Flash #65: L’accordo che ha posto fine alla battaglia sul proxy voting al Congresso
Dopo anni di dibattito sul voto per delega e in seguito ad una lunga battaglia condotta dalla deputata repubblicana Anna Pulina Luna, negli scorsi giorni è stato raggiunto un accordo provvisorio
Anna Paulina Luna è una giovane deputata statunitense che rappresenta la Florida alla Camera dei Rappresentanti dal 2023: veterana di guerra, è stata la prima donna americano-messicana eletta al Congresso per rappresentare la Florida, e ha fatto del suo supporto a Donald Trump uno dei pilastri della sua corsa per il Congresso. Nelle ultime settimane è stata al centro dell’attenzione a causa della sua nuova proposta di legge relativa al voto per delega per le neo-mamme (e non solo) deputate.
Una prima versione della legge risale a gennaio 2024, in seguito all’esperienza diretta di Luna. Infatti, l’anno precedente per diverso tempo non poté recarsi a Washington per votare a causa di complicazioni dovute al parto. Come soluzione Luna propose di consentire il voto per delega alle neo-mamme, pensandola come una lieve modifica da fare al regolamento della Camera. La proposta però ha generato un lungo dibattito e una profonda spaccatura sia all’interno della Camera che nel Partito Repubblicano.
Il dibattito relativo al voto per delega e le frizioni da esso generate hanno però origini che vanno ricercate più indietro nel tempo rispetto alla prima proposta di legge del 2024.
All'inizio della pandemia il Partito Democratico alla maggioranza aveva modificato il regolamento della Camera elaborando un sistema di voto per delega, sia per prevenire i rischi durante il viaggio per Washington, sia per evitare sovraffollamento in aula durante il voto. Ai tempi il leader della minoranza Kevin McCarthy aveva definito la pratica una “negligenza nei doveri” e venne definitivamente abbandonata nel 2022, quando i Repubblicani ottennero la maggioranza alla Camera e lo stesso McCarthy divenne speaker.
La prima proposta di legge di Luna prevedeva il voto tramite un rappresentante per sei settimane, ma non ottenne successo. La seconda, proposta a distanza di un anno, è stata elaborata grazie al supporto delle deputate democratiche Brittany Pettersen e Sara Jacobs e intendeva consentire il voto per delega non solo alle neo-mamme, ma a tutti i neo-genitori, per dodici settimane. La resistenza più accanita è stata fatta dallo Speaker della Camera Mike Johnson che ha più volte definito la proposta incostituzionale; Johnson ritiene che possa essere fatto abuso del voto per delega da parte di coloro che semplicemente non vogliono recarsi a lavoro fisicamente.
Un compromesso al lungo dibattito si è trovato dopo l’intervento diretto del presidente Trump, che la scorsa settimana si è detto favorevole al voto per delega, ma ha anche specificato come debba essere Johnson a dover decidere. Il compromesso prende il nome di vote-pairing e consente a un membro assente di “accoppiare” il proprio voto a quello di qualcuno presente che intende votare in senso contrario sulla questione, in modo che i due voti si annullino. Luna, comunicando il raggiunto accordo, ha specificato che l'opzione di voto sarebbe aperta a tutti coloro che non possono votare: inclusi i neo-genitori, le persone in lutto e i legislatori che stanno affrontando emergenze mediche e familiari. Luna ha definito l’accordo come un passo verso un Congresso a favore della famiglia.
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È tutto un po’ folle comunque. Soprattutto da parte Repubblicana viste le esigue maggioranze alla Camera