Flash #19, In Alabama il procuratore generale vuole perseguire l’aborto anche fuori dai confini dello Stato
Il repubblicano Steve Marshall ha definito «complice di un crimine» chiunque aiuti le donne a interrompere la gravidanza.

«Un aborto volontario praticato in Alabama sarebbe un reato; pertanto, una cospirazione nata nello Stato per far sì che lo stesso atto venga eseguito al di fuori di questo è illegale», queste le parole del procuratore generale dell’Alabama Steve Marshall che – dopo aver impedito alle donne di interrompere la gravidanza nel suo Stato – ha anche intenzione di precludere loro di recarsi al fuori dei confini, dove la procedura rimane legale. Tuttavia, pochi giorni fa – basandosi sulla Costituzione - è arrivato il no del giudice distrettuale degli Stati Uniti Myron H. Thompson.
Quest’ultimo ha spiegato: «La concezione limitata del ‘diritto di viaggiare’ di Marshall intaccherebbe i privilegi della cittadinanza nazionale ed è incoerente con la Costituzione. Una chiara violazione dei diritti alla libertà di parola del Primo Emendamento».
«Si tratta di una serie di attività che considero associazione a delinquere, non solo di fornire fondi a qualcuno per ottenere un aborto fuori dallo Stato», ha chiarito, dal punto di vista della sua richiesta, il procuratore generale, che ha successivamente aggiunto che il diritto di viaggiare non concede ai querelanti la facoltà di portare avanti un’azione criminale semplicemente perché si propongono di farlo acquistando abbonamenti per l’autobus o guidando una macchina.
Nello Stato dell’Alabama l’aborto è vietato, tranne nei casi di grave rischio per la salute materna. Dopo che il 24 giugno 2022 la Corte Suprema ha emesso l’importante sentenza in materia di diritto all’aborto nell’ambito della causa Dobbs v. Jackson, che ha ribaltato lo storico precedente Roe v. Wade, Marshall ha definito “cospirazione criminale” - ai sensi della legge statale - chiunque aiuti le donne dell’Alabama a interrompere la gravidanza altrove; «Il fatto che un aborto possa essere legale negli altri Stati non impedisce di perseguirlo».
Tali dichiarazioni hanno scatenato le pesanti critiche di organizzazioni, come Yellowhammer Fund – che si autodefinisce “organizzazione senza scopo di lucro per la difesa dell’aborto e della giustizia riproduttiva” -, che forniscono finanziamenti e consulenza a chiunque cerchi di avviare la procedura dell’interruzione di gravidanza fuori dallo Stato. Il gruppo e due centri sanitari femminili, il West Alabama Women’s Center e l’Alabama Women’s Center, hanno intentato una causa nel tribunale federale contro Marshall nel mese di luglio, sottolineando che «La minaccia di Marshall (che ha chiesto alla Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Middle District dell’Alabama di respingere la denuncia, N.d.R.) di perseguire le donne è incostituzionale».
Secondo gli esperti, l’obiettivo del politico non sarebbe proteggere la vita, ma fare colpo sugli elettori cristiani conservatori, ostentando la sua ideologia “pro-vita” e minacciando di incarcerare le persone che aiutano le donne ad accedere agli aborti legali al di fuori dei confini dello Stato. Dunque – secondo diverse opinioni - non sembrerebbe trattarsi di alcun tipo di supposta moralità quanto piuttosto di un ben architettato show politico.
A livello statale e federale, dalle legislature al potere esecutivo, l’aborto oggi resta un diritto minacciato e ancora vulnerabile.