Flash #6: Il potere di McConnell al capolinea?
Dopo aver favorito l'agenda di Trump durante il suo mandato, oggi McConnell si ritrova schiacciato dai seguaci dell'ex Presidente, che non accettano la sua linea internazionalista in politica estera
Ci sono alcune figure che rimangono al Congresso per anni, a volte per decenni, pochissimi per più di vent’anni. Quelli come Mitch McConnell, invece, ormai, sono rarissimi. Senatore eletto nel 1984, in piena epoca reaganiana, ha attraversato varie epoche della politica americana scalando la leadership del Partito Repubblicano, fino a diventare nel 2006 il dominus del suo gruppo e poi del Senato alle consultazioni di midterm del 2014. Oggi però il suo potere sembra essere fortemente indebolito, dopo che nel quadriennio trumpiano la sua stretta collaborazione con l’allora Presidente ha portato alla nomina di tre giudici conservatori alla Corte Suprema usando tattiche congressuali spregiudicate. Dopo le elezioni di midterm del 2022, quando a sorpresa i Repubblicani, non solo non hanno ottenuto la maggioranza, ma hanno addirittura perso un seggio, McConnell è stato sfidato per la leadership dal trumpiano Rick Scott. Un assalto respinto con facilità, raccogliendo 37 voti su 49 totali del gruppo. All’epoca però, il trumpismo sembrava declinante. I candidati sponsorizzati dall’ex Presidente avevano perso malamente dei contest ampiamente alla portata.
Oggi invece il trumpismo è in crescita e McConnell, per la prima volta, sembra in seria difficoltà. Lo vediamo con una delle sue scelte più conseguenti di questi ultimi anni: il sostegno militare agli alleati americani alle prese con un invasore autoritario, a cominciare dall’Ucraina attaccata dalla Russia di Putin.
Per indorare la pillola sull’ultimo pacchetto di aiuti, McConnell ha cercato di legarci un provvedimento per restringere i flussi migratori dal confine Sud. Una tattica che ha funzionato, apparentemente, tanto che il negoziatore da lui scelto, il trumpiano moderato James Lankford dell’Oklahoma, è tornato con un accordo che, se fosse stato approvato in altre epoche, avrebbe causato il giubilo di tutto il codazzo trumpiano.
Invece no. Semplicemente perché, anche se si prevedeva qualcosa come la “chiusura d’imperio” del confine in caso di superamento del limite di cinquemila ingressi irregolari, questo non avrebbe aiutato la campagna elettorale di Trump, che punta molto su una crisi sanguinante alla frontiera in modo da affermare che soltanto lui “può risolverla”, con il solo uso della sua volontà. McConnell, dietro le quinte, ha riconosciuto la nuova realtà politica. Trump ormai è il capo del Partito Repubblicano, piegandosi alla sua volontà e cestinando l’accordo.
Si potrebbe dire che anche nel quadriennio presidenziale McConnell abbia agito come grande alleato del tycoon, ma all’epoca c’era un progetto da portare avanti: l’occupazione dei posti vacanti nel sistema giudiziario federale con giudici conservatori.
Oggi invece i rapporti di forza sono cambiati e per citare il discorso di McConnell fatto di fronte al Senato qualche minuto prima dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, la democrazia “rischia di imboccare una spirale mortale”. E McConnell, pur perdente, sembra aver scelto di non essere parte di questa fase due del trumpismo, esplicitamente autoritaria. Anche se forse non avrebbe guastato essere più prudenti quando ha contribuito ad affermare l’agenda trumpiana nel periodo compreso tra il 2017 e il 2021.