Flash #46: Cosa non ha funzionato nella comunicazione della campagna di Kamala Harris?
La corsa alla Casa Bianca della Vicepresidente, contrariamente alle aspettative iniziali, era partita molto bene. Ma allora cosa è andato storto?
Dopo il ritiro ufficiale del Presidente Joe Biden ha avuto inizio la campagna elettorale lampo della Vicepresidente Kamala Harris. La sua corsa, contrariamente alle aspettative iniziali, era partita molto bene. Harris aveva promesso una «nuova generazione di leadership», il supporto ai diritti riproduttivi delle donne e l’impegno a riconquistare gli elettori della classe operaia. Anche la scelta del candidato alla vicepresidenza, Tim Walz (da sempre noto sostenitore dei diritti della classe media) era apparsa una mossa strategica per riuscire ad accaparrarsi quella fetta di elettori.
A ciò si aggiungeva un entusiasmo travolgente generato sui social. Dall’utilizzo della potente Freedom di Beyoncé come colonna sonora della sua campagna elettorale, ai meme virali, fino al fenomeno Kamala is brat, un momento che aveva generato un’ondata di ottimismo specialmente tra gli elettori più giovani.
Senza dimenticare il record di donazioni a sostegno della sua campagna e l’endorsement di celebrità influenti. Tra le più importanti ricorderemo Taylor Swift, che già nel 2020 aveva espresso il suo sostegno alla Vicepresidente.
Per un momento, sembrava che Harris potesse davvero diventare la prima donna Presidente degli Stati Uniti. Nonostante queste premesse iniziali, però, il risultato non è stato quello sperato dalla campagna. Ma cosa è andato storto?
L’ombra di Biden
Un momento chiave che ha segnato il declino della sua campagna è stata sicuramente la sua intervista al programma The View di ABC. Alla domanda: «Cosa farebbe di diverso rispetto al Presidente in carica?”» Harris ha risposto: «Non mi viene in mente nulla». Una risposta disastrosa, considerando la promessa iniziale di «una nuova generazione di leadership».
Uno dei principali errori di Harris, sia sul piano comunicativo che strategico, è stato non riuscire a scrollarsi di dosso l’ombra di Joe Biden. Molti cittadini, delusi dall’amministrazione Biden – accusata dell’aumento dei costi dei generi alimentari, dell’inflazione e dell’aumento dell’immigrazione illegale – si sono interrogati sul motivo per cui avrebbero dovuto sostenere una candidata percepita come la continuazione dello stesso processo politico. In assenza di risposte chiare e rassicuranti, è parso più semplice optare per un cambiamento, piuttosto che portare avanti le medesime politiche. La Vicepresidente ha fallito infatti nel convincere gli elettori di poter rappresentare una vera alternativa al Presidente uscente.
Potremmo dire che Harris è rimasta in una sorta di limbo comunicativo: da un lato ha cercato di crearsi uno spazio autonomo e indipendente all’interno dello stesso Partito, dall’altro ha evitato di buttare fango sul Presidente in carica. Seppur non promuovendo apertamente in campagna elettorale le politiche dell’attuale amministrazione, era ancora troppo vicina a questa presidenza per poter dichiarare un taglio netto. In termini comunicativi, non è riuscita a convincere gli elettori né sul perché avrebbe dovuto prendere le redini del Paese, né a rassicurarli sugli attuali problemi economici e rispondere alle diffuse preoccupazioni legate all’immigrazione. Secondo i sondaggi, infatti, circa il 90 per cento degli elettori era preoccupato per l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e il 40 per cento considerava l’immigrazione una questione prioritaria.
Downfall finale: il focus sugli attacchi a Trump
La campagna elettorale ha poi cambiato strategia nel rush finale: Harris ha concentrato la sua comunicazione più sui pericoli di un secondo mandato Trump, anziché evidenziare cosa avrebbe fatto di diverso una volta eletta. Questo cambio di rotta è risultato fatale. Come osserva lo stesso sondaggista repubblicano Frank Luntz: «Gli elettori sanno già tutto su Trump. Quello che avrebbero voluto sapere era quali sarebbero stati i piani di Harris».
Harris ha certamente commesso diversi errori comunicativi, tra cui la mancanza di risposte concrete alle crescenti preoccupazioni economiche e sociali degli elettori, il mancato distacco dalle posizioni politiche del Presidente uscente e una strategia eccessivamente focalizzata sugli attacchi a un avversario già conosciuto, piuttosto che fare luce su sé stessa e sulla propria leadership.
Il fallimento della sua campagna, però, non è imputabile solo a queste scelte. Ciò riflette un problema ben più ampio all’interno del Partito Democratico: la difficoltà di proporre un candidato che rompesse con le politiche dell’attuale Presidente. Gli elettori, infatti, hanno preferito rieleggere Trump, visto paradossalmente come un’onda di cambiamento, piuttosto che dare fiducia a una candidata che portava con sé l’eredità politica lasciata da Joe Biden.