Flash #84: Lindsay Halligan incrimina James Comey per compiacere Trump
La discussa neo procuratrice del distretto della Virginia mette sotto processo l'ex direttore dell'FBI, simbolo del Russiagate.
Lindsay Halligan ha 36 anni, è un’ex avvocata specializzata nel settore assicurativo, e dal 21 settembre è stata nominata da Trump nuova Procuratrice del prestigioso distretto orientale della Virginia. Dopo soli 3 giorni dal suo insediamento, si è ritrovata da sola, a fronte di un ufficio di 300 membri, alla guida di un caso che il suo predecessore Erik Siebert e molti degli assistenti Procuratori federali avevano considerato troppo debole per presentare accuse.
Il caso in questione è quello di James Comey, ex Direttore dell’FBI, ora sotto due capi d’accusa: false dichiarazioni e ostruzione alla giustizia. Halligan è riuscita a persuadere la maggioranza del Grand Jury; infatti, quattordici giurati su ventitrè hanno ritenuto ci fossero le prove per procedere.
L’atto dell’incriminazione si basa sulla testimonianza resa da Comey davanti alla Commissione Giustizia del Senato il 30 settembre 2020, quando fu accusato di aver mentito durante quell’audizione riguardo al fatto di aver autorizzato la diffusione di informazioni sensibili. Comey si è sempre dichiarato innocente e ha continuato a sostenerlo anche dopo la messa ufficiale in stato d’accusa, ribadendolo in un video postato sul suo profilo Instagram.
Tuttavia, gli avvocati che hanno esaminato l’atto di accusa insolitamente breve, appena due pagine, hanno evidenziato diversi punti deboli che potrebbero mettere in difficoltà la linea portata avanti da Halligan.
D’altra parte, il sostegno di Trump è stato immediato. “Questo fa sembrare il Watergate una sciocchezza,” ha chiosato, rilanciando poi su Truth Social con “Giustizia in America”. Il suo entusiasmo non stupisce, dal momento che si tratta proprio di quel James Comey, che nel 2017 aprì la strada al Russiagate coordinato dal procuratore speciale Robert Mueller. Un’inchiesta sulle presunte interferenze della Russia durante la campagna presidenziale del Tycoon per le elezioni del 2016 e che portò a diversi arresti, tenendo sotto scacco Trump per ben due anni, senza però mai incriminarlo definitivamente.
La messa in stato di accusa di Comey ha generato tensioni anche all’interno dello stesso Dipartimento di Giustizia. Secondo indiscrezioni, la Procuratrice Generale degli Stati Uniti Pam Bondi, ex legale di Trump, insieme al suo vice, Todd Blanche, avrebbero cercato di convincere Trump a non rimuovere Erik Siebert, sostituito poi proprio da Halligan.
La scelta ancora una volta di una figura così leale al Presidente, che lo aveva già seguito in casi di grande risonanza come la perquisizione dell’FBI a Mar-a-Lago, se inserita all’interno di un quadro più ampio, riaccende nuovamente l’interrogativo sull’imparzialità del sistema giudiziario statunitense e sul suo potenziale uso per perseguire avversari politici.
L’udienza per Comey è stata fissata al 9 ottobre. A presidiare sarà il giudice Michael Nachmanoff, nominato dall’ex presidente Biden. Particolare questo, che non è sfuggito a Trump che su Truth ha subito asserito che “James Comey è un poliziotto corrotto, ma gli è stato assegnato un giudice nominato dal corrotto Joe Biden, quindi è partito con il piede giusto”.
Resta ora da vedere come si evolverà il processo. Intanto, c’è chi ritiene che John Bolton, ex consigliere e ora acerrimo nemico del Tycoon, possa essere il prossimo a subire un processo dettato da motivazioni politiche, più che dalla giustizia.