Flash #5: Iran-USA, fiamme nel deserto
La risposta armata agli attacchi delle milizie filoiraniane contro le basi USA è arrivata, ma è ancora presto per tirare le somme
Il 2 febbraio scorso, l’US Air Force ha lanciato un imponente raid aereo contro centinaia di postazioni militari in Siria ed Iraq, controllate dai gruppi armati legati alla Repubblica Islamica d’Iran. Una rappresaglia per i numerosi attacchi compiuti da queste ultime negli scorsi mesi, culminati con l’uccisione di tre militari statunitensi ed il ferimento di altri quarantasette per mano di un drone esplosivo schiantatosi su di un avamposto USA in Giordania.
Il raid è stato mosso anche da ragioni politiche: Biden è stato attaccato ferocemente da più fazioni del partito repubblicano, accusato di ‘debolezza’ verso l’Iran da parte dei falchi del Partito, come il senatore Tom Cotton, ma ricevendo dall’altro lato le critiche della frangia isolazionista del GOP, che lo ha additato come pericoloso guerrafondaio.
Il dossier Biden-Iran, partito con l’auspicio di appianare la crisi diplomatica generata dalla decisione di Trump di abbandonare l’accordo sulla proliferazione nucleare iraniana, è stato reso particolarmente complesso dal riaccendersi del conflitto israelo-palestinese. L’Iran, sostenitore di Hamas, ha spinto Hezbollah ed altre forze paramilitari sciite nella regione a compiere attacchi balistici contro gli asset di Israele e degli Stati Uniti nella regione, culminati con la campagna di interdizione navale portata avanti dagli Houthi yemeniti nello stretto di Suez.
Gli Stati Uniti scontano anche l’abbandono sostanziale della regione da parte delle presidenze Obama e Trump: i seguenti vuoti di potere hanno permesso all’Iran di costruire un network di organizzazioni armate che si espande dal Libano fino all’Iraq, organizzato sotto il nome altisonante di ‘Asse della Resistenza’. Le milizie rimangono tuttavia sostanzialmente autonome, agendo in base agli input Iraniani ma prendendo anche iniziative indipendenti che, a volte, possono risultare sgradite a Teheran: l’Iran si è più volte smarcato dall’attribuirsi la responsabilità per gli attacchi in Giordania, dando implicitamente colpa all’avventatezza della milizia irachena Kataib Hezbollah.
E’ ancora da vedere se il raid di Venerdì scorso sortirà gli effetti sperati o se, in alternativa, le milizie filoiraniane torneranno a bersagliare gli obiettivi americani nell’area. In ogni caso, è poco probabile che l’amministrazione Biden persegua operazioni militari più durature e di scala maggiore in Medio Oriente: il pubblico americano rimane fortemente opposto ad ogni prospettiva di ritorno nella regione.
AGGIORNAMENTO delle ore 21.00
Un attacco via drone a Baghdad ha portato alla morte di Abu Baqir al-Saadi, comandante del distaccamento siriano di Kataib Hezbollah. Non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali da parte delle autorità USA.