata arrestata dalle autorità russe in possesso di olio di hashish. Ora rischia fino a 10 anni di carcere.
Il caotico fluire degli eventi in tempo di guerra rischia di far dimenticare storie personali d’impatto, una delle quali coinvolge una delle più luminose stelle del basket americano: Brittney Griner, trentunenne centro che gioca d’estate nella WNBA per le Phoenix Suns e nelle altre stagioni in Russia per le pluricampionesse europee dell’UNMC Ekaterinenburg.
L’arresto
Griner si trova in stato di detenzione dallo scorso 17 febbraio, quando nell’abituale andirivieni di uno sportivo professionista transitava dall’aeroporto Seremetyevo. Durante un controllo di routine, nel suo bagaglio è stata rinvenuta una carica di sigaretta elettronica contenente olio di hashish. Violazione grave per la legge russa, meritevole di una pena detentiva fino a dieci anni.
Griner è stata subito messa in stato di fermo e da allora di lei pochissimo si sa o quantomeno pochissimo è stato comunicato. A partire dalla notizia stessa dell’accaduto, diffusa fuori dalla Russia appena ai primi di marzo, quando il panorama politico mondiale e i rapporti diplomatici tra Putin e Biden erano decisamente cambiati.
Il 17 marzo è comparsa una notizia dell’agenzia di stampa russa TASS, secondo la quale lo stato di detenzione di Griner è stato prolungato fino al 17 maggio. C’è anche un breve video, in cui si vede la campionessa nel corridoio del tribunale dove hanno deciso la proroga.
Fin qui, i pochi fatti, che sono contornati da azioni, dichiarazioni e petizioni. La questione più inquietante rimanda alle voci della diplomazia statunitense, che denunciano l’impossibilità di parlare con Griner, nonostante le ripetute richieste. Questo almeno fino al 23 marzo, quando un funzionario dell’ambasciata americana a Mosca ha fatto sapere che la campionessa “sta bene”.
A complicare la situazione, va ricordato come Brittney sia una delle voci più impegnate e ascoltate del mondo LGBTQ+, cosa alla quale le autorità russe non guardano certo con simpatia. Nel 2013 al suo arrivo in WNBA fu la prima atleta dichiaratamente omosessuale a firmare un contratto con la Nike. Parte della sua storia è raccontata in pagine molto intense nel (bellissimo) libro scritto da Griner per raccontare la sua vita fino agli anni del college: In my skin, libro che mi sento di consigliare a qualsiasi amante del basket e della cultura statunitensi.
Perché in Russia
Cosa ci faceva una pluricampionessa olimpica in un aeroporto russo a metà febbraio? Viaggiava per lavoro, come anticipato. Molte delle giocatrici di spicco della WNBA, infatti, dividono la stagione tra Stati Uniti (dove il campionato si sviluppa tra fine maggio e ottobre) e, come si dice di là dall’Atlantico, overseas, ovvero Europa e Asia. La Russia, assieme a Cina e Turchia è una delle mete economicamente più ambite perché diversi magnati e oligarchi sono appassionati di basket e per il loro hobby sono disposti a spendere cifre elevatissime, trasformandole in aurei stipendi per le più forti al mondo. La WNBA ha un sistema di tetto salariale che non consente neppure alle più pagate di guadagnare soldi a palate, cosa che invece altrove si riesce a fare.
La squadra di Ekaterinenburg per vincere l’Eurolega 2021 aveva schierato un quintetto da All-Star Game, tanto che la miglior giocatrice della WNBA 2021, Jonquel Jones, partiva dalla panchina. E a Maria Vadeeva, punto di forza della nazionale russa, capitava persino di non entrare in campo.
Brittney Griner era ed è assai ben pagata perché fa parte di un olimpo: nella classifica delle più grandi della storia WNBA si è classificata diciassettesima, ha vinto da protagonista due Olimpiadi e due Mondiali, oltre a un sacco di altre cose.
Phoenix Mercury
Che succederà a Griner? Una risposta davvero sincera non può che essere questa: nessuno lo sa. Non lo sa neppure il management della sua squadra WNBA, le Phoenix Mercury, quest’anno deciso a giocare il tutto per tutto alla ricerca di un titolo che manca da tempo (2014), solo sfiorato nel 2021 in una serie finale persa contro le Chicago Sky, nel corso della quale Brittney giocò a livelli molto vicini alla perfezione.
La squadra costruita in offseason è fortissima: accanto a Griner già lo scorso anno giocavano Diana Taurasi, incontrastata leader della citata classifica delle più grandi di tutti i tempi e Skylar Diggins-Smith, playmaker della nazionale statunitense. A loro si è aggiunta Tina Charles, veterana così forte da essere anche lei presente nella ormai nota classifica (numero diciotto, subito dietro Griner). Tutte campionesse oltre i trent’anni, Taurasi ne sta per compiere quaranta, dunque il momento di vincere (o rivincere) è ora.
Ma le Phoenix Mercury saranno così forti anche con un’eventuale assenza di Griner? Certo che no, ma sportivamente non possono stare con le mani in mano. Una notizia molto recente lo conferma: a Phoenix hanno appena ingaggiato Kristine Anigwe per il training camp, una delle migliori free agent disponibili nel gruppo dei centri, lo stesso ruolo di Griner.
La chiusura sportiva di un articolo inevitabilmente anche politico è un aperto elogio a questa giocatrice, Kristine Anigwe. L’ho vista giocare dal vivo più volte nel suo anno da junior a California, dove ha vissuto una carriera universitaria a livelli elevatissimi. Poi ha pagato il salto WNBA, non riuscendo mai a imporsi come il suo talento vorrebbe. Fuori dalla stagione WNBA gioca (bene) in Turchia e a mio parere ha tutte le carte in regola per diventare una protagonista anche negli States. Eppure, da suo tifoso personale spero che il prossimo anno giochi poco. Perché speriamo che Anigwe, per quanto forte sia, faccia la riserva di Brittney Griner.