Flash #23: La Federal Reserve americana decide di non modificare i tassi di interesse
Canada e Unione Europea applicano i tagli ai tassi di interesse per favorire i consumi, mentre la banca centrale statunitense confida nella propria economia senza intervenire.
La Federal Reserve ha deciso di non intervenire con un nuovo taglio dei tassi di interesse per combattere l’inflazione: lo scorso mercoledì è stato reso pubblico il report che ha evidenziato un aumento dei prezzi al consumo pari al 3,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma la banca centrale statunitense ha deciso di non apportare alcuna modifica. La settimana precedente il Canada era stato invece il primo Paese del G7 a tagliare i tassi di interesse (per la prima volta dopo quattro anni), seguito l’indomani della Banca Centrale Europea, che ha riportato i tassi al 4,25%. Le economie citate hanno in comune lo stesso target per il tasso di crescita dell’inflazione annuale da mantenere: il 2%, che nel caso di Unione Europa e Canada è più vicino ai valori effettivi registrati; rispettivamente, l’UE ha un tasso di inflazione che si attesta intorno al 2,6%, mentre il Canada ha registrato il 2,7%, il più basso degli ultimi tre anni. Se il livello di inflazione continuasse a migliorare verso la soglia dei due punti percentuali, il Canada non escluderebbe nuovi tagli ai tassi di interesse. Christine Lagarde, Presidente della BCE, è un po’ più cauta a riguardo, in quanto sostiene che per quanto il livello di fiducia sia cresciuto, la strada per arginare l’inflazione è ancora lunga.Â
Qual è quindi il motivo per cui la Federal Reserve ha deciso di lasciare tutto invariato? Secondo Jerome Powell, Presidente della Fed, sono stati fatti soltanto dei progressi modesti e, se davvero si vuole una riduzione dei tassi di interesse, è necessario adoperarsi maggiormente per avvicinarsi alla fatidica soglia del 2%. Un altro dato che avvalora la tesi di Powell è quello relativo al mondo del lavoro statunitense: l’economia del Paese continua a creare posti di lavoro, con il mese di maggio che ha visto le aziende creare 272.000 nuove occupazioni, quasi il 50% in più di quelle previste. La decisione di Powell e del consiglio della Federal Reserve può essere forse compresa meglio se si considera quello che affermano i libri di economia: le banche centrali aumentano spesso i tassi di interesse quando l’economia del Paese è eccessivamente forte e li abbassano per permettere all’economia di ripartire. In questo caso, quindi, siamo in una situazione di stallo, in cui gli Stati Uniti continuano a creare lavoro e a crescere - l’indice del mercato azionario Standard & Poor’s 500 misura le performance delle cinquecento aziende quotate più grandi nel Paese ed è cresciuto del 24% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno - mentre l’inflazione preoccupa la banca centrale e i cittadini: due terzi degli adulti considerati nel report Economic Well-Being of U.S. Households in 2023 hanno infatti dichiarato che l’attuale livello dei prezzi ha peggiorato la loro situazione finanziaria rispetto allo scorso anno.
La scelta attendista della Federal Reserve rischia di avere infine un ultimo effetto indesiderato: secondo alcuni economisti, più la banca centrale aspetta a modificare i tassi di interesse e più l’economia statunitense rischia di non cogliere opportunità di crescita, danneggiando la propria stabilità finanziaria e colpendo ancora più duramente i segmenti più fragili. L’inflazione e la risposta del Paese su come arginarla saranno i temi caldi che contribuiranno a indirizzare in modo decisivo le elezioni presidenziali del prossimo novembre.