Flash #15: miliardi in arrivo a Ucraina, Israele e Taiwan
Dopo mesi di ostruzionismo da parte dell'ala trumpista, la Camera è riuscita a passare un pacchetto di aiuti da 95 miliardi grazie ai Democratici
Alla fine ce l’hanno fatta. Dopo mesi di blocco, sabato la Camera dei Rappresentanti ha passato un pacchetto di aiuti a Taiwan, Ucraina, e Israele pari a 95 miliardi di dollari, ha approvato nuove sanzioni nei confronti dell’Iran e ha intimato alla società cinese ByteDance di vendere TikTok, pena la disattivazione della celebre app nel territorio americano. I fondi saranno così ripartiti: 8 miliardi per Taiwan, 9 per aiuti umanitari in zone di guerra, 26 per Israele, 60 per l’Ucraina, con ricadute economiche notevoli negli Stati Uniti, dove buona parte del denaro verrà effettivamente speso nella produzione di armamenti. Si tratta di una significativa boccata d’ossigeno per il governo ucraino, impegnato in una guerra stagnante e con a fianco alleati sempre più stanchi e distratti dal conflitto a Gaza.
Oltre all’importanza per i riceventi, questa legge è storica per vari motivi. Innanzitutto, è il primo finanziamento per l’Ucraina approvato dalla Camera dal 2022, prima che i Repubblicani ne conquistassero la maggioranza. Una volta al potere, il partito ha mostrato la sua divisione interna, con oltre la metà della delegazione di rappresentanti aderenti al trumpismo isolazionista e russofilo, mentre l’altra disperatamente cerca di mantenere qualcosa del conservatorismo ‘tradizionale’. Qui si giunge al secondo aspetto storico di questa legge: Mike Johnson, che, fedele alla nuova destra, aveva votato contro finanziamenti all’Ucraina prima di essere eletto Speaker, non solo ha improvvisamente cambiato rotta abbracciando il pacchetto, ma ha spinto il suo passaggio ben conscio di non avere sostegno sufficiente da parte del proprio gruppo, e dovendo quindi contare sul voto dei Democratici. Per alcuni specifici voti procedurali, per esempio l’approvazione nel Rules Committee, questo meccanismo è senza precedenti. Non solo, la votazione sullo specifico pacchetto di aiuti da inviare all’Ucraina ha visto più Repubblicani votare contro che a favore, 112 contro 101, un’ulteriore conferma del crescente assoggettamento del partito all’ala vicina all’ex Presidente Trump.
Certo non si può parlare di un’inaspettata rinascita delle coalizioni bipartisan, visto che gli incentivi politici non ci sono: il predecessore di Johnson, Kevin McCarthy, è stato sfiduciato dal suo stesso partito dopo aver fatto ricorso ai Democratici per evitare uno shutdown del governo. Marjorie Taylor Greene, la grottesca icona del trumpismo alla Camera, ha già dichiarato guerra a Johnson, parlando del suo mandato da Speaker al passato. Dovesse effettivamente esserci una mozione di sfiducia nei suoi confronti, sembra che i Democratici lo difenderebbero. Le sedute sono sospese per una settimana, con i membri della Camera di ritorno a casa. Lo Speaker deve sperare che nei distretti profondamente di destra non si levino troppe pressioni per cacciarlo, un fattore che potrebbe portare a una nuova mozione di sfiducia.
Nel frattempo, il Senato ha approvato a larghissima maggioranza il pacchetto di aiuti ieri pomeriggio, anche grazie all’impegno personale di Mitch McConnell, che prima del voto si era espresso con forza a favore del sostegno all’Ucraina in particolare. A votare contro 15 repubblicani, 2 democratici e 1 indipendente; i voti mancanti dall’ala sinistra appartengono a entrambi i senatori del Vermont, Peter Welch e Bernie Sanders, e al senatore dell’Oregon Jeff Merkley. Tutti e tre hanno evidenziato il dissenso a inviare nuovi fondi a Israele, vista la crisi umanitaria in corso a Gaza.
Nonostante queste defezioni ora manca solo la firma presidenziale. A questo punto, una formalità.
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