Flash #64: I tagli alla ricerca dell'amministrazione Trump non risparmiano l’HIV
Il Presidente americano cancella uno degli obiettivi chiave che si era posto nel suo primo mandato
Il Ministero della Salute compie un passo indietro in una battaglia che Trump aveva ritenuto fondamentale durante il suo primo mandato.
Sembra infatti che il tradizionale ideale conservatore dello small government sia il principio ispiratore dell’attuale riorganizzazione della complessa macchina federale. Alcune battaglie storiche del partito repubblicano, come quella di eliminare il Dipartimento dell’Istruzione, sono infatti tornate nel dibattito pubblico con rinnovato vigore sul tracciato del Department of Government Efficiency di Elon Musk, anche a causa di un ordine esecutivo di febbraio.
Non sorprende dunque che anche il Dipartimento della Salute (DHHS, Department of Health and Human Services, il cui Segretario è Robert F. Kennedy Jr.) sia stato colpito dall’ondata di tagli, vedendo drasticamente ridotte le dimensioni del personale. Tra pensioni anticipate, posizioni vacanti chiuse ed effettivi licenziamenti, i dipendenti che lasceranno il dipartimento saranno circa 20.000.
Proprio all’inizio di aprile è emerso che questi tagli non interesseranno soltanto posti di lavoro: 450 milioni di dollari di bandi di ricerca sulla cura dell’HIV sono infatti stati ritirati, lasciando sconvolti accademici e ricercatori. Si tratta di fondi del National Institute of Health (NIH), un polo finanziario fondamentale per la ricerca medica che costituisce parte integrante del Dipartimento della Salute.
La notizia non stupisce, specialmente se sommata all’indiscrezione del Wall Street Journal di qualche settimana fa. Fonti riservate avrebbero confermato che i programmi di prevenzione dell’AIDS gestiti dal Center for Disease Control and Prevention (CDC) sarebbero stati oggetto di un’altra impietosa ondata di tagli.
La mancanza di fondi in questo ambito sta già avendo ripercussioni sul territorio: uno di questi bandi ritirati era stato vinto dal Pride Center of Equality Park, un hub in Florida ove un’organizzazione non-profit offre servizi per la comunità LGBTQ+. Tra le loro attività infatti c’era la fornitura gratuita di test di sieropositività, un fondamentale lavoro di prevenzione che ora rischia di venire profondamente limitato.
Tutto ciò porterebbe a pensare che si tratti di una strategia di repressione delle cosiddette iniziative di DEI (Diversity, Equity and Inclusion), le politiche volte a promuovere l’inclusività e combattere discriminazioni in base a genere, identità sessuale, etnia e altre minoranze, bersaglio evidente di parecchi cambiamenti introdotti dall’amministrazione Trump.
A voler ben vedere, infatti, molti degli studi potenzialmente bloccati vanno a studiare quali sono le cause che affliggono maggiormente le diseguaglianze nella trasmissione del virus. Si cerca di comprendere quindi se queste possano essere eliminate attraverso una migliore disponibilità di farmaci che riducano la possibilità di contrarre un’infezione presso popolazioni vulnerabili, ad esempio gli afroamericani.
Alcuni dei progetti fermati, inoltre, affrontavano temi a latere che, pur non essendo strettamente medici, rivestono un ruolo sostanziale nella gestione della dimensione sociale della patologia, come la prevenzione dello stigma.
La decisione di limitare i fondi per questo tipo di ricerche, sebbene segua il trend dei recenti tagli, si pone in netto contrasto persino con la precedente amministrazione Trump. Nel discorso sullo Stato dell’Unione del 2019, Donald Trump aveva annunciato l’introduzione del progetto EHE (Ending the HIV Epidemic in the US), che tra i notevoli successi vanta una sostanziale riduzione del numero di portatori inconsapevoli.
Questo progetto comprendeva nelle proprie strategie proprio l’identificazione delle aree più colpite, al fine di predisporre un intervento mirato. 48 contee e 7 stati sono infatti stati posti al centro del programma, poiché in essi si concentrava la maggioranza delle diagnosi.
Insomma, pare che nel 2019 l’amministrazione Trump avesse ascoltato quegli stessi esponenti del mondo accademico che ancora oggi sostengono sia necessario mantenere alta l’attenzione su alcune comunità marginalizzate, rendendo ancora più oscura la ratio della decisione odierna del DHHS.