I più grandi What If dello sport americano
Ogni lega sportiva americana ha i suoi What If; scopriamoli insieme oggi su Gambit.
Una delle domande più ricorrenti nel mondo dello sport e nelle discussioni “da bar” intorno allo sport è: “Cosa sarebbe potuto accadere se…?”.
Questa settimana, allora, su Gambit, la domenica sportiva di Jefferson, abbiamo pensato di allacciarci all’ultimo carteggio uscito sul nostro sito, il numero 31, dedicato alle storie “possibili” ma mai avveratesi, le cosiddette ucronie tanto care al mondo dello sport, rivelando i più grandi What If delle quattro maggiori leghe sportive americane, NHL, MLB, NBA e NFL.
NHL’s What If: Niente espansione a Sud
L’hockey è uno dei quattro sport nazionali degli Stati Uniti, e la NHL, pur non essendo la lega più seguita in America ha comunque i suoi bei numeri, e negli ultimi anni si sta espandendo sempre di più ad esempio con l’aggiunta di un team a Las Vegas, i Las Vegas Knights – arrivati alla finale della Stanley Cup nella loro stagione inaugurale –, e i recenti Seattle Kraken, al loro esordio assoluto in questa stagione.
La NHL però è stata inizialmente una lega riservata al “nord” degli Stati Uniti, visto soprattutto che l’hockey è molto più apprezzato dai tifosi rispetto al caldo sud, con squadre anche canadesi che partecipano al campionato statunitense. Nel 1972 la lega decise di aprirsi al sud del paese, iniziando quella che sarebbe poi diventata la “South Expansion”, per cercare di aumentare la fanbase e di aumentare profondamente la presenza della NHL nel paese.
Ma cosa sarebbe successo se la lega non avesse mai approvato la South Expansion?
Probabilmente l’hockey avrebbe ancora meno appeal di quanto ne ha adesso: i paesi del Sud non si sarebbero mai appassionati allo sport senza la presenza di una squadra da tifare e la lega avrebbe perso una grossa fetta di potenziali consumatori.
A guadagnarci sarebbero state sicuramente le squadre canadesi: probabilmente avremmo avuto un’altra squadra a Toronto oltre ai Maple Leafs, creando una situazione per la tifoseria simile a quella presente nel baseball per New York e Chicago, ci sarebbe stato un ritorno per la NHL a Quebec City e ad Hartford, due città che nel passato vantavano la propria squadra nella massima divisione di hockey, e Seattle avrebbe avuto una squadra ben prima del 2021, ma analizzando più in generale il discorso, la NHL senza la sua espansione a Sud avrebbe perso fin troppi guadagni, e non avrebbe il seguito che ha invece adesso.
NBA’s What If: OKC tiene i suoi big three
La NBA è una delle leghe con il maggior numero di What If di sempre, a partire da un Derrick Rose senza infortuni, un Michael Jordan che non si è mai ritirato, Kobe Bryant ai Pistons nel 2007, Chris Paul ai Lakers nel 2011, ma il più grande What If degli ultimi anni riguarda sicuramente gli Oklahoma City Thunder.
Nel 2013 OKC aveva appena perso le Finals contro i Miami Heat di LeBron James, e avevano una delle squadre più promettenti per il futuro, con i migliori Big 3 di tutta la NBA: Kevin Durant, il secondo miglior giocatore della lega, Russell Westbrook, già uno dei migliori playmaker di tutta la NBA, e James Harden, che di lì a poco sarebbe diventato uno dei migliori realizzatori del campionato.
La dirigenza, però, volendo evitare di perdere Harden a zero l’anno dopo, decide di imbastire uno scambio con gli Houston Rockets, perdendo quindi uno dei Big 3; ma cosa sarebbe successo se invece che mandarlo via i Thunder fossero riusciti a rifirmare James Harden?
OKC avrebbe probabilmente messo su una delle squadre più forti di tutta la lega negli anni a venire, vincendo almeno 2 titoli nei 5 anni successivi, probabilmente avendo la meglio contro i Golden State Warriors, e Durant-Westbrook-Harden si sarebbero affermati come uno migliori, se non il migliori, trio della storia.
