Brittney Griner, un’assenza che pesa con la nuova stagione WNBA alle porte
Mentre le autorità russe prolungano la permanenza in prigione del centro dei Phoenix Mercury, la nuova stagione è già partita, con delle novità importanti.
È iniziata la stagione WNBA e per raccontarne il principio può essere utile fare un paio di passi indietro e riannodare le fila del discorso.
Fuori dal parquet
Primo filo: Brittney Griner, centro dei Phoenix Mercury arrestata in Russia il 17 febbraio, è ancora in prigione. Nell’articolo di fine marzo avevo già raccontato la sua storia recente. Da quel giorno, ecco le novità: il governo degli Stati Uniti ha classificato l’arresto come “ingiusta detenzione”, il che non è una semplice questione nominalistica, ma attesta un nuovo impegno diplomatico-istituzionale a muoversi in maniera «più aggressiva» per la sua liberazione, come ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato.
La detenzione di Griner è stata però assai recentemente (13 maggio) prolungata di un mese ancora (fino al 18 giugno), questo significa quattro mesi almeno di prigione in attesa del processo per il – a questo punto scriviamo presunto – possesso di una ricarica da sigaretta elettronica contenente olio di hashish. Piccola buona notizia, forse, l’avvocato (russo) di Griner ha dichiarato di non avere ricevuto lamentele dalla propria assistita per il trattamento in carcere.
La WNBA ha reagito con alcune azioni di supporto: su tutti i parquet della lega è stato stampato il logo BG42 (iniziali e numero di gioco della campionessa); alla sua squadra, Phoenix Mercury, è stata garantita libertà di movimento nello spazio salariale per potere sostituire e allo stesso tempo pagare Griner; infine, sono stati versati contributi e promosso supporto all’iniziativa di beneficenza avviata da Brittney nel 2016 in aiuto dei senza tetto di Phoenix.
Le scelte
Secondo filo: nell’articolo di commento alla chiusura della stagione NCAA avevo fatto un palese endorsement nei confronti di Destanni Henderson, playmaker di South Carolina, auspicando per lei una chiamata alta al draft. Non è successo, perché le Indiana Fever hanno scelto Henderson al numero 20, secondo giro.
Nelle prime due partite, però, è stata la playmaker titolare e ha giocato particolarmente bene, tanto che alcuni osservatori iniziano prematuramente a chiedersi in quanti si mangeranno le mani per averla lasciata scivolare così lontano nell’ordine delle scelte. Le Fever sono una squadra notevole da vedere, giovanissime e talentuose lasciano presumere incantevoli alti e spaesanti bassi.
Due chiamate prima di Henderson è toccato all’italiana Lorela Cubaj, scelta dalle New York Liberty. Cubaj è entrata nel roster, cosa per niente scontata in una lega di sole dodici squadre e con la possibilità di mettere sotto contratto appena dodici giocatrici. Vediamo come andrà, ma anche lei nelle prime tre partite ha avuto spazio.
Scritto per inciso ma neanche troppo per inciso, quella delle sole dodici giocatrici arruolabili è una regola che mette in difficoltà le franchigie e scontenta le atlete. Per fare un esempio, in due partite consecutive le Washington Mystics hanno schierato otto giocatrici a referto, tra assenze per impegni da chiudere in Europa (esempio: il campionato turco ancora non è finito e chi gioca da straniera là deve per contratto chiudere la stagione), infortuni e recuperi, protocollo Covid. Tanto è vero che nelle discussioni sulla possibile espansione della Lega il sindacato giocatrici ha fatto sapere che la priorità è piuttosto l’espansione delle rose.
Sul parquet
L’ottima copertura televisiva consente all’appassionato (pure se qui l’inglese fanatic calza meglio) di avere già le prime idee sul basket giocato. L’inizio è particolarmente equilibrato: alla terza partita non c’è squadra imbattuta.
Sorprendenti le Atlanta Dream, che hanno vinto le prime due e persa la terza, uscendo da un record 2021 di 8-24. Hanno cambiato tutto e i primi segnali sono di modifiche che funzionano, a cominciare da Rhyne Howard, prima scelta assoluta da Kentucky.
L’inizio meno bello lo dobbiamo attribuire a Minnesota, che pare davvero avviata a una stagione, chiamiamola così, di transizione. Questo nell’attesa di ritrovare sul campo la campionessa olimpica Napheesa Collier, assente dai parquet per la ragione migliore, l’attesa del primo figlio.
In una situazione ancora parecchio traballante tra roster ridotti, rientri dai campionati esteri, infortuni e positività al Covid al momento risulta davvero difficile escludere qualcuno dalla lotta al titolo. Le pretendenti sono tante, le sorprese dietro l’angolo e se proprio dovessi giocare il mio nichelino lo collocherei sullo Space Needle di Seattle, consapevole che la superstar Breanna Stewart non si deve più infortunare e che la iperstar Sue Bird il 16 ottobre spegne la quarantaduesima candelina.
Se poi Griner dovesse finalmente tornare a casa ed entrare pure in forma, il secondo nichelino lo seppellirei nel deserto dell’Arizona.