Flash #39: I Navy SEAL nell’occhio del ciclone
Le conclusioni dell’inchiesta sulle morti di Christopher J. Chambers e Nathan Gage Ingram, deceduti lo scorso gennaio nel mar Arabico, hanno alzato un polverone sui Navy SEAL
Lo scorso gennaio due Navy SEAL sono morti nel mar Arabico durante l’intercettazione di un’imbarcazione che stava contrabbandando armi iraniane per gli Houthi, in Yemen. L’operazione è avvenuta di notte, in condizioni metereologiche avverse ma ritenute al di sopra della soglia di tolleranza per l’operatività del corpo speciale. Durante l’abbordaggio, Christopher J. Chambers è scivolato e caduto in mare e pochi secondi dopo Nathan Gage Ingram è andato in suo aiuto. I due sono annegati al largo della Somalia e i corpi non sono mai stati ritrovati.
L’indagine che ne è seguita, commissionata dalla marina all’ammiraglio Michael DeVore e giunta a termine pochi giorni fa, ha concluso che le morti di Chambers e Ingram avrebbero potuto essere evitate. Sia il Naval Force Central Command che il Naval Special Warfare Command hanno concordato con le conclusioni del rapporto, ovvero che l’equipaggiamento fornito ai soldati avrebbe salvato loro la vita se fossero stati adeguatamente addestrati al suo utilizzo.
I video mostrano che gli operatori erano dotati di dispositivi di galleggiamento, i quali sarebbero stati in grado di tenerli in salvo per il tempo necessario al loro recupero, se gli operatori stessi li avessero dimensionati correttamente affinché sostenessero il loro peso e i pesanti carichi che portavano. Cosa che non è avvenuta, e dopo soli 47 secondi di tentativi di rimanere a galla i due Navy SEAL sono andati a fondo. Gli operatori superstiti sono rimasti scioccati dalla vicenda, considerato che Chambers era il miglior nuotatore del gruppo.
Secondo il rapporto, il resto della squadra conosceva questi dispositivi ma non sapeva bene come utilizzarli e ne sottostimava l’importanza. A monte, i soldati non erano stati sensibilizzati a sufficienza, tanto che in missione molti di loro preferivano diminuire al minimo i sistemi di galleggiamento a favore della mobilità.
Oltre a questo, DeVore ha rilevato ulteriori carenze nella pianificazione tattica e nell’applicazione delle corrette policy in area operativa: una fonte anonima ha riportato all’ammiraglio che a bordo della nave statunitense si stava bevendo alcol prima dell’operazione, come riportato da The Hill.
I Navy SEAL sono la punta di diamante delle forze armate statunitensi, celebri per la selezione più dura in assoluto e per essere considerati tra le più efficaci forze speciali al mondo. Hanno agito in tutti i teatri bellici dal Vietnam in poi: tra le missioni più famose vi sono l’eliminazione di Osama Bin Laden, la cattura del dittatore panamense Manuel Noriega e il salvataggio del capitano Richard Phillips, ostaggio dei pirati somali, oltre a molte altre missioni dietro le linee nemiche in Afghanistan, Iraq, Somalia e Granada.
Per questi motivi la vicenda ha generato un forte imbarazzo per la marina, cui è seguita una profonda autocritica. Il Naval Special Warfare Command ha avviato un nuovo programma di addestramento, nuove policy e nuovi standard di sicurezza, in particolare per quanto riguarda i dispositivi di galleggiamento, mentre l’ammiraglio Keith Davids, a capo dell’operazione durante l’incidente, si è dimesso lo scorso agosto.