La realtà dei fatti è però diversa: Westbrook è stato abbandonato, stabilendo il record di triple doppie segnate in stagione, Kevin Durant è dovuto volare nella Baia per vincere il suo primo titolo NBA, per poi riunirsi con James Harden a Brooklyn, dove i due hanno ricreato uno dei Big 3 potenzialmente più forti della NBA insieme a Kyrie Irving.
NFL’s What If: AFL e NFL rimangono divise
La NFL è la lega più seguita negli USA, e gran parte del merito è dato dalla sua spettacolarità; c’è stato però un periodo, fino al 1966, in cui negli Stati Uniti esistevano due leghe professionistiche di football, la American Football League, con a capo Al Davis, storico GM degli Oakland Raiders, e la National Football League, con Pete Rozelle come commissioner.
Le due leghe hanno convissuto dal 1959 al 1966, quando, dopo qualche mese di incontri segreti fra i commissioner, è avvenuta la fusione, che ha portato alla nascita della National Football League come la conosciamo oggi, con le due conference, AFC e NFC, e soprattutto il Super Bowl, il grande ballo finale che contraddistingue il campionato di football.
Ma cosa sarebbe successo se le due leghe non si fossero mai unite?
Non avremmo mai avuto il Super Bowl, e già solamente per questo dobbiamo ringraziare che le due leghe si siano fuse nel ‘66, e probabilmente anche il gioco sarebbe stato diverso: la NFL sarebbe rimasta ancorata ad una mentalità più “difensiva” per molto più tempo, e avremmo avuto molte meno partite dal punteggio alto, la AFL sarebbe stata invece una lega si più spettacolare ma con il rischio di diventare una sorta di XFL, dove lo spettacolo veniva prima del merito sportivo.
Una cosa però è certa: i guadagni sarebbero stati minori per entrambe le leghe, e questo avrebbe condotto inevitabilmente a una fusione oppure alla chiusura di una delle due leghe, come abbiamo visto succedere per molte altre leghe professionistiche negli ultimi anni.
MLB’s What If: drug test negli anni Novanta
Il baseball, e la Major League, erano nella prima metà del Novecento la lega e lo sport più seguiti negli USA, ma con il passare degli anni l’interesse verso l’MLB è andato piano piano scemando, pur rimanendo una delle quattro grandi leghe americane.
Nel 1994, in occasione di uno sciopero dei giocatori, sulla falsariga del lockout che sta invece avvenendo ora, indetto dai proprietari, la lega e l’associazione giocatori decisero di eliminare i test antidoping, cercando quindi di aumentare lo spettacolo e di attirare nuovamente spettatori.
L’uso di inibitori, di droghe e di steroidi era comunque vietato, ma senza i test antidoping agli atleti, gran parte dei giocatori ne facevano uso, e questo permise di stabilire numerosi primati, come i dodici giocatori a toccare quota 40 homerun nel 1997, o i 4 giocatori a superare i fuoricampo nell’anno successivo. La lega, pur ricordando alle squadre il divieto per i propri giocatori di assumere sostanze che potessero migliorare le loro prestazioni, non poteva fare assolutamente nulla, almeno fino alla stesura di un nuovo contratto con l’associazione giocatori, avvenuto nel 2002.
Ma cosa sarebbe successo se nell’accordo firmato dopo lo sciopero del 1994 non fossero stati banditi i drug test?
I risultati generali delle competizioni non sarebbero stati molto diversi, ma sicuramente molteplici record non sarebbero stati riscritti, tantissimi giocatori sarebbero stati qualificati, e forse lo sport del baseball non ne avrebbe risentito così tanto come invece è successo fra il 2006 ed il 2007 quando, con il ritorno dei drug test, iniziarono a uscire i nomi dei giocatori che avevano fatto uso di steroidi e inibitori, ponendo un enorme velo di validità sui record riscritti in quegli anni, e soprattutto sull’integrità della MLB.