Flash #50: I democratici vanno in ordine sparso
Alla ricerca di un tema cardine per fare opposizione, i democratici pungolano Trump su alcune promesse di campagna elettorale. E su alcuni aspetti danno ragione a Musk
Quando il 20 gennaio Donald Trump diventerà ufficialmente presidente degli Stati Uniti, i democratici avranno bisogno di una strategia comune per poter fare un’opposizione costruttiva. A oggi, però, non sembra che la linea sia chiara e univoca. Secondo un sondaggista che ha lavorato per la campagna Harris, i democratici dovrebbero ricostruire da zero il messaggio, comprendendo che gli attacchi a Trump sull’etica non funzionano e concentrandosi sui temi economici. La scommessa di molti è che Trump ha condotto una campagna basata sul riportare ricchezza ai cittadini americani, dopo anni di inflazione e perdita di valore d’acquisto, tramite dazi doganali e tagli alle tasse. Molti economisti ritengono che queste misure genereranno nuovamente un aumento dei prezzi, e i democratici avrebbero vita facile a condurre un’opposizione di questo tipo.
Tra gli esponenti del partito più progressisti, l’idea di costruire attacchi populisti al presidente – criticandolo non per l’evidente disprezzo per la Costituzione, bensì per non aver mantenuto le promesse fatte al cittadino medio – si fa sempre più strada. Da qui derivano richieste dirette all’amministrazione di portare avanti piani come la gratuità dei trattamenti per la fertilità o eliminare ogni tassazione sulle mance (promesse fatte da Trump in campagna elettorale), così da poterlo attaccare quando con ogni probabilità si concentrerà su altro, come la deportazione in massa dei migranti o la guerra commerciale con Canada e Messico.
Di contro, alcuni democratici moderati stanno cercando di stabilire dei contatti soprattutto con Elon Musk, da poco alla guida del neonato dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE), che ha lo scopo dichiarato di tagliare un terzo delle spese statali. Il governatore Josh Shapiro e il senatore John Fetterman, della Pennsylvania, hanno parlato con lui di investimenti per il loro Stato: Fetterman si è spinto a definirlo un innovatore le cui opinioni vanno tenute in conto. A questo si aggiunge che i tagli alla spesa pubblica, a cui i democratici sono tendenzialmente contrari, hanno un punto di caduta particolare nel mondo della sinistra: quando a fare le spese dell’efficientizzazione della burocrazia è il Pentagono, i senatori più progressisti, come Elizabeth Warren e Bernie Sanders, non si dicono contrari. Per loro, infatti, tagliare commesse all’apparato militare-industriale è un ottimo punto di programma, anche se quei soldi andrebbero per loro reinvestiti in maniera differente dalle idee repubblicane.
Ne consegue che la situazione, a un mese dall’inaugurazione, è ancora nebulosa: l’idea che sembrava solo fantascienza il mese scorso, ossia che i democratici avrebbero potuto collaborare con l’amministrazione su qualsivoglia tema, non è più così lontana. Bisognerà vedere come si porrà Trump verso i suoi avversari; se abbandonerà i toni autoritari usati in campagna elettorale, quando ha detto che avrebbe cercato di processare e arrestare i suoi avversari politici, oppure se proseguirà nella sua campagna d’odio: in quel caso, il solco tra le due parti si acuirà ancora di più.