Flash #77: Trump può deportare cittadini americani fuori dagli Stati Uniti?
Per ora no, e per farlo dovrebbe piegare l'ottavo emendamento alla Costituzione; non sembrava, però, possibile che molte decisioni in materia di immigrazione venissero prese in questi mesi.

Sin dall’inizio della sua amministrazione, Donald Trump ha reso la lotta all’immigrazione una priorità. Come base legale di alcune sue decisioni, vuole fare uso dell’Alien Enemies Act, una legge emanata nel 1798 dal Presidente John Adams quando gli USA si trovavano nella cosiddetta “Quasi War” contro la Francia. Si tratta di una legge che conferisce poteri emergenziali al Presidente in materia di immigrazione ed è stata storicamente usata solo in tempo di guerra dichiarata.
La strategia di utilizzare (o creare) l’emergenza per fare politica non è certo nuova: basti guardare come questa amministrazione ha affrontato il tema dei dazi, dove è stato proprio un altro atto emergenziale (Trade Expansion Act, 1962) a fondare l’agire dell’esecutivo.
Una recente serie di decisioni della Corte Suprema statunitense sembra inoltre legittimare con forza l’operato del presidente. Una di esse istituisce un termine di 30 giorni per poter fare appello contro un ordine di espulsione: una banale prassi, se non fosse che si ferma solo in caso di appello federale, non per altri giudizi collaterali come quello basato sulla Convenzione sulla Tortura dell’ONU. Il presupposto, spiegato dal giudice Alito, è che il legislatore ritiene che il sistema giudiziario migratorio svolga il suo ruolo con rapidità ed efficienza.
La realtà si scontra però con i buoni auspici di cui sopra: ormai Donald Trump, coadiuvato dalla Corte Suprema, ha il potere di sottrarre ai migranti alcuni fondamentali diritti di Due Process (quello che in italiano chiamiamo Giusto Processo, ossia un insieme di garanzie che consentono al soggetto coinvolto di difendersi contro lo Stato, che si presuppone sia parte dominante nel conflitto). Le Corti migratorie non sono così veloci e i giudici federali si ritrovano con le mani legate di fronte a una deadline così severa.
Non basta: la Corte Suprema, in cui la maggioranza conservatrice è sempre più forte, ha di recente consentito a Trump di espellere migranti in paesi diversi da quelli di origine, senza neanche prevedere un termine per presentare le loro difese. Dodici uomini, molti dei quali si sono macchiati di crimini gravi negli USA, sono stati spediti su voli di espulsione senza nemmeno avere la possibilità di difendersi da questa decisione e sono arrivati in Sud Sudan, paese notoriamente povero e instabile politicamente.
Ad accrescere la convinzione che l’amministrazione Trump non abbia alcuna preoccupazione per i diritti degli espulsi, c’è il recente commento del Segretario di Stato Marco Rubio, che, durante una riunione del governo, ha asserito di voler “rispedire i migranti irregolari il più lontano possibile”.
Questo spiega l’accordo, tra gli altri, con il Presidente salvadoriano Nayib Bukele per usare la maxiprigione di El Salvador, la cosiddettaCECOT, come luogo di custodia degli espulsi, di qualunque nazionalità. Parecchi giuristi hanno però sollevato fondate perplessità in questo senso.
La prigione stessa non rispetta i più basilari diritti umani. Le celle contengono 150 persone alla volta, ma sono munite di due bagni ciascuna. I materassi non esistono: si dorme sul metallo, senza però condizioni per farlo. La prigione è infatti costantemente illuminata, ventiquattr’ore su ventiquattro.
In isolamento, dove si può stare sino a 15 giorni (il limite che le Nazioni Unite fissano perché non sia definito tortura, secondo le Mandela Rules), la sola luce viene da un piccolo buco nel soffitto e la cella è minuscola. Il letto, ovviamente, è di cemento.
In conclusione, i prigionieri non partecipano ad alcuna attività riabilitativa, né hanno facile accesso al proprio avvocato e oltretutto non è chiara la circostanza in cui molti di loro sono stati arrestati. A mostrare la crudeltà dell’approccio è il fatto che membri di gang diverse non siano divisi tra di loro: una ricetta devastante riguardo a possibili violenze interne.
Perché tutto ciò dovrebbe preoccupare un cittadino americano, anche se in attesa di giudizio? L’esecutivo Trump avrà sì lo sconvolgente potere di scegliere il paese di espulsione per un immigrato irregolare che dunque non è cittadino, ma mai potrà toccare cittadini americani, a cui, come afferma l’Ottavo Emendamento della Costituzione, non possono essere inflitte pene crudeli o arbitrarie (cruel or unusual)?
Per ora si possono solo fare speculazioni, ma il Presidente Trump ha annunciato più volte che vorrebbe dare seguito a questa palese violazione costituzionale. La proposta di accogliere nelle prigioni come CECOT anche cittadini americani è partita da Bukele: Trump l’ha lodata durante una conferenza stampa insieme, mentre un imbarazzato Marco Rubio ha ritenuto la proposta “generosa” e ha promesso di studiare un’implementazione costituzionalmente orientata. Da X qualche mese fa era arrivata l’approvazione di Musk: Great idea!!. Chissà se oggi che viene minacciato di deportazione sarebbe ancora d’accordo…
Insomma: ci sono le carte in tavola per un notevole arretramento costituzionale. Se Trump dovesse riuscire a piegare in tal senso la Costituzione, gli USA vedrebbero sempre più garanzie messe in discussione. Prima il quattordicesimo, ora l’ottavo emendamento: le protezioni che gli americani hanno da sempre dato per scontate si stanno lentamente erodendo.