Flash #69: Washington accoglie i bianchi sudafricani come rifugiati
Mentre per la maggior parte dei richiedenti asilo entrare negli Stati Uniti è sempre più complesso, Washington accoglie un gruppo ben preciso, ecco perché

Mentre l’amministrazione Trump rende più difficile l’immigrazione verso gli Stati Uniti, ha concesso i privilegi di rifugiati a un gruppo particolare: alcuni sudafricani bianchi, che si autodefiniscono “vittime di genocidio” e “discriminati” per le leggi di redistribuzione delle terre che il governo di Pretoria sta portando avanti. Sessanta di loro sono già sbarcati all’aeroporto di Washington, mentre i requisiti per gli altri gruppi, come i cittadini afghani, diventano sempre più stringenti.
Il governo del presidente Cyril Ramaphosa ha portato avanti negli scorsi mesi un progetto di legge, l’Expropriation Act, che ha l’obiettivo di redistribuire parte delle proprietà terriere nel Paese. Gli afrikaner, infatti, i discendenti dei coloni olandesi che hanno governato il Sudafrica secondo le regole segregazioniste dell’apartheid, detengono ancora il 70 per cento delle proprietà, nonostante rappresentino solo il 7 per cento della popolazione. La legge permette al governo una confisca delle terre per l’interesse pubblico, ma solo dopo la revisione di un giudice, e ha generato un intenso dibattito politico.
Nonostante questo, alcuni Afrikaner ritengono di essere pesantemente discriminati dal governo, e addirittura uccisi in massa sulle loro proprietà, dichiarandosi vittime di un genocidio: una considerazione ritenuta falsa dagli organi di stampa internazionali, che hanno determinato come i contadini boeri uccisi non sono più di 60 l’anno, utilizzando le stime fornite da loro stessi, in un Paese che conta circa 19.000 omicidi l’anno. Un problema, sicuramente, di sicurezza e criminalità, che attanaglia da decenni il Sudafrica, ma non certo una pratica genocidaria.
Quest’accusa è però portata avanti in modo consapevole da Donald Trump, che già nel 2018 aveva twittato sul tema, e da altri repubblicani. Questo perché da anni un’associazione di afrikaner, AfriForum, che persegue un programma etno-nazionalista e di estrema destra, fa lobbying sul Gop perché vengano prese in considerazione le loro istanze. Anche per questo Trump ha deciso di ospitare negli Stati Uniti con status di rifugiati queste persone, e Stephen Miller, consigliere per la sicurezza interna nel gabinetto Trump, si è spinto ad affermare che “quello che sta succedendo in Sudafrica è esattamente il motivo per cui esistono i programmi di protezione per i rifugiati”. I sudafricani bianchi, in una visione suprematista, possono essere accolti, in quanto facilmente assimilabili a differenza di altre categorie, come gli afghani che pure hanno aiutato gli statunitensi durante la guerra al terrorismo, che invece porrebbero un problema di sicurezza nazionale.
Nel frattempo, il governo sudafricano di Cyril Ramaphosa, accusato di adottare pratiche discriminatorie verso la minoranza bianca, ha definito completamente false le premesse del presidente degli Stati Uniti, e nel farlo ha rimarcato che, nonostante i tentativi di attuare una parziale redistribuzione, gli Afrikaner rimangono il gruppo sociale più economicamente privilegiato, e a cercare rifugio negli Stati Uniti sarebbero persone che non sopportano l’idea di vivere in un Sudafrica multirazziale. Uno scontro aperto, ancora più acceso da quando Trump ha cancellato tutti gli aiuti umanitari a Pretoria, proprio per via della presunta discriminazione. La strumentalizzazione dello status di rifugiato è portata avanti consapevolmente da Washington: si aprono le porte a determinati gruppi umani, in linea con le politiche dell’amministrazione, e se ne lasciano consapevolmente indietro altri